Si raffreddano le performance di Ferragamo dopo il corposo allungo delle prime battute di Piazza Affari fino a 16,09 euro. L’azione torna ora a 15,45 euro, con un vantaggio dello 0,98% sul riferimento comunque in netta controtendenza al -0,78% del Ftse Mid Cap.
Motore delle performance del colosso del lusso declinato su calzature e pelletteria è l’ultima semestrale, in forte crescita e soprattutto solida in un periodo in cui l’economia in generale subisce incertezze e tutti pagano costi più elevati e in certi casi l’esposizione a mercati incerti come di questi tempi la Cina.
Il lusso potrebbe però ancora essere una vistosa eccezione. Come è noto infatti il luxury ha un carattere anticiclico e riesce spesso a contrastare le crisi egregiamente.
Con gli Stati Uniti in recessione tecnica e il 29,7% delle vendite del primo semestre di Ferragamo in Nord America è una precisazione necessaria, d’altronde una scarpa di pelle di Ferragamo vale 1.150 euro e uno sneaker quasi 700 euro, quindi senz’altro la produzione della casa fiorentina nata con le calzature delle star di Hollywood va inserita tra i beni di lusso.
Ferragamo: balzo dei ricavi e dei costi, ma i margini tengono
Se si guardano i numeri del primo semestre del 2022 i numeri del gruppo guidato dall’ad e direttore generale Marco Gobetti si ha comunque un senso di crescita e recupero, oltreché di consolidamento.
Ricavi +20,3% a 630 milioni nei sei mesi, ebitda +24,4% a 180 milioni e boom degli utili con un +85,2% a 62 milioni di euro.
Sostanzialmente un balzo delle vendite in tutte le geografie, con vantaggi innegabili nei cambi, con l’eccezione vistosa dell’Asia Pacifico e in particolare della Cina dove si registra un -7,8% a cambi costanti e un -1,5% a prezzi variabili.
Il Covid pesa insomma ancora sui consumi della Repubblica Popolare ed è noto, ma il balzo del 29,7% in Nord America e del 45,7% in Europa (sempre sugli svantaggiosi cambi costanti) coprono ampiamente questa lieve frenata: confermano un corretto mix geografico delle vendite e incoraggiano a un cauto ottimismo sul futuro.
Il Giappone mostra un brillante +32,4% e raggiunge l’8,1% delle vendite, bene anche la rimanente area del Centro e Sud America (+31,2% al 6,3% del totale).
Per capire meglio come è andata a Ferragamo, un driver globale del settore lusso, bisogna però guardare i numeri un po’ più da vicino.
Quel balzo del 20,3% dei ricavi a prezzi reali sarebbe stato inferiore alla crescita maggiore – del 21,1% - dei costi operativi a 357,4 milioni di euro se non ci fosse stata l’ottima performance del margine lordo. Questo è cresciuto del 25,4% a 452,8 milioni di euro, accrescendo il margine sul fatturato dal 68,9 al 71,8% Come hanno fatto?
Soprattutto grazie al rapporto full/off price (rapporto tra vendite a prezzo pieno e a sconto).
Il pricing al retail ha insomma bilanciato ampiamente la crescita dei costi (il costo del venduto da 177 milioni che distingue tra ricavi e margine lordo è comunque cresciuto “soltanto” del 9%). I margini tengono insomma e anzi crescono.
Lo stesso Gobetti ha sottolineato l’importanza del full price al retail oltre le attese e ha aggiunto che l’inizio di questo trimestre è ancora incoraggiante su questo fronte.
Sul margine lordo si reggono dunque il balzo del risultato operativo e dell’utile netto.
Per l’utile va precisato che una voce straordinaria fiscale collegata ad attività operative cessate nel 2021 aveva penalizzato il risultato della prima metà del 2021, ma anche senza questa voce si ha comunque un rally del 66,1% e quindi una performance reddituale in definitiva brillante.
Ferragamo: circolante, magazzino e PFN
Ma su cassa, circolante e patrimonializzazione come è andato il gruppo Ferragamo? Infilando tutto dentro, ossia il leasing, la posizione finanziaria netta del gruppo peggiora del 28,99% a 289,57 milioni di euro, soprattutto per un calo della liquidità di 102 milioni a 409 milioni complessivi (nei sei mesi).
Se si esclude il leasing (quasi invariato a 598 mln), l’indebitamento finanziario adjusted è in surplus di 309 milioni.
Ma parliamo comunque di un gruppo con un patrimonio di 731 milioni. Si segnala al riguardo la positiva discesa del capitale circolante netto da 298 a 250 milioni di euro (-16,3%) e la riduzione delle giacenze di magazzino del 4,4 per cento.
Ferragamo: dunque come andrà il resto del 2022?
Se le performance del primo semestre sono sostanzialmente superiori alle previsioni, il breve e medio termine resta più incerto.
A partire dall’unico neo del bilancio del gruppo ossia la Cina, dove i lockdown non si arrestano anzi ritornano e, contro le stime iniziali, si sono estesi in formula parziale o totale ad almeno 68 città tornando a Chengdu e Shenzhen.
Proprio l’eventuale recrudescenza della pandemia in Asia, che potrebbe ancora penalizzare i dati di Ferragamo, potrebbe anche essere la maggiore incognita sui risultati del resto dell’anno.
A questa si aggiungono ovviamente i costi, in crescita, che potrebbero comprimere i margini e forse secondo Bestinver, potrebbero, insieme agli investimenti previsti, minare l’obiettivo di un ebit margin del 12,5% a fine anno.
Si tratta però anche degli analisti più cauti sulle stime del gruppo con un target price tra 16,5 e 17,5 euro mentre altri come Equita giungono a 20 euro.
Il management ha definito “ragionevole” il consensus di un ebit a 180 milioni a fine anno, considerando che nel primo semestre è stato di 95 milioni (+44,7%) ma precisando che questo margine sarà nella seconda metà dell’anno meno che proporzionale rispetto al primo semestre.
Sui margini è dunque prevista pressione (fra l’altro dal 2023 aumenteranno le spese di marketing e comunicazione fino a un investimento di 400 milioni tra 2023 e 2026), ma per ora niente di davvero preoccupante.
In realtà i dubbi sulla tenuta della domanda potrebbero estendersi anche ad altri mercati in questa fase delicata, ma è anche vero, come abbiamo premesso, che Ferragamo potrebbe sfoderare un carattere anticiclico.
C’è poi l’appeal del nuovo accordo con quel gigante del web che è Farfetch, il leader dell’e-commerce del lusso globale capace di rilevare il 47,5% di Ynap da Richemont.
Un passo in quella direzione – il caso di dirlo – potrebbe valere oro e quindi il lancio della nuova collezione di Maximilian Davis a fine settembre e quindi della capsule a novembre potrebbero dare appeal al titolo, come ha suggerito l’ad Gobbetti.
Di certo i prossimi mesi anche per Ferragamo saranno molto vivaci.
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