Nel variegato panorama dei prodotti di investimento, le polizze unit linked si sono ritagliate, nel corso degli anni, il loro spazio. Collocate da agenzie bancarie e assicurative, hanno vissuto, specie ad inizio secolo, un periodo di vero e proprio boom.
Più o meno quasi tutti ne hanno sentito parlare, a molti sono state proposte, e in diversi casi fanno parte (o hanno fatto parte) del portafoglio investimenti dei risparmiatori italiani.
Le opinioni, in merito alla bontà o meno del prodotto sono contrastanti: è lecito quindi chiedersi se debbano essere viste come opportunità o piuttosto come strumenti dai quali stare alla larga.
Qualche considerazione può essere utile.
Polizze Unit Linked: cosa sono esattamente
Innanzitutto, per riuscire a fare una valutazione, occorre sempre partire dalla base, ovvero dalla comprensione del prodotto di cui si sta parlando.
Troppo spesso, coloro che propongono non spiegano a dovere, generando nel cliente, false attese, illusioni o semplicemente aspettative errate.
Le unit linked sono polizze miste nelle quali, oltre alla componente assicurativa, vi è una componente finanziaria sicuramente predominante. Le somme versate dal risparmiatore a fronte della stipula di un contratto simile, infatti, vengono investite in fondi (quasi sempre interni ovvero facenti capo alla stessa società assicurativa che emette il contratto) secondo una ripartizione scelta dall’assicurato in base alle opzioni messe a disposizione dal gestore.
Questa tipologia di prodotti non prevede alcun tipo di garanzia né di capitale, né di rendimento minimo, essendo totalmente collegata all’andamento dei mercati finanziari.
Che cosa significa questo? Che, nella peggiore delle ipotesi, il sottoscrittore potrebbe anche perdere totalmente il capitale investito.
Di norma, questi contratti sono a vita intera (seguono quindi la vita dell’assicurato) e prevedono la possibilità di riscattare il capitale a partire da un anno dal momento della sottoscrizione (alcuni non presentano questo vincolo).
Polizze Unit: meglio lasciar perdere?
Se da un certo punto di vista possono rappresentare una possibilità all’interno di un progetto di diversificazione del proprio portafoglio, occorre considerare, tra le altre, i costi da sostenere per effettuare un investimento del genere.
Di norma, le polizze unit linked, prevedono un costo d’ingresso, una commissione di gestione e una di performance relativa ai singoli fondi interni, ed una eventuale commissione d’uscita se il riscatto avviene entro i primi anni (di norma a scalare sino al quinto anno).
La considerazione che viene spontanea è: se anziché sottoscrivere una unit, un risparmiatore acquistasse in prima persona etf o sicav (di cui sono composti i fondi interni) eviterebbe di pagare doppie commissioni e quindi, già in partenza, ne avrebbe un vantaggio in termini economici.
C’è poi da notare che, essendo quasi sempre i fondi interni di diretta emanazione della compagnia assicurativa che gestisce il prodotto, non viene fatto un discorso meritocratico sul mercato: ovvero, non si va alla ricerca del gestore migliore, ma si piazzano i fondi interni in modo da creare redditività per l’assicurazione.
Certo, ove già non fossero applicati costi di ingresso, la valutazione potrebbe già partire su basi diverse, così come nel caso in cui venissero coinvolti fondi di terzi (ovvero di altri gestori).
Quindi, una risposta univoca al quesito di partenza non si può dare, perché diversi sono i prodotti sul mercato e differenti sono le casistiche e le opzioni prospettate dai vari prodotti.
Il consiglio, come sempre, è quello di informarsi a dovere e valutare nella sua complessità il prodotto che ci viene proposto o che abbiamo messo sotto la lente del nostro interesse.
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