Brutte notizie per i pensionati. Nonostante le indiscrezioni dicessero il contrario, alla fine la Corte Costituzionale ha deciso di dare ragione al Governo in merito al taglio degli aumenti disposto per le rivalutazioni del 2023 e del 2024.
Una sentenza che ha già creato un bel malcontento tra i pensionati, che si sono visti negare per due anni la rivalutazione completa a causa delle misure introdotte dall'Esecutivo.
Vediamo però cosa succede ora per i pensionati, e come potrebbe svilupparsi la situazione.
Per saperne di più in merito all'argomento, consigliamo di approfondire al meglio la questione con questo video YouTube, con ringraziamento al canale di Mondo Pensioni.
Pensioni, per la Corte Costituzionale il taglio degli aumenti è legittimo
Nei giorni scorsi, avevamo parlato dell'imminente sentenza della Corte Costituzionale riguardo al taglio degli aumenti per il 2023 e il 2024.
Spieghiamo in breve. In quei due anni il Governo Meloni applicò dei parametri di calcolo sulla rivalutazione annua delle pensioni completamente inediti rispetto a quanto già previsto dalla normativa in vigore, ovvero la legge 448 del 1998.
Il risultato fu un taglio netto dell'incremento annuo per tutte le pensioni con importo superiore a quattro volte il trattamento minimo. Invece di beneficiare del 90% o del 75% della rivalutazione, molti pensionati si sono trovati con aumenti ridotti fino al 22%.
Questa misura non è stata ben accolta dai pensionati, infatti in questi anni molti di loro hanno fatto ricorso, ottenendo sentenze favorevoli da diverse Corti regionali.
Tuttavia, la Corte Costituzionale ha confermato la legittimità della Manovra finanziaria, ritenendola coerente con la politica economica del Governo.
Secondo la Corte, il taglio delle pensioni non è in contrasto con gli articoli 3 e 38 della Costituzione, in quanto la misura ha tutelato le fasce più deboli, rispettando i principi di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza.
Inoltre, ha avuto un impatto limitato sul potere d'acquisto dei pensionati con assegni più elevati, essendo applicata solo per due anni.
Pensioni, cosa cambia per i pensionati da quest'anno
Come già accennato, molti speravano in una sentenza favorevole per poter richiedere rimborsi e arretrati.
Con questa sentenza favorevole all'operato dell'Esecutivo, i pensionati dovranno rinunciare all'idea di recuperare la parte "tagliata" degli aumenti per il 2023 e il 2024.
E non si parla di pochi soldi. Alcuni pensionati avrebbero potuto ricevere un rimborso significativo, anche di diverse migliaia di euro, se si sommano gli arretrati di tutte le mensilità colpite dal taglio.
A titolo d'esempio, un pensionato con un assegno mensile di 3.000 euro avrebbe potuto ottenere come arretrati circa 2.340 euro, mentre uno con un assegno da 3.500 euro avrebbe visto un rimborso di circa 2.925 euro.
Tutti importi che ora non potranno più essere recuperati.
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Pensioni, il problema degli aumenti annuali
Se da una parte questa sentenza lascerà sicuramente l'amaro in bocca ai pensionati che hanno subito il taglio dell'aumento dovuto, è innegabile che questa misura fosse necessaria per tutelare il sistema pensionistico.
Infatti, ogni anno l'Esecutivo deve bilanciare le esigenze di spesa pubblica con il diritto dei pensionati a una rivalutazione annuale, essenziale per fronteggiare l'inflazione.
E come abbiamo visto nel 2023 e nel 2024, a volte si rende necessario attuare tagli a discapito di alcuni pensionati.
Seppur non siano stati lesi i diritti costituzionali, è ovvio che il taglio degli aumenti ha comportato una lesione del potere d'acquisto per questi pensionati.
Nonostante la sentenza "definitiva", riferisce Money.it, alcune sigle sindacali non si sono arrese, e hanno deciso di portare avanti "il contenzioso per l?applicazione della percentuale di rivalutazione ridotta alla sola parte del trattamento superiore all?importo di riferimento".
Pertanto, la questione è ancora aperta.