Dopo i miseri 17 punti di oscillazione tra il minimo ed il massimo di seduta, che l’indice USA SP500 ci ha mostrato lunedì, ieri la noia ha fatto il bis, con una seduta solo leggermente più volatile (28 punti di oscillazione), ma dalle sembianze molto simili a quelle di lunedì.
L’emozione (per modo di dire) si è concentrata tutta nelle prime fasi della seduta, quando alle 15,30 l’indice principale di Wall Street ha aperto in gap rialzista a quota 4.236 punti.
Mancavano perciò solo due miseri punticini al contatto col massimo storico. L’attacco pareva imminente.
Macché. Il dietrofront è stato immediato ed è durato un paio d’ore, come quello di lunedì scorso, con la differenza che la scivolata è stata un po’ più pronunciata, poiché, anziché arrestarsi al minimo di 4.216 del giorno prima, ha proseguito fino a 4.208, fermandosi solo due punti al di sopra del minimo di venerdì scorso, che è riuscito anche ieri ad attirare un numero di compratori sufficiente a fermare il calo.
Dato che l’indice USA ha mostrato la faccia da orsacchiotto fino alle 17,30 circa, è riuscito anche ieri a rompere le uova nel paniere all’azionario europeo.
Questi aveva mostrato per ben due volte un po’ di buona volontà rialzista: la prima a metà della mattinata europea, quando Eurostoxx50 era riuscito a portare il suo record del 2021 a quota 4.116.
Ma, poco prima di mezzogiorno, una brusca scivolata aveva annullato i guadagni. Pare che sia stata causata da un blackout contemporaneo dei siti di numerose agenzie informative. L’allarme è rientrato dopo che si è tornati alla normalità ed è stato chiarito che non si trattava di un attacco hacker globale, ma di un semplice guasto ad una delle maggiori reti di server che nel mondo vengono usate per velocizzare il caricamento delle pagine internet.
Così Eurostoxx50 ha potuto tornare sui massimi del mattino ed attendere Wall Street con mezzo punto percentuale circa di positività.
Ma, come detto, Wall Street all’inizio della sua seduta ha fatto la faccia da orsacchiotto e così Eurostoxx50 ha passato le sue ultime due ore a scendere, restituendo per la seconda volta i guadagni e chiudendo mestamente in pareggio (-0,04%, per la precisione).
Stessa cera hanno mostrato i principali indici europei, con performance comprese tra il -0,23% del Dax tedesco ed il +0,11% del Cac francese.
Chiusa l’Europa, a Wall Street sono tornati un po’ di compratori che, senza esagerare, hanno riportato gli indici in parità, chiudendo stancamente la seduta.
L’unico indice che ha mostrato un po’ di verve è stato il Russell2000 delle small cap, che ha registrato un +1,12% ed ha avvicinato il suo massimo storico del 15 marzo scorso. Questo indice già lunedì si era sottratto all’apatia generale con un rialzo del +1,4%.
Anche stavolta sembra che siano le piccole capitalizzazioni a tirare la volata ai colossi, che per ora non ne vogliono sapere di uscire allo scoperto.
Questo comportamento mi convince sempre più che il grosso degli investitori importanti sia in attesa dell’evento di domani.
Non mi riferisco alla riunione BCE, che non dovrebbe portare alcuna novità. Non me la vedo la BCE gestione Lagarde che azzarda cambiamenti alla politica monetaria prima della FED. Se comunicasse una diminuzione degli acquisti di titoli sovrani, dando inizio al tapering, l’Euro schizzerebbe al rialzo, rischiando di compromettere la competitività già non eccelsa delle imprese europee.
Mi aspetto invece addirittura che la BCE confermi gli attuali ritmi di acquisto per tutta l’estate, fornendo ai mercati un assist da colomba. Ma quel che dirà Lagarde sarà oscurato dal vero evento clou di domani, che è l’inflazione USA e che arriverà proprio in contemporanea con la Conferenza Stampa di Lagarde alle ore 14,30.
Se l’Indice dei Prezzi al Consumo nella versione “core” relativo al mese di maggio uscisse significativamente diverso dalle attese (+0,4% di incremento mensile e +3,4% di variazione annuale), vedremmo probabilmente sui mercati tutta la volatilità che è mancata nelle sedute iniziali di questa settimana e che probabilmente mancherà anche oggi.
Se uscisse migliore (più basso delle attese) i mercati partirebbero al rialzo, mentre se uscisse peggiore (più alto), avremmo uno storno significativo.
Questo scenario, ovviamente, ipotizza che nessuno venga a conoscere in anticipo il dato.
Nel caso in cui invece, come a volte succede, perché tutto il mondo è paese, qualche gola profonda dell’ufficio federale di Statistica americano abbia spifferato qualche anticipazione, è possibile che la volatilità arrivi già oggi, inaspettatamente.
Capiterebbe cioè che, anziché essere il dato economico a dirci dove andrà il mercato, saranno i mercati col loro comportamento a dirci dove andrà l’inflazione.
Concludo con una breve notazione sulle cripto valute, anche ieri nell’occhio del ciclone a causa della guerra che le autorità regolatrici di mezzo mondo stanno facendo a questi asset, ora che hanno raggiunto livelli importanti di diffusione e cominciano a dare fastidio alla sovranità monetaria delle banche centrali.
Ieri un primo attacco è venuto dal capo del IRS americano (l’equivalente dell’agenzia delle entrate), che ha chiesto maggiori poteri per tracciare gli scambi di cripto valute sopra i 10.000 $ al fine di tassare i capital gain. Quindi è arrivato anche l’allarme della Banca Centrale inglese, per le grosse fughe di capitali dalla valuta britannica verso le cripto valute.
L’uno-due ha mandato K.O.
il Bitcoin che è scivolato sotto i 31.000 $, ad un soffio dal minimo del 19 maggio di 30.200. Al momento in cui scrivo sta rimbalzando, ed è tornato in area 34.000, ma è tutt’altro che fuori pericolo, poiché la rottura dei 30.200 $ potrebbe causare l’avvitamento fino in area 20.000.
Tempi duri per i nemici delle banche centrali.
Autore:
Pierluigi Gerbino Fonte: News
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