L'inflazione scende più del previsto in Spagna e Germania
Dai dati macroeconomici di oggi emerge la combinazione ideale per sostenere i mercati, sia l'azionario che l'obbligazionario. In primis l'inflazione nei Paesi dell'area euro.
A inizio mattinata l'Instituto Nacional de Estadística (INE, omologo della nostra ISTAT) ha comunicato che a novembre il dato preliminare dell'inflazione in Spagna si è attestato a +3,2% a/a, in flessione dal +3,5% di ottobre e in controtendenza rispetto al +3,7% del consensus. Su base mensile l'indice è addirittura in calo dello 0,4% (-0,6% su base armonizzata).
Indicazioni dello stesso tenore dalla Germania: Destatis a inizio pomeriggio ha rivelato che a novembre (parliamo sempre di dati preliminari) la crescita dei prezzi al consumo si è attestata al 3,2% a/a, in calo dal 3,8% di ottobre e al 4,5% di settembre e ben al di sotto del +3,5% atteso dagli economisti.
Su base armonizzata l'inflazione è scesa al +2,3% a/a da +3,0% a ottobre, anche in questo caso ben al di sotto del +2,7% del consensus.
Domani il dato eurozona
Ora l'attenzione degli economisti è puntata verso Eurostat che domani mattina alle 11 pubblicherà il dato eurozona: date le premesse sembra molto probabile che anche l'inflazione dell'unione monetaria possa segnare un rallentamento più consistente rispetto a quanto scontato dal mercato.
Certo, restano ben presenti le ultime dichiarazioni di importanti esponenti della BCE, la presidente Lagarde in testa, secondo cui occorre essere prudenti nonostante i grandi progressi sul fronte del rientro dell'inflazione verso l'obiettivo di lungo periodo del 2%. Traduzione: non abbasseremo i tassi prima di qualche trimestre.
Il PIL americano sorprende positivamente in attesa del PCE
Al di là dell'Oceano Atlantico negli ultimi giorni sono giunti segnali di apertura.
Il "falco" Christopher Waller, membro del Consiglio dei Governatori della Federal Reserve, ha parlato di riduzione dei tassi qualora l'inflazione continuasse a scendere ancora per alcuni mesi. E il dato odierno sul PIL americano nel terzo trimestre (+5,2% t/t la seconda stima, sopra la rilevazione di un mese fa pari a +4,9%) sembra attestare che la banca centrale americana è riuscita nell'impresa di domare l'inflazione senza compromettere la crescita.
Maggiori indicazioni domani con l'indice PCE (la misura utilizzata dalla Fed come miglior stima dei prezzi al consumo) di ottobre.