Borsa e bond producono messaggi discordanti

Gaetano Evangelista Gaetano Evangelista - 18/06/2019 15:53

Powell minimizza il declino dell’inflazione: derubricato a «fenomeno temporaneo». Eppure gli operatori non sono dello stesso parere: le attese inflazionistiche sono scivolate ai minimi storici in Europa, e a minimi pluriennali negli Stati Uniti.

Viviamo tempi eccezionali. I mercati azionari mondiali fanno registrare ottime performance dall’inizio dell’anno: tutti gli indici delle prime venti borse al mondo per capitalizzazione, vantano un saldo positivo per il 2019; 12 ostentano la doppia cifra percentuale prima del giro di boa del calendario. Una manifestazione di vitalità che dovrebbe riflettere una congiuntura globale effervescente.
Non è dello stesso parere il mercato obbligazionario, che propone rendimenti ridotti all’osso. Per settimane i commentatori finanziari hanno paventato un crollo del mercato dei Treasury americani, affossato dalle vendite ritorsive di Pechino. Apprendiamo oggi che la Cina ha ridotto ad aprile l’esposizione in T-Note ai livelli più bassi degli ultimi due anni, eppure lo yield fa fatica a schiodarsi dal 2.0%. E sì che da maggio in poi la retorica “bellica” si è intensificata.

Quale dei due mercati riporta il messaggio corretto? Probabilmente, entrambi. Considerare la continua limatura dei rendimenti, un sintomo di recessione imminente, potrebbe però rivelarsi un abbaglio. Powell minimizza: «il calo dell’inflazione è un fenomeno temporaneo, alimentato da eventi idiosincratici». Eppure gli operatori non sono dello stesso parere: le attese inflazionistiche sono scivolate ai minimi storici in Europa, e a minimi pluriennali negli Stati Uniti. I rendimenti pubblici calano perché l’inflazione è “defunta”; non perché la recessione sia dietro l’angolo. Un motivo comunque sufficiente ad allentare la politica monetaria. Trascurare questo aspetto collocherebbe la Fed dietro l’angolo, come fece avventatamente sul finire dello scorso anno, quando trascurava il messaggio dei mercati; aumentando sciaguratamente a dicembre il Fed Funds rate – ammette oggi l’ex vicegovernatore Fischer – soltanto per conclamare una rivendicazione di autonomia nei confronti di Trump.

Vedremo se la retorica della banca centrale americana conoscerà un doveroso cambio di traiettoria. Wall Street è vistosamente in attesa di notizie dal FOMC, che si riunisce a partire da oggi. Le oscillazioni dello S&P si sono fatte vistosamente contenute: un fenomeno che analizziamo statisticamente nel Rapporto Giornaliero di oggi.

Anche l’Eurostoxx segna il passo, ma per motivi diversi. L’indice delle borse europee consolida, come tipicamente fa nelle settimane immediatamente successive alle elezioni per il rinnovo del parlamento europeo. Il rapporto rivela l’apprezzabile sovrapposizione fra l’indice dei listini continentali e il tracciato medio che sintetizza l’andamento precedente e nei mesi successivi a tutte le chiamate alle urne per il rinnovo dell’emiciclo di Strasburgo.


Gaetano Evangelista
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