Compaiono i marker del bear market

Gaetano Evangelista Gaetano Evangelista - 09/03/2022 09:47

Ieri l’Eurostoxx50 è passato da un passivo intraday del -4.75%, ad un guadagno del +1.2%, prima di chiudere in territorio negativo. Un pattern simile è stato registrato a marzo 2020, e questo sarebbe elemento di conforto; ma anche a dicembre 2015: prima di un severo ribasso.

Per un tratto ieri si sono scorti dei coraggiosi compratori, dopo una corrente di vendite che ha prostrato gli indici azionari. Nel paniere del FTSE MIB solo tre società vantano un MACD superiore allo zero; nel MSCI Euro, soltanto il 7% delle società incluse nel paniere, si colloca sopra la propria media mobile a 50 giorni. L’ampiezza di mercato monocolore fa il paio con i ripetuti episodi di formale capitolazione.

Eppure ieri l’Eurostoxx50, tanto per citarne uno, è passato da un passivo intraday del -4.75%, ad un guadagno del +1.2%, prima di chiudere in territorio negativo. Un pattern simile è stato registrato a marzo 2020, e questo sarebbe elemento di conforto; ma anche a dicembre 2015: prima di un severo ribasso. Sul minimo di ottobre 2014, ma anche a gennaio e ad ottobre 2008. Questo per rimarcare l’incertezza che grava sui mercati.
Gli Stati Uniti sono apparsi più immuni alle vendite; almeno prima di ieri. Prendiamo allora il Nasdaq, che ha appena formalizzato un bear market, essendo sceso di oltre il 20% dai massimi, dopo aver sollecitato lo short stop giornaliero per tutta la passata ottava: negli ultimi due mesi in ben 9 occasioni ha fatto registrare una perdita giornaliera superiore al 2.5%. Ancora una volta, i precedenti risalgono a marzo 2020 – e questo sarebbe motivo di conforto, se non fosse che sfugge come la ripartenza di due anni fa fu favorita dal contributo determinante delle banche centrali... – ma anche al 7 ottobre 2008 ed innumerevoli volte fra il 2000 ed il 2002.

Questo per ribadire come i mercati manifestino sempre più decisamente i marker del bear market. Non ci sono ancora certezze in tal senso, ma le probabilità aumentano di giorno in giorno. E restiamo a Times Square, perché due mesi fa ci siamo soffermati sul numero considerevole di società sui minimi annuali: il 6.5% del totale, in termini medi a due mesi. Una liquidazione che nella maggior parte dei casi negli anni passati ha favorito le ripartenze dell’indice “tecnologico” USA.

Ma la borsa americana ben presto si è rifiutata di assecondare il percorso tipico, ricalcando con sempre maggiore convinzione un precedente scomodo: quello di gennaio 2008 (rieccolo!). La buona notizia è che se il parallelo storico dovesse persistere, ieri avrebbe conseguito un minimo provvisorio. La cattiva notizia è che, evidentemente, dopo un rimbalzo anche abbastanza duraturo, il mercato azionario è tornato a scendere non poco: conseguendo nei mesi successivi una condizione di bear market.

Articolo a cura di Gaetano Evangelista
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