Dall'inizio dell'anno venti società dello S&P500 hanno generato tutto il ritorno dell'indice, ed appena quattro hanno prodotto l'80% della performance. È la rivincita delle large cap, bistrattate nel bear market del 2022 che non pochi vedrebbero replicato quest'anno.
Il mese di febbraio non ha disatteso la fama di stecca nel coro benigno che si esprime nel semestre aureo compreso fra novembre ed aprile. Questo è ancora più vero nel terzo anno del ciclo presidenziale: come si ricorderà, il semestre compreso fra ottobre e marzo ha prodotto un ritorno favorevole in ben 20 casi su 20 dal 1942 in poi, per una performance media superiore al 14%; che appare ancora a portata di mano, con lo S&P500 che inaugura l’ultimo mese di questa finestra benigna con un saldo del +10.7%.
Dobbiamo esprimere gratitudine alle grandi capitalizzazioni: con le prime 20 società americane che hanno prodotto da sole praticamente tutto il rialzo di Wall Street e dintorni di questo 2023, e con sole quattro società (Apple, Meta, Nvidia e Tesla) artefici dei quattro quinti della performance da inizio anno dello S&P500. Una rivincita, rispetto al gramo 2022 del “FANG”.
Eppure, stando a quanto riporta Bloomberg – che quota calcoli di Citi – le posizioni correntemente allo scoperto sono cospicue. Come un riflesso di un anno ormai archiviato, gli investitori che hanno mancato la ripartenza in autunno, adesso confidano speranzosamente in una replica tardiva del 2022. Ma un anno fa c’erano le condizioni per attendersi un bear market; adesso non più: non quelle conclamate a suo tempo, perlomeno.
Anche fra il pubblico retail si scorge un eccesso di cautela. Il sondaggio della Conference Board rivela che il 31.2% delle famiglie americane si aspetta quotazioni crescenti di mercato, mentre il 31.6% è propenso ad anticipare un ridimensionamento dei listini. Una sostanziale equivalenza che non rende giustizia alla performance a doppia cifra percentuale sperimentata da ottobre in avanti. Evidentemente la retorica hawkish della Fed – ieri si è aggiunto Goolsbee alle voci cupe nel FOMC – riesce tuttora a scoraggiare gli investitori.
Anche in Europa la banca centrale tiene banco, con ulteriori 100 punti base di incremento del tasso sui depositi atteso da qui a maggio. Ma ciò ha inciso in minima misura sulla struttura degli indici azionari locali, in persistente sovraperformance rispetto agli Stati Uniti.
Alla fine, questo consolidamento era prevedibile tanto per fattori stagionali quanto per elementi ciclici. Il Delta System ha descritto egregiamente il transito da un ciclo di medio periodo positivo, ad uno negativo. Rimandiamo al Rapporto Giornaliero di oggi per la tempistica sui punti di svolta del mese appena incominciato.
Di Gaetano Evangelista
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