L'unico precedente post bellico risale al 2002. Nel frattempo, sempre più osservatori misurano una qualche probabilità di caduta in recessione da parte degli Stati Uniti.
Settimana all'insegna del rialzo per pressoché tutti i mercati azionari mondiali, capeggiati dal FTSE MIB, incoraggiato dalla prospettiva di nuova linfa vitale per le banche italiane a debito d'ossigeno. Le dichiarazioni di un esponente della BCE circa l'imminenza di un nuovo programma di TLTRO contribuiscono a riportare l'indice a ridosso della decisiva media mobile a 200 giorni, rafforzando la performance conseguita da inizio anno (+10.3%) da Piazza Affari: unico listino occidentale fra le economie avanzate a doppia cifra percentuale, da inizio anno, assieme alla borsa di Stoccolma; almeno fra le piazze del G25. Sembra di rivivere il 2018 (ma è solo un'impressione).
Nel frattempo le borse mondiali recuperano quasi un trilione di dollari di capitalizzazione, nonostante dati macro così così e una dinamica dei profitti aziendali che in Europa è persino peggiore delle prospettive non esaltanti registrate negli Stati Uniti; con il MSCI World che si riporta a ridosso delle resistenze: ne riparleremo nel rapporto di domani.
A Wall Street il Dow Jones si conferma in salute, e stacca un saldo positivo per l'ottava settimana di fila. Venendo da un minimo a 52 settimane, l'unico precedente simile dal 1950 ad oggi risale alla fine di novembre 2002: un setup all'epoca fatale. Se escludessimo questa condizione, si dispone di un numero di casi sufficientemente ampio da stilare un tracciato probabile per i mesi a venire: l'invito è a consultare il modello disponibile per gli abbonati in area utenti del sito. Certo non si può rimanere insensibili davanti ad una progressione che ha condotto l'indice persino oltre l'ultima resistenza a 25825 punti: la prospettiva di migliorare il massimo assoluto di settembre, a tempo debito; qui diventa virtuale certezza.
Ciò, malgrado dati macro non del tutto convincenti. Il riferimento nemmeno tanto velato è all'andamento disastroso delle vendite al dettaglio e alle richieste di sussidi iniziali di disoccupazione, che hanno indotto il modello della Federal Reserve di Atlanta a rivedere le stime di crescita per il trimestre corrente da un generoso +2.7% ad un meno entusiasmante +1.5%. Dati tuttora positivi, ma sufficienti ad indurre una discussione meno fantasiosa circa la remota prospettiva di una recessione formale anche negli Stati Uniti.
Gaetano Evangelista
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