Panico sui mercati dopo i dati USA sull'occupazione

05/08/2024 17:56

Panico sui mercati dopo i dati USA sull'occupazione

Le borse asiatiche affondano

Inizio di settima con vertigini per i mercati azionari. La mattinata si è aperta con il -12% nell'indice giapponese Nikkei 225 (maggior ribasso giornaliero dal 2011, erano i tempi della crisi finanziaria) e il -8% del KOSPI di Seoul.
Il ribasso è stato talmente forte da far scattare (per l'indice nipponico Topix e il sudcoreano KOSDAQ) i "circuit breakers", una sorta di salvavita per i mercati: quando gli indici accusano un calo superiore a una determinata percentuale le contrattazioni vengono fermate in automatico al fine di evitare il panico tra operatori e investitori.

Vedendo le chiusure non sembra siano serviti a molto...o forse si perché sarebbe potuto andare anche peggio.

La sorpresa negativa dei dati macro USA

Cosa ha determinato, anzi sta determinando, vendite così copiose sui mercati azionari e, di contro, il rally su quelli obbligazionari? Tutto inizia la scorsa settimana negli USA con i deboli dati macro sui nuovi ordini industriali, seguiti da quello sottotono dell'indice ISM manifatturiero per poi culminare con i nuovi posti di lavoro di venerdì ben al di sotto delle attese.

Queste rilevazioni hanno fatto tornare in primo piano un rischio che pareva scongiurato ovvero quello di recessione negli Stati Uniti.

La massiccia azione restrittiva messa in atto nel 2022 dalla Federal Reserve per contrastare il balzo dell'inflazione poteva avere questo come effetto collaterale, ma fin qui pareva scongiurato dato che i dati macro segnalavano una congiuntura sufficientemente dinamica.
Anzi, nella prima metà nel 2024 era stata l'inflazione a dare segni di resistenza all'azione restrittiva, convincendo i mercati a rimandare l'avvio della fase accomodante a dopo l'estate.

C'è ancora da fidarsi della Fed?

Con la scorsa settimana lo scenario è cambiato repentinamente.

Tutto d'un tratto si è palesato il rischio che la Fed non si sia accorta dell'erosione operata dagli elevati tassi d'interesse delle fondamenta della locomotiva americana e ora sarà costretta a una precipitosa rincorsa con probabilità di riuscire ad evitare il peggio ormai molto basse. Infatti fino alla scorsa settimana i derivati scontavano tre riduzioni da 25 bp l'una in ognuna delle tre riunioni del FOMC che restano da qui alla fine dell'anno, per un totale di 0,75%.
Ora invece c'è una probabilità dell'83-84% di una mossa da 50 bp a settembre (stamattina era al 91-92%) e del 49% di una di pari entità a novembre (stamattina era addirittura al 70%), con buone chance di un -25 bp a dicembre per una riduzione totale nel 2024 di 1,25%.

© TraderLink News - Direttore Responsabile Marco Valeriani - Riproduzione vietata

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