Fondi dark green: il contesto ESG
Nel 2021 è entrata in vigore quella che, con un acronimo, viene definita SFDR.
Di che cosa si tratta?
Della Sustainable Finance Disclosure Regulation, ovvero di quella serie di regole poste in atto dall’Unione Europea al fine di suddividere fondi ed etf in più categorie sulle base dell’attinenza e rispondenza ai parametri rispondenti alla sostenibilità ambientale, sociale e di governance.
In particolare, sono previste tre tipologie di fondi "green" rientranti in questa categoria: light green, grey e dark green.
In cosa si differenziano? Dal legame più o meno stretto che il gestore ha con i parametri ESG.
I fondi light green, ad esempio, promuovono la sostenibilità pur non essendo questo il loro scopo principale.
I fondi grey, invece, possono opptare, tra le società nelle quali investire, anche in quelle che producono armi, tabacco, etc. Non proprio quindi aziende rispondenti ai requisiti ESG.
Se per queste due tipologie di fondi i requisiti ESG possono essere in un certo senso secondari, nel caso dei fondi dark green, diventano primari ed essenziali.
Fondi dark green; i requisiti
L’articolo 9 della SFDR prevede infatti che i fondi debbano avere finalità di investimento sostenibile con un forte orientamento ESG.
In poche parole, la gestione dei fondi in questione è influenzata dalla rispondenza ai parametri ESG a partire dalle decisioni e dai comportamenti messi in atto dagli asset manager.
Il problema, semmai, sta (come spesso accade) nell’interpretazione delle regole che può diventare in un certo senso arbitraria e personale.
Succede quindi che, come hanno dimostrato varie ricerche di mercato, in questa categoria compaiano fondi che, invece, non vanno oltre il 30% del loro capitale investito in quanto a rispondenza con i parametri ESG.
Essendo la tematica relativa alla tutela e salvaguardia ambientale molto in auge in questo particolare momento storico, essere considerati fondi dark green è un bel biglietto da visita da spendere nei confronti dei risparmiatori.
Fondi dark green: scelta etica o bluff?
A questo punto, sorge spontaneo un quesito: i cosiddetti fondi dark green sono realmente attenti alla sostenibilità del pianeta oppure non sono altro che un grande bluff?
Anche perché, come è emerso da diverse ricerche di mercato, non sono pochi i gestori di strumenti finanziari che si dichiarano dark green salvo poi investire in aziende altamente inquinanti, contribuendo a creare quel fenomeno dannoso che va sotto il nome di “greenwashing”.
Ovviamente spetta alle autorità competenti fissare criteri più rigidi e procedure di controllo più astringenti al fine di fare in modo che vi sia il rispetto delle regole.
Sta anche al consumatore, ovvero all’investitore informarsi bene in merito alle scelte effettuate dalle società che gestiscono quei fondi che vengono etichettati come dark green.
Ne va della credibilità di un sistema: ne va della salvaguardia e tutela del nostro pianeta.
Azioni e comportamenti discutibili nelle scelte di investimento da parte dei gestori possono portare a scelte errate da parte degli investitori che credono di perseguire determinati obiettivi mentre, in realtà, creano danni sempre più irreversibili.