Il Bradley Effect condizionerà ancora una volta le elezioni USA?

Gaetano Evangelista Gaetano Evangelista - 04/11/2020 11:08

Mentre Piazza Affari inanella una sequenza di sedute particolarmente brillanti, i cui effetti si faranno avvertire nelle prossime settimane (se non mesi); Wall Street medita sugli straordinari guadagni messi a segno negli ultimi quattro anni.

Piazza Affari inanella la seconda seduta spettacolare, la terza seduta positiva di fila: non male, per un listino dato in stato comatoso meno di una settimana fa. Il setup degli ultimi giorni è decisamente degno di esame analitico: ce ne occupiamo dettagliatamente nel Rapporto Giornaliero di oggi.

Nel frattempo Wall Street chiude i battenti – e non è soltanto un modo di dire... - in attesa di un responso elettorale che secondo le prime proiezioni richiederà del tempo per essere reso noto. Gli investitori americani sono stati chiamati a decidere se gli 11.5 trilioni di dollari di capitalizzazione guadagnati dalla borsa americana negli ultimi quattro anni, siano degni di nota più dei 12.3 trilioni conquistati da Obama negli otto anni del suo mandato. Dall’Election Day 2016 a ieri, Trump non avrà reso l’America di nuovo grande, ma ha consentito al suo mercato azionario di guadagnare più luce: il peso dei listini USA essendo passato dal 36.5 al 41.1% della capitalizzazione complessiva delle borse mondiali.

E se quello di ieri fosse un commiato da questo istrionico, per certi versi folle presidente, bisogna riconoscere che la fanfara ha suonato: con gli indici in grande spolvero, trascinati ancora una volta dal Russell 2000, in rialzo di quasi il 3%, sempre più intenzionato ad assumere la leadership dei listini americani. Per meglio dire, sebbene il peso del "FANGMANT" sia incontestabile, la partecipazione alla crescita si fa sempre più corale. D’altro canto ieri ben 444 società dello S&P500 hanno terminato la seduta in rialzo: quale migliore prova di un rialzo che si estende a tutte le pieghe del listino?
Ma manteniamo i piedi per terra. L’ultimo bimestre di quest'anno era dato come molto probabilmente positivo, ma volatile. Da un lato la stagionalità convincente, dall’altro un confronto con il passato ancora decisamente calzante.

Sebbene il coefficiente di correlazione non sia particolarmente elevato (“appena” l’82.4%), la somiglianza dell’anno corrente con il 1980 è ancora rilevante. Poteva essere più impressionante probabilmente qualora il 2020 non fosse stato funestato dalla pandemia, che ha compresso verso il basso le quotazioni. Ma se lo schema dovesse persistere, le quotazioni sarebbero destinato a migliorare, almeno fino a metà mese, prima di ripiegare; salvo svettare nuovamente verso l’alto a dicembre.
Ipotesi corroborata dal tipico andamento successivo ad un semestre, come quello compreso fra maggio ed ottobre, quest’anno spettacolare; ma altrimenti plumbeo. Ne riparleremo nel rapporto di domani.

Articolo a cura di Gaetano Evangelista
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