Perchè la borsa sale e scende
Perché la borsa scende e sale? Perché il prezzo delle azioni è, in taluni casi, anche crollato? C’è il rischio di ulteriori ribassi? Quali scenari ci aspettano?
Tante domande alle quali è doveroso provare a rispondere.
Innanzitutto, la spirale inflazionistica dovuta alle dinamiche non solo economiche ma anche socio politiche a livello mondiale, ha inciso e sta minando ancora oggi il “sentiment” dei mercati.
Le banche centrali hanno reagito aumentando i tassi di interesse e, almeno nel breve periodo, continueranno a muoversi su questa linea d’azione.
La politica restrittiva, al fine di “raffreddare” i consumi, è quella ritenuta più efficace: obiettivo recessione.
Minori consumi, però, per le aziende, significano vendite inferiori, riduzione dei profitti e revisione delle stime future.
Tutto ciò, viene sentenziato dai mercati attraverso la discesa dei corsi azionari.
Tutte le azioni sono sull’altalena? No, ovviamente, ma la maggior parte, nell’anno in corso, registra una performance negativa.
Nelle ultime settimane, le borse paiono aver virato leggermente in positivo, a livello di visione futuristica. Si, perché i mercati anticipano sempre i movimenti dell’economia reale. Occorrerà vedere, però, se ci avranno visto giusto.
Gestione passiva: significato, pregi e difetti
Quale può essere l’atteggiamento più efficace in questa fase? Ovvero: è meglio un tipo di gestione passiva o attiva?
Occorre distinguere la posizione del singolo risparmiatore e quella del gestore di fondi.
Per un gestore di fondi comuni, infatti, perseguire una gestione passiva significa semplicemente replicare il benchmark, ovvero il parametro di riferimento.
Nulla di più, nulla di meno.
Dal punto di vista del singolo risparmiatore, invece, il concetto di gestione passiva può essere maggiormente paragonato ad una sorta di immobilismo, ovvero ad un comportamento da cassettista.
Quindi, in poche parole, ciò significa detenere le azioni che si hanno in portafoglio senza creare sconquassi e cercare il colpo ad effetto a tutti i costi.
Una posizione del genere ha un senso se si ha un orizzonte temporale d’investimento di medio o lungo periodo, se si ha fiducia nelle società di cui si è diventati azionisti (e nei relativi management) e se si ha un approccio emotivo che tende alla consapevolezza.
Gestione attiva: solo per esperti?
Esattamente agli antipodi, sia a livello concettuale che pratico, vi è quella che viene definita gestione attiva del portafoglio.
Per un gestore di fondi comuni di investimento, tale metodo consiste nel cercare di fare meglio dell’indice di riferimento (il già citato benchmark).
Si avrà quindi una maggior movimentazione dei titoli, una operatività più spiccata ed un approccio maggiormente intraday, visto che l’obiettivo è quello di massimizzare il rendimento.
Non bisogna trascurare il fatto che, il gestore del fondo, sul maggior rendimento che riesce ad ottenere, viene normalmente remunerato con una commissione cosiddetta di performance che va quindi, ad incrementarne i profitti.
Nell’ottica del risparmiatore singolo, invece, un tipo di gestione attiva sta a significare un comportamento più vicino a quello del trader.
Sfruttare le occasioni di mercato, le oscillazioni che esso produce, essere maggiormente attenti all’analisi tecnica per cercare di capire dove un singolo titolo potrà andare nell’immediato: questo è il biglietto da visita di chi effettua un tipo di gestione attiva.
Occorrono, ovviamente nervi saldi, soprattutto perché un conto sono le previsioni, un altro l’effettivo andamento di un titolo: gestire le perdite non è facile per nessuno.