Telecom: crollo e balzo in Borsa tra indagini e incognite sul debito

Redazione Traderlink Redazione Traderlink - 08/03/2024 12:36

Telecom: crollo e balzo in Borsa tra indagini e incognite sul debito

L'azione Telecom ha avuto un balzo in Borsa, sebbene non sufficiente per recuperare la drammatica perdita del giorno precedente, quando il prezzo delle azioni è crollato di quasi il 24% a poco più di 21 centesimi e il 13,5% del capitale sociale ordinario è cambiato di mano. L'azione ha aperto a 22 centesimi, ha raggiunto un massimo di 22,8 centesimi nelle prime ore di contrattazione, ma ha anche ritracciato quasi a toccare i livelli bassi della chiusura precedente. La Consob, come da prassi in questi casi, sta conducendo le sue indagini, ma è ancora troppo presto per trarre delle conclusioni. La seduta di giovedì ha seguito un percorso peculiare, con pesanti ribassi per tutto il giorno culminati in un precipitoso crollo delle quotazioni alla chiusura, raddoppiando le perdite, dal -11% iniziale al quasi -24% finale. Quando nel marzo 2008 Franco Bernabè presentò il suo primo piano di rilancio alla guida di Telecom, la reazione del mercato fu molto negativa, ma non tragica come quella di giovedì, con l'azione che chiuse in ribasso di oltre il 9%. Successivamente si scoprì che le banche che avevano in pegno l'azionariato residuo dell'3,7% ancora in mano a Hopa avevano scaricato sul mercato le azioni poiché erano saltati i parametri. Vivendi ha messo in vendita la sua partecipazione del 23,75%, annunciando tuttavia il possesso integrale al 1° marzo nelle slide presentate agli analisti durante la conference call per illustrare i dati di bilancio. Se ci fossero movimenti relativi alla quota di Vivendi (o derivati collegati), la Consob dovrebbe verificarlo. Il diluvio di vendite è scaturito da una "sorpresa" sui numeri del debito che ha disorientato gli analisti e le loro previsioni, generando incertezza. E nel caso di incertezza, il mercato tende a vendere prima di pentirsi. Un report di Intermonte sintetizza bene la situazione: la mela della discordia è stato 1 miliardo di debito in più rispetto alla previsione di fine 2024. Tim resterà un operatore integrato almeno fino a giugno, mantenendo la rete fissa come attualmente configurata, e continuerà quindi a pagare interessi su tutto il debito e a consumare denaro. Tim prevede oggi un rapporto debito netto/Ebitda uguale o inferiore a 2 per fine 2024, equivalente a 7,6 miliardi di debito netto a fine anno rispetto ai 6,6 miliardi previsti dagli analisti. Questo, insieme alle ambiziose previsioni di crescita dell'Ebitda, proietta un indebitamento netto di 1,6/1,7 volte l'Ebitda, ovvero 7-7,5 miliardi, a fine 2026. I costi di ristrutturazione del personale, gli elevati interessi e l'uscita di capitale circolante faranno sì che il gruppo continui a consumare denaro anche nel 2024, con un effetto di strascico anche sul 2025 e solo dal 2026 potrà effettivamente generare cassa, a condizione di mantenere le promesse sull'Ebitda. Gli analisti chiedono chiarezza sui numeri, poiché le spiegazioni fornite durante la tempesta in Borsa non sono state esaustive.

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