Crediamo che, nonostante le indiscrezioni su un possibile rialzo dei tassi di interesse di un punto percentuale, i banchieri centrali del FOMC possano propendere per un aumento del costo del denaro di 75 pb, portando il nuovo range dei federal funds rates da 1,50%-1,75% a 2,25%-2,50%.
Le dichiarazioni dei membri più falchi all’interno della commissione operativa (Bullard e Waller) hanno, infatti, messo sul tavolo anche un possibile rialzo di un punto percentuale per contenere le crescenti pressioni inflazionistiche (ultimo dato +9,1% a giugno). Anche la vicina Bank of Canada, due settimane fa, aveva sorpreso i mercati con un rialzo monstre di 100 pb.
Riteniamo, tuttavia, che i banchieri centrali del FOMC voteranno per un rialzo di 75 pb per non pesare troppo sull’economia americana. A sostegno di tale scelta contribuisce anche il lieve calo delle aspettative di inflazione di medio termine. Nell’ultima indagine pubblicata dalla Federal Reserve Bank of New York sulle aspettative di inflazione dei consumatori gli esperti hanno evidenziato un rialzo delle aspettative di inflazione di breve termine (1 anno dal 6,6% al 6,8%) ma un calo di quelle di medio termine (attese a tre anni in discesa dal 3,9% al 3,6%).
Crediamo inoltre che Powell non darà molte indicazioni sulle future mosse di politica monetaria per le prossime riunioni, tenendo l’approccio “data-dependent”. Nel meeting di settembre le scelte del FOMC saranno accompagnate dalle proiezioni economiche (2022-2024) dei partecipanti su crescita PIL, disoccupazione, inflazione e sul livello dei tassi di interesse a fine anno.
Se le pressioni inflazionistiche dovessero evidenziare un calo (i prezzi di petroliferi e derivati a luglio sono scesi notevolmente) la Federal Reserve dovrebbe incominciare a diminuire la forza delle strette monetarie con un possibile rialzo di soli “50” basis points nel meeting di settembre.
Commento a cura di Filippo Diodovich, Senior market strategist IG Italia