Alla fine di dicembre 2023, il 47,6% dei dipendenti italiani, corrispondenti a circa 5,9 milioni di persone, è coperto da 44 contratti collettivi nazionali riguardanti la parte economica del lavoro. Questi contratti rappresentano il 48,1% del monte retributivo complessivo. Durante il quarto trimestre del 2023, sono stati recepiti tre nuovi contratti, riguardanti le agenzie recapiti espressi, il settore del credito e le attività grafiche e editoriali. Allo stesso tempo, è scaduto il contratto collettivo per le aziende alimentari. Alla fine di dicembre 2023, 29 contratti collettivi sono in attesa di rinnovo, coinvolgendo circa 6,5 milioni di dipendenti, pari al 52,4% del totale. Il tempo medio di attesa per il rinnovo dei contratti scaduti è aumentato da 20,5 mesi a gennaio 2023 a 32,2 mesi a dicembre 2023. Nel 2023, l'indice delle retribuzioni orarie è aumentato del 3,1% rispetto all'anno precedente. A dicembre 2023, l'indice mensile delle retribuzioni orarie contrattuali ha registrato un aumento del 5,1% rispetto a novembre e del 7,9% rispetto a dicembre 2022. In particolare, l'incremento tendenziale è stato del 4,5% per i dipendenti dell'industria, del 2,4% per quelli dei servizi privati e del 22,2% per la pubblica amministrazione. Tra i settori specifici, i maggiori incrementi tendenziali riguardano la scuola (+37,0%), i ministeri (+33,0%) e i militari-difesa (+29,0%), mentre non sono stati osservati incrementi per le farmacie private, i pubblici esercizi e alberghi e le telecomunicazioni.
Nel commento relativo a dicembre 2023, si evidenzia che il valore dell'indice delle retribuzioni contrattuali è influenzato dall'anticipazione dell'incremento dell'indennità di vacanza contrattuale per i dipendenti delle amministrazioni statali, come previsto dal DL 145. Questa anticipazione ha determinato una variazione significativa dell'indice per la pubblica amministrazione, nonostante sia stata limitata alle sole amministrazioni statali. Le amministrazioni non statali potranno erogare l'incremento mensilmente a partire da gennaio 2024, quindi i prossimi indici potrebbero registrare una variazione congiunturale negativa. Nel corso del 2023, l'inflazione ha subito una decisa decelerazione, riducendo la differenza tra l'andamento dei prezzi (IPCA) e le retribuzioni contrattuali a circa tre punti percentuali, meno della metà rispetto all'anno precedente.
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