Zavorrata dalle Growth stock, la borsa americana fa registrare diffusi ribassi. Resiste l'Europa, favorita da un contesto macro in questo momento più convincente. I modelli previsionali suggerivano un consolidamento a partire dalla fine della scorsa settimana.
L’atteso consolidamento si manifesta brutalmente sui listini americani, svantaggiati dalla diffusa presenza di Growth stock ed in generale di settori ipersensibili al costo del denaro. Il -2.00% sofferto dallo S&P500 è la perdita più consistente dell’anno. Tutti gli 11 settori hanno fatto registrare un calo, analogamente al 93% delle società del paniere dell’indice.
Va decisamente meglio in Europa, favorita dalla composizione settoriale nonché da un ritorno dei flussi di investimento internazionali dall’inizio dell’anno. Non è un caso che le borse di Danimarca, Francia, Regno Unito e Italia (qui nella versione total return) siano reduci dal conseguimento di un nuovo massimo storico. L’Europa gode di una notevole salute.
Ieri hanno sorpreso in positivo i PMI flash resi noti per il mese di febbraio, con la componente dei Servizi che conferma il ritorno all’espansione nel Vecchio Continente. Soltanto 24 ore prima avevamo celebrato i dati a dir poco lusinghieri sulla fiducia dei consumatori in Europa. Mica per niente gli indici delle sorprese macro fanno registrare una risalita senza soluzione di continuità da agosto, con il CESI che ha toccato la tripla cifra due settimane fa, prima di ripiegare: segno che ancora molti economisti risultano spiazzati dalla resilienza dell’Eurozona.
Vedremo in che misura le dinamiche del mercato finanziario impatteranno ora sull’economia. Secondo Goldman Sachs la combinazione di maggiori tassi di interesse e di consolidamento delle quotazioni azionarie, hanno comportato un deterioramento delle condizioni finanziarie complessive di quasi 50 punti base dal giorno del rilascio dei dati sull’occupazione negli Stati Uniti. Non dovesse bastare, la stagione degli utili del quarto trimestre non esalta, con appena il 68% delle società quotate che hanno battuto le stime degli analisti, e con una variazione rispetto all’anno precedente (-2.4%) che non accenna a risalire dopo l’inizio prevedibilmente stentato.
L’attenzione degli investitori dunque permane sul Vecchio Continente, dove le sorprese macro si affiancano ad una soddisfacente dinamica micro. E ciò dovrebbe persuadere la Lagarde a mantenere la politica monetaria hawkish, stando a quanto suggerisce il mercato a termine: che adesso prezza un tasso sui depositi al 3.75% a settembre, dall’attuale 2.50%. Sarebbe nel caso il costo ufficiale del denaro più elevato della storia dell’Eurozona.
di Gaetano Evangelista
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