L’87% delle compagnie USA ha battuto le stime degli analisti: un record assoluto. Ad inizio stagione si prospettava un’espansione degli EPS operativi del 23.4% rispetto allo stesso periodo di un anno fa; oggi l’attesa si orienta per un eccezionale +51.4%.
I mercati stanno fornendo sprazzi di ciò che dovremmo aspettarci per i mesi a venire: saldi finali contenuti, a fronte di ripetuti e repentini capovolgimenti di fronte nell’intraday. A Piazza Affari riesce la chiusura positiva, che consente di conseguire un sostanziale doppio massimo rispetto al picco di inizio aprile, mentre all’opposto Wall Street risulta piegata dai realizzi.
Che continuano a concentrarsi sui settori più oggetto di speculazione nei mesi passati: dopo Tesla, dopo le criptovalute, è la volta del legname da costruzione: reduce da sei sedute negative, durante le quali ha collezionato una perdita superiore al 20%. È formale bear market, insomma, per un asset tanto strategico per il settore immobiliare, quanto di appannaggio di un pubblico di investitori piuttosto ristretto: sul mercato a termine l'Open Interest non supera i 2500 contratti. A dirla tutta, le quotazioni del lumber dovrebbero incidere più sull’inflazione (ma l’impatto qui è alquanto farraginoso e discutibile...) che sui portafogli dei clienti.
A proposito di portafoglio, la dinamica delle ultime sedute ha prodotto un fenomeno da tempo temuto dagli investitori professionali: il ripristino della correlazione negativa fra Equity e rendimenti obbligazionari. In altre parole, a quotazioni azionarie in calo corrispondono perdite sul reddito fisso. Più di uno spauracchio per una generazione di money manager che da un quarto di secolo ha potuto contare sull’effetto compensativo dei bond, allorquando Wall Street e dintorni hanno conosciuto fasi negative.
Per il momento la denuncia si sofferma sulle ultime 12 settimane, con il coefficiente di correlazione a 52 settimane ancora positivo; ma il fenomeno va seguito con doverosa attenzione. Un’inflazione probabilmente ben più temporanea di quanto assicurato dalla Fed – i contratti di swap sul CPI al 3.0% “assicurano” questo livelli di prezzi al consumo per i prossimi tre anni, con una non trascurabile probabilità del 44% - minaccia di far deragliare uno schema comportamentale piuttosto consolidato.
Con un indice del sentiment dei costruttori a maggio invariato rispetto al mese precedente, il CESI degli Stati Uniti converge sempre più decisamente verso lo zero: a 12.4 punti, si colloca ai minimi delle ultime 50 settimane, finendo per mettere in ombra una spettacolare earnings season che si avvia al termine. Quando ormai manca meno di un decimo di società all’appello, l’87% delle compagnie ha battuto le stime degli analisti: un record assoluto. Ad inizio stagione si prospettava un’espansione degli EPS operativi del 23.4% rispetto allo stesso periodo di un anno fa; oggi l’attesa si orienta per un eccezionale +51.4%, con ottime prospettive per il secondo trimestre.
Il mercato ha visto giusto negli ultimi quattordici mesi nell’anticipare a modo suo questa dinamica: con comprensibile frustrazione per chi non ha saputo o voluto leggere la combinazione della domanda e dell'offerta.
Articolo a cura di Gaetano Evangelista
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