Corte Ue: Italia non può imporre obblighi supplementari a giganti del web stabiliti in altri Paesi

Redazione Traderlink Redazione Traderlink - 31/05/2024 10:51

Corte Ue: Italia non può imporre obblighi supplementari a giganti del web stabiliti in altri Paesi

La Corte dell'Unione Europea ha stabilito che l'Italia, o qualsiasi altro Stato membro dell'UE, non può imporre obblighi supplementari a un fornitore di servizi online con sede in un altro Paese dell'UE. La decisione riguarda Airbnb, Amazon, Google e altre grandi aziende di e-commerce. Secondo il giudizio della Corte, le misure adottate dall'Italia sono in contrasto con il diritto dell'UE. 

In Italia fino ad ora funzionava così ..

Fino ad ora, in Italia, i fornitori di servizi di intermediazione e di ricerca online, come Airbnb, Expedia, Google, Amazon e Vacation Rentals, dovevano rispettare particolari obblighi imposti dalla normativa nazionale. Questi obblighi, introdotti nel 2020 e 2021, avevano l'obiettivo di garantire l'applicazione efficace del regolamento che promuove l'equità e la trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online. 

I fornitori di servizi erano tenuti a registrarsi in un apposito registro gestito da un'autorità amministrativa (Agcom), a fornire periodicamente un resoconto della loro situazione economica, a trasmettere una serie di informazioni dettagliate e a pagare un contributo economico. In caso di inadempimento, erano previste sanzioni. 

Ricorso dei giganti dell'e-commerce

Le società hanno fatto ricorso contro questi obblighi, sostenendo che contraddicono il diritto dell'Unione. Essi hanno invocato il principio della libera prestazione di servizi, affermando di essere principalmente soggette alla legislazione dello Stato membro in cui hanno sede, in questo caso l'Irlanda o il Lussemburgo. Hanno inoltre sostenuto che il diritto italiano non può imporre ulteriori requisiti per l'accesso a un'attività di servizi online. Il tribunale italiano ha deciso di rivolgersi alla Corte di Giustizia dell'UE, che ha stabilito che le misure adottate dall'Italia sono in contrasto con il diritto dell'Unione. 

La regolamentazione

La Corte dell'UE ha fatto riferimento alla direttiva sul commercio elettronico, secondo la quale il regolamento dell'attività di un fornitore di servizi online è di competenza dello Stato membro in cui l'azienda ha la sua sede. Gli Stati membri in cui i servizi vengono prestati devono rispettare il principio di reciproco riconoscimento e non devono limitare la libera prestazione di tali servizi, salvo alcune eccezioni. Di conseguenza, l'Italia non può imporre ai fornitori di servizi online obblighi supplementari rispetto a quelli dei Paesi dell'UE in cui hanno sede. Questi obblighi non sono tra le eccezioni permesse dalla direttiva sul commercio elettronico, anche perché non sono necessari per proteggere uno degli obiettivi di interesse generale previsti dalla legislazione.

(Redazione)

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