Il colosso nippo-britannico ARM dei microprocessori ha dato una bella scossa a Wall Street e messo a segno l’IPO dell’anno in un periodo critico per i mercati e in un settore strategico e discusso come quello tecnologico.
Dopo un balzo di oltre il 25% al debutto, oggi, venerdì, il titolo ARM (o meglio il suo ADS) segna un altro rialzo del 3,6% a 65,89 dollari. Il prezzo di collocamento si era attestato a 51 dollari. Niente affatto male.
ARM, perché Softbank la quota
Per ARM è un ritorno in borsa dopo che il big investor giapponese Softbank l’ha delistata da New York e Londra nel 2016 subito dopo l’acquisizione.
Non è stato però un rientro privo di scossoni.
Softbank, uno dei protagonisti globali degli investimenti in tecnologia, è reduce infatti da un periodaccio. Il suo Vision Fund, immaginato come una sorta di guru finanziario miliardario per lo sviluppo tecnologico globale, ha chiuso l’esercizio al maggio 2023 con una perdita monstre da circa 32 miliardi di dollari, dopo quella da quasi 19 miliardi di dollari dell’anno prima.
Un periodo difficile per un investitore tecnologico globale, anche per via dei tassi d’interesse in crescita e per le valutazioni in calo annuale dei tecnologici globali. Successo con la liquidazione delle quote rimanenti di Uber, ma anche tanti problemi con la cinese SenseTime o l’indonesiana GoTo, con i flop di WeWork e di DoorDash.
Masayoshi Son, figlio del fondatore di Softbank e Ceo, ha così deciso di puntare sulla quotazione di ARM, anche per riguadagnare la fiducia dei mercati che in questo settore è indispensabile.
ARM, come è andata l'IPO
A caldo, nonostante diverse incertezze, la scommessa sembra vinta.
Fra qualche incertezza il prezzo di collocamento di ARM è stato fissato a 51 dollari, all’estremo superiore della forchetta di prezzo offerta ($ 47- $ 51). A questo livello tutta ARM vale circa 54,5 miliardi di dollari, ma con l’incremento di oltre il 25% di ieri si arriverebbe quasi a 69 miliardi di dollari, ossia una valutazione superiore a quella pagata dalla stessa Softbank per il riacquisto di quote di minoranza della stessa ARM dal suo fondo Vision.
Insomma l’affare diventa un successo, soprattutto se la crescita continua. Ma per capirci di più bisogna guardare più da vicino la società.
Chi è ARM?
ARM è nata nel 1998 da una joint venture della britannica Acorn Computers, di Apple Computer e di VLSI Technology.
E’ stata appunto quotata finché Softbank non l’ha delistata spendendo 32 miliardi di dollari nel 2016, dopo si sono susseguite offerte crescenti (anche grazie al successo sul mercato di NVIDIA).
Così ieri è tornata a Wall Street, sotto forma di ADS corrispondenti ciascuno ad un’azione della società.
Per Softbank è stata anche un’operazione d’immagine, ma il colosso ha mantenuto il 90,6% del capitale di ARM.
Oggi si stima che i microprocessori di ARM siano nel 99% dei cellulari di tutto il mondo.
La società ha cominciato a far soldi quando ha cominciato a progettare chip a basso consumo per dispositivi a batteria, ossia i telefoni cellulari, e ha guadagnato un vantaggio strategico che ancora oggi sembra quasi senza sfidanti.
ARM non produce chip, li progetta soltanto, ma questo fa la differenza.
Il Wall Street Journal spiega che ARM dà in licenza degli standard progettuali che poi permettono di produrre i microprocessori in modo che i software ci girino sopra a dovere e concede anche in licenza i progetti per alcune componenti basilari degli stessi chip (quasi dei microcervelli dentro questi microcervelli).
Questi progetti sono alla base dei chip di Qualcomm (altro gigante dell’elettronica degli smartphone) e della stessa Apple. Ma i microprocessori di ARM si trovano anche dei data center di Amazon, nei pc e nelle auto.
Proprio data center, automobili e personal computer sono le nuove praterie che il gruppo ARM vuole esplorare per la crescita futura.
Il suo mercato complessivo potrebbe crescere, ipotizza, fino a 250 miliardi di dollari nel 2025.
Mentre chip e intelligenza artificiale si diffondono e diventano ubiqui. ARM vuole dominare ancora in futuro il mercato e conquistare anche il cloud, il networking e Internet delle cose.
Non mancano le sfide, per esempio quella della piattaforma open source RISC-V e la tendenza dei grandi colossi del settore tecnologico a produrre sempre più in casa la propria tecnologia.
Il big tech di Wall Street ha però appoggiato con convinzione questa IPO tanto che un gruppo di colossi come NVIDIA, Samsung, Intel, Google ed Apple hanno sottoscritto impegni per comprare azioni per 735 milioni di dollari.
ARM ha chiuso l’esercizio allo scorso 31 marzo con ricavi stabili a 2,67 miliardi di dollari, con un utile operativo in crescita a 671 milioni e con un utile netto in calo da 549 a 524 milioni di dollari.
Nel trimestre al 30 giugno i ricavi sono passati da 692 milioni a 675 milioni e l’utile da 225 a 105 milioni. A fine giugno la cassa era di oltre 2 miliardi di dollari, gli asset di 6,7 miliardi l’equity di 4,22 miliardi.
Di certo però della società dei chip si parlerà ancora nei prossimi mesi.