Non è andata bene per il concordato preventivo, l'ultima mossa del Governo per venire (ancora più) incontro ai contribuenti.
Ma nonostante la bassa adesione, l'Esecutivo firmato Meloni non vuole gettare la spugna. infatti al vaglio una nuova finestra per tutti i contribuenti che vogliono regolarizzare i propri debiti.
Vediamo però quando sarà possibile riaccedere al concordato preventivo, e chi potrà aderirvi.
Per saperne di più in merito all'argomento, consigliamo di approfondire al meglio la questione con questo video YouTube, con ringraziamento al canale di Wolters Kluwer Italia.
Concordato preventivo, quale sarà la nuova finestra per l'adesione
Al momento si parla solo di una proposta, che potrebbe anche non trovare il supporto del Ministero dell'Economia e delle Finanze.
Si tratta di "riaprire" l'adesione al concordato preventivo dopo la scadenza del 31 ottobre.
Una scadenza che, sottolineiamo, non è stata prorogata: dal 1 novembre in poi non è più ufficialmente possibile l'adesione al concordato.
Pertanto, chi non ha avuto modo di aderirvi dovrà regolarsi col Fisco attraverso la normativa tuttora in vigore.
L'unica speranza per questi contribuenti è quella di vedere confermata almeno la finestra di dicembre: è proprio questa la nuova data prevista per l'adesione alla "pace fiscale" del concordato.
Stando a quanto riportato da Quotidiano Nazionale, questa nuova finestra andrebbe fino al 31 dicembre, ma riguarderebbe solo i proventi incassati fino al 31 ottobre.
Quindi, la partita del Fisco risulterebbe ancora aperta. Anche se, ovviamente, saranno in pochi a giocarla.
Concordato preventivo, chi potrà aderire alla nuova finestra
Non si sa ancora con precisione quali tipologie di contribuenti potranno aderire alla nuova finestra del concordato preventivo.
Con molta probabilità, però, l'accesso sarà garantito alle stesse categorie come previste quest'anno.
Ovvero i contribuenti "esercenti attività d?impresa, arti o professioni che applicano gli Indici sintetici di affidabilità (ISA) di cui all?articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50", come sottolinea l'Agenzia delle Entrate sul sito ufficiale del concordato preventivo.
Potranno accedere però solo coloro che, al momento della domanda, non hanno debiti tributari o contributivi definitivamente accertati (ad esempio con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione).
O i contribuenti che sono riusciti a estingere i predetti debiti in misura tale che l?ammontare del debito residuo (interessi e sanzioni comprese) risulti inferiore alla soglia di 5.000 euro.
Dovrebbero però valere comunque i casi di esclusione come già oggi previsti. Non si potrà accedere al concordato, ad esempio, nel caso di mancata presentazione della dichiarazione dei redditi in relazione ad almeno uno dei tre periodi d?imposta precedenti.
Oppure nel caso di condanna per uno dei reati riportati nel sito, sempre entro i 3 predetti periodi d'imposta.
Sarà motivo di esclusione anche il fatto di aver conseguito nel periodo d?imposta precedente redditi o quote di essi "in tutto o in parte, esenti, esclusi o non concorrenti alla base imponibile" in misura superiore al 40% del reddito derivante dall?esercizio d?impresa o di arti e professioni.
In pratica, non pochi casi di esclusione. Che sia per questo che il concordato preventivo sia stato un flop?
Concordato preventivo, un flop annunciato
In attesa dei risultati ufficiali dell'adesione al concordato preventivo, stando a quanto riportato da ItaliaOggi, è possibile che la misura sia stata adottata da oltre 700 mila contribuenti, su una platea di 4,7 milioni di potenziali aderenti.
In pratica, circa il 15% degli aventi diritto. Non una grande cifra, constatando che il Governo ha puntato molto su questa misura, sperando addirittura in un'adesione "fiume" da parte dei contribuenti.
Anche perché con il concordato l'Esecutivo deve fare cassa, se non altro per arricchire la dote da usare per la Finanziaria.
Se il gettito derivato dalle adesioni dovesse essere sufficientemente alto, l'Esecutivo potrebbe impiegare tutti quei soldi per sostenere altre operazioni.
Come ad esempio la riduzione della seconda aliquota IRPEF (dal 35% al 33%), oppure l'aumento dello scaglione sempre della seconda aliquota (da 50 a 60mila euro).
O addirittura tutti e due: l'importante è che le entrate fiscali di quel 15% di contribuenti permettano una spesa del genere.