Psicologia e finanza: dove vai se una strategia non ce l’hai?
Uno degli aspetti fondamentali per qualsiasi investitore, è quello di definire una strategia da seguire prima di passare alla pratica.
Purtroppo, capita molto spesso che le persone, vuoi perché non sufficientemente edotte in materia, vuoi per la frenesia nel voler seguire le tendenze del momento o i consigli degli amici del bar che raccontano di guadagni impossibili, si affidino all’improvvisazione e all’istinto.
Per carità, in materia finanziaria, l’istinto è utile, perché svolge comunque il suo ruolo, ma senza una strategia a monte, senza obiettivi e tempistiche definite, senza aver stabilito il grado di rischio che si è in grado di tollerare, si creano solamente le basi per fare un clamoroso autogol.
Ricordiamoci sempre che, quando si parla di investimenti, si fa riferimento ai nostri soldi, alle nostre risorse, a ciò che non solo occorre per il presente, ma a ciò che rivestirà una parte molto importante nella definizione di quello che sarà il nostro futuro.
Inoltre, è essenziale saper tornare sui propri passi, non aver paura di rimettersi in gioco e di rivedere quanto fatto in precedenza per capire se si sono commessi errori, quali ne sono state le cause e come si può porre rimedio alle situazioni che si sono create.
Psicologia e finanza: non essere impulsivi ed impazienti
Per operare sui mercati, è molto importante utilizzare un metodo, essere razionali e lucidi, non farsi prendere troppo dall’emotività e dall’impazienza.
Questo non significa restare immobili, a meno che non si sia considerata questa via come la più adatta al raggiungimento dei propri obiettivi.
Perché l’impulsività può essere negativa?
Perché ci fa compiere scelte non razionali, non suffragate da una logicità di fondo, ma dettate dall’emozione e percezione del singolo momento.
Ciò significa che un atteggiamento del genere deve essere per forza considerato errato?
Diciamo che, nella maggior parte dei casi, un comportamento simile non porta buoni risultati.
Perché, se è vero che una singola operazione può concludersi con un buon guadagno, la sommatoria di tante operazioni estemporanee, difficilmente potrà mantenere il segno positivo.
Purtroppo, diventa poi molto labile il confine tra sentirsi un fenomeno e rimpiangere le proprie scelte per anni.
Psicologia e finanza: mai ritenersi i migliori (o i peggiori)
Specie agli inizi, è molto facile eccedere negli stati d’animo.
Quando l’esperienza è minima e l’emotività la fa da padrona, è molto difficile riuscire a mantenere la lucidità che invece servirebbe come il pane.
Un’operazione conclusa con successo, magari anche eclatante, rischia di portare più danni che benefici.
Strano ma vero.
Il rischio di sentirsi infallibili, infatti, è dietro l’angolo ed è più vicino di quanto si possa pensare.
Dall’altra parte, invece, nel caso in cui le cose andassero male, c’è la possibilità di vivere di rimpianti, attendendo e tenendo titoli che si sono rivelati dei pessimi investimenti, per non rinnegare le proprie scelte e dover ammettere di aver sbagliato.
L’idea di fondo è: se mantengo il titolo, magari poi si riprende e faccio pace con me stesso.
In casi simili, invece, quasi sempre, quando ci si accorge di aver commesso degli errori, è ormai tardi e il valore dello strumento finanziario è sceso oltre ogni più pessimistica previsione.
Da lì a passare alla fase depressiva è un attimo.
Ecco perché, innanzitutto bisogna essere umili e schietti con se stessi.
A costo di darsi qualche schiaffo davanti allo specchio.