Boom di esportazioni cinesi a marzo. Il dato in dollari rilasciato dalla Dogana della Repubblica Popolare mostra a marzo un rally dell’export del 14,8% a/a a ben 315,59 miliardi di dollari. Si tratta di una crescita poderosa che riporta l’indicatore su valori assoluti che non si vedevano dallo scorso settembre e interrompono dunque una contrazione del motore commerciale cinese durata parecchi mesi.
Al contrario le importazioni cinesi segnano a marzo un calo dell’1,4% 227,39 miliardi di dollari.
Cina: la bilancia commerciale ribalta le attese
Il risultato commerciale è dunque un saldo positivo per 88,19 miliardi di dollari che sbaraglia le previsioni degli analisti ferme a un surplus di 39,2 miliardi di dollari appena.
D’altronde i mercati si aspettavano un altro -7% a marzo (dopo il -6,8% di febbraio) e al contrario, come detto, le vendite cinesi al mondo sono balzate di un brillante 14,8%
Sull’import il consensus ha indovinato il segno, ma non molto di più: dopo il -10,2% di febbraio, gli analisti si attendevano un altro calo delle importazioni del 5% circa e invece la flessione dell’import di Beijing si è fermata a 1,4 punti percentuali.
La dinamica dei due flussi porta dunque a un corposo surplus commerciale di 88,19 miliardi di dollari dopo il surplus di 116,88 miliardi di dollari di febbraio, ma – come detto – sono le due componenti della bilancia commerciale che modificano profondamente il quadro e il significato del dato.
I conti cinesi visti da qua
Senza dubbio l’aumento delle esportazioni cinesi nel mondo potrebbe essere un dato positivo per l’andamento generale dell’economia, mentre il calo delle importazioni, sebbene, inferiore alle attese potrebbe alleviare uno dei maggiori timori dell’economia occidentale: l’impatto del risveglio dell’economia cinese dopo le chiusure sul Covid sui prezzi.
Tutti i maggiori banchieri centrali infatti da tempo mettono in guardia sul rischio che la Cina faccia rapidamente incetta di materie prime energetiche risollevandone i costi proprio mentre stavano ripiegando.
Le ultime decisioni dell’Opec+ su un taglio della produzione di petrolio di un milione di barili hanno poi complicato ulteriormente il quadro e non a caso i prezzi del petrolio hanno già reagito con un certo vigore nelle ultime sedute nonostante i persistenti timori di recessione economica (soprattutto in Occidente) e le incertezze rilanciate sui mercati azionari dalle varie crisi bancarie.
Cina: forti acquisti di petrolio (e gli sconti russi aiutano)
Bene a marzo le importazioni di petrolio greggio sono state pari a circa 52,30 tonnellate, 12,3 milioni di barili al giorno che segnano un balzo del 22,5% a/a: ai massimi dal giugno 2020 e ben al di sopra dei circa 10,1 milioni di barili al giorno di petrolio greggio importati nel marzo 2022.
La ripresa si prepara insomma.
Anche se il balzo delle esportazioni di petrolio raffinato (+35,1% a 5,5 milioni di tonnellate) potrebbe in parte giustificare questo incremento delle importazioni di greggio, è chiaro che i veri motivi sono due, la volontà delle raffinerie cinesi di prepararsi per la ripresa economica e l’accelerazione della domanda, quindi i prezzi a sconto del greggio ottenuti dalla Russia.
Cina: intanto sul gas la Repubblica Popolare stringe con il Qatar
Un legame energetico che è vitale per un Paese povero di materie prime come la Cina (terre rare escluse), ma che si allarga anche ad altri scenari, come dimostrato proprio dalla notizia di ieri della decisione di Sinopec, colosso dell’idrocarburo cinese, di acquistare una quota del 5% nel progetto di espansione del North Field East in Qatar: uno dei progetti sul gas naturale più grandi del mondo.
Un legame con il Qatar, protagonista globale del gas naturale liquefatto che in Italia è ben noto, che ha portato anche alla sigla di un contratto di fornitura di GNL da 4 milioni di tonnellate l’anno per ben 27 anni: il più lungo e quindi stabile contratto mai siglato da Doha.
E anche questo è geopolitica.