Gli investitori si rilassano: è FOMC Day

Gaetano Evangelista Gaetano Evangelista - 21/09/2022 11:39

Sotto l'amministrazione Powell, Wall Street ha conseguito performance positive nelle sedute in cui la Federal Reserve si è pronunciata sulla politica monetaria. Sul tavolo però resta il rischio di una recessione non più soltanto "tecnica". Ed il tightening non è ancora terminato.

 

E siamo dunque giunti all’atteso giorno del FOMC. Le probabilità depongono a favore di un aumento del Fed Funds rate da 75 punti base: il mercato a termine lo prezza al 100% dal 13 settembre, il giorno del rilascio del CPI di agosto. Benché sussista una probabilità marginale di incremento da 100 punti base, avvalorata da analoga decisione assunta ieri a sorpresa dalla banca centrale svedese; si ritiene improbabile questo scenario: in quanto disattenderebbe le linee guida dettate da Powell a luglio.
Ad ogni modo, oggi sarà interessante soprattutto ponderare l’orientamento che emergerà dal Summary of Economic Projections (SEP), il quale a sua volta chiarirà le mosse che sarà ragionevole attendersi dalla Fed fino alla fine dell’anno. Il terminal rate è stimato adesso al 4.52%, il che la dice lunga circa gli orientamenti scontati dal mercato. Impressionante l’irrigidimento delle ultime tre settimane, con il punto di arrivo della politica monetaria indicato al 3.83% il giorno del rilascio dei dati sull’occupazione di agosto: meno di tre settimane fa.

È naturale che se questo è l’ancoraggio fornito alla parte breve della curva dei rendimenti, quella a lunga seguirà di conseguenza. Anche ammettendo una inclinazione negativa della medesima nell’ordine dei 50 punti base, ciò porta a concludere come sia improbabile confidare in un rendimento del T-Note decennale americano inferiore al 4.0% la prossima primavera.
Duole riconoscere come questo aumento dei tassi nominali si manifesti soprattutto a livello di rendimenti reali: che mordono sulle caviglie del ciclo economico. Il distretto di Atlanta ha aggiornato la proiezione del PIL per il terzo trimestre: +0.3%, oltretutto annualizzato. Sfumato il +2.5% atteso non più di un mese fa. La recessione “tecnica” della prima metà dell’anno, rischia di conoscere un’estensione sostanziale nel secondo semestre.
Il dibattito a questo punto si concentra nello stabilire se il mercato azionario abbia scontato ed in che misura lo scenario recessivo globale. Un drawdown del 25% è compatibile con il soft landing ufficialmente perseguito finora dalle autorità. Ma se per piegare l’inflazione, senza correre il rischio di futuri rigurgiti, memori dell’esperienza fallimentare degli anni Settanta, dovesse imporsi una aggressività spietata sul fronte monetario; il rischio di un atterraggio brusco richiederebbe un ulteriore sacrificio delle quotazioni.
Ecco che non si può non osservare con estrema attenzione i supporti che fino ad ora hanno contenuto i mercati, senza però favorirne una ripartenza definitiva. Vale anche per l’Eurostoxx50: di nuove alle prese con la parete inferiore del canale ultradecennale, sollecitata in primavera, e di nuovo sotto pressione. Scendervi sotto avrebbe conseguenze facilmente immaginabili.

 

Articolo a cura di Gaetano Evangelista

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