La tassa sugli extraprofitti applicata alle banche, introdotta dal governo con un decreto legge il 7 agosto scorso, sembra non produrre alcun introito per lo Stato. Unicredit, il secondo gruppo bancario italiano, ha annunciato oggi di non voler pagare l'imposta, ma di accantonare a riserve un importo pari a 2,5 volte il prelievo fiscale teorico, come previsto dalla legge. Questo comportamento sembra essere seguito dalla maggior parte delle banche italiane, ad eccezione di poche eccezioni.
Secondo il Centro Studi di Unimpresa, in particolare per le banche quotate in Borsa, l'opzione di accantonare a riserva sembra essere una scelta obbligata, poiché il pagamento dell'imposta potrebbe comportare rischi legali per gli amministratori societari, come potenziali ricorsi da parte degli azionisti. Dal punto di vista fiscale, sembra che questa norma non abbia alcun impatto tangibile sui bilanci bancari e sulle finanze pubbliche.
Secondo il governo, le modifiche apportate al decreto durante il processo di conversione parlamentare hanno l'obiettivo di offrire alle banche l'opzione di pagare l'imposta sugli extraprofitti o di incrementare il patrimonio. Questo per aumentare l'offerta di prestiti alle imprese e alle famiglie. Tuttavia, la restrizione attuale del credito non sembra essere tanto legata ai livelli attuali di patrimonio, ma piuttosto all'aumento del costo del denaro, che ha causato un aumento dei tassi di interesse e in generale un peggioramento delle condizioni di accesso al finanziamento bancario.
Il Centro Studi di Unimpresa afferma che le attuali previsioni di introito, pari a 3,248 miliardi di euro, sono solo teoriche. Questa somma massima rappresenta l'importo che teoricamente lo Stato potrebbe incassare dopo le modifiche apportate all'imposta straordinaria con l'emendamento del governo al decreto "asset". Questo importo considera come limite di pagamento lo 0,26% dell'esposizione al rischio su base individuale, ovvero gli attivi ponderati al rischio (RWA). Il governo stima che gli attivi ponderati siano circa il 38% degli attivi totali, ovvero 1.249 miliardi di euro, e lo 0,26% di questa cifra equivale a 3,248 miliardi di euro. Tuttavia, l'introduzione dell'opzione per le banche di versare una somma pari a 2,5 volte l'imposta per il rafforzamento patrimoniale rende il gettito pari a zero nel caso in cui tutte le istituzioni di credito preferiscano evitare il pagamento della nuova tassa.
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