CAPITOLO 9 - IL DIBATTITO ANALISI TECNICA - EFFICIENZA

9.1.1 Verifiche del random walk

     Il metodo di verifica tradizionalmente 1 utilizzato per valutare la casualità nelle variazioni dei prezzi azionari è stata l'analisi dell'autocorrelazione; con correlazioni riscontrate prossime allo zero, si affermava con sicurezza che le variazioni dei prezzi erano serialmente indipendenti e di conseguenza i grafici potevano essere di scarso aiuto a fini previsionali.
Un altro strumento statistico utilizzato nelle prime verifiche del random walk era l'analisi spettrale 2 , che per un fenomeno di natura interamente casuale doveva generare uno spettro praticamente orizzontale.
Sulla base delle conclusioni raggiunte con l'utilizzo di tali verifiche, la prima letteratura sull'efficienza debole affermava decisamente la validità dell'ipotesi del cammino casuale dei prezzi 3.

     Successivamente l'analisi delle serie storiche finanziarie contribuisce però ad un effettivo affinamento nell'uso degli strumenti econometrici e si introducono alcuni test statistici in grado di determinare in modo molto più accurato se il comportamento dei prezzi sia affine ad un modello random walk 4.
In questo modo una correlazione anche molto prossima allo zero, che rappresenta una dipendenza molto debole, può essere considerata sufficiente per rifiutare l'ipotesi di casualità, se si considera che un modello statistico che si fondi sulla tendenza nei prezzi implica dipendenza su tutti i lag temporali, che in totale è piuttosto significativa.

     Allo stesso modo altri ricercatori 5 , applicando alcune tecniche d'analisi econometrica a serie storiche molto lunghe di prezzi del mercato americano e londinese, hanno dimostrato la presenza di una dipendenza di lungo termine nei tassi di apprezzamento dei titoli azionari; tale esperimento contribuisce da un lato ad amplificare la significatività della teoria di Dow e dall'altro a togliere ogni fondamento alla teoria del random walk nella descrizione del comportamento dei prezzi.

     A questo punto non resta che introdurre una verifica dell'ipotesi di random walk che utilizzi strumenti statistici decisamente più appropriati della tradizionale autocorrelazione.
Una ricerca di questo tipo ha preso in considerazione la serie storica delle quotazioni dell'indice Standard & Poor 500 dal primo gennaio 1970 al trenta giugno 1987; sebbene la teoria dei mercati efficienti sostenga che i prezzi seguono il più generale modello della submartingala, la letteratura sull'efficienza debole si è storicamente soffermata sulla verifica del random walk e pertanto anche questa ricerca ha seguito il filone precedente, cercando però di capire come il modello casuale si adatti a serie storiche composte da dati con frequenza più elevata.

     L'ipotesi di random walk viene verificata 6 attraverso due test statistici noti come Box-Pierce Q-test 7 e Dickey Fuller F-test 8 ; la serie di dati utilizzata, comprendente osservazioni mensili, giornaliere e orarie, è suddivisa in due sub-periodi (dal 1970 al 1978 e dal 1979 al 1987), i quali sono a loro volta scomposti in tre ulteriori sub-periodi di tre anni ciascuno.

     L'aspetto che emerge con rilevanza dalle risultanze è il crescente rifiuto dell'ipotesi di random walk con l'incremento della frequenza di rilevazione dei dati 9 ; se con dati giornalieri l'ipotesi è rigettata nei due maggiori sub-periodi così come in molti sub-periodi minori, nel caso di dati orari il rifiuto è netto, essendo indubbio per tutti gli intervalli temporali.
Tutto questo suggerisce evidentemente che l'efficacia dell'analisi tecnica dovrebbe crescere nel momento in cui l'orizzonte temporale di riferimento per l'analisi viene ridotto.

     Un altro aspetto interessante emergente dai risultati è che le deviazioni da un comportamento random dei prezzi nell'ambito dei diversi sub-periodi non è assolutamente uniforme; ad esempio esistono casi di rifiuto particolarmente forte del random walk durante il secondo e terzo trimestre di molte annate, ma sorprendentemente accade l'esatto contrario per il 1971 ed il 1974; sono presenti altri casi analoghi.

     Questa mancata uniformità suggerisce che il processo di generazione della serie di prezzo cambia nel tempo ovvero non è lineare 10 ; tale conclusione è supportata da una crescente quantità di contributi della letteratura in materia, che sostiene appunto la non linearità della classe di modelli che danno origine ai prezzi azionari.

     Il fatto che non sia così ovvio quindi il vero modello sottostante la serie, che invece la teoria dei mercati efficienti assume noto e affermato, costituisce un motivo razionale d'interesse per l'analisi tecnica.
Infatti se gli agenti economici non riescono ad apprendere il vero modello generatore dei prezzi sono necessariamente incapace di elaborare informazioni in modo ottimale; in questo caso la letteratura sul comportamento umano 11 suggerisce che gli operatori saranno indotti ad utilizzare solo un limitato repertorio di azioni conosciute, secondo regole basilari di ridotta complessità.
L'analisi tecnica può essere considerata dunque un insieme popolare di queste strategie.

     Comunque che il diffuso utilizzo dell'analisi tecnica sia il risultato di un gap negativo di competenza oppure no, è indubbiamente evidente dalla ricerca presentata fin qui come il random walk non costituisca una buona approssimazione del vero processo di generazione dei prezzi.


1 Tra i primi contributi sull'analisi dell'autocorrelazione si annoverano: Kendall M.G., The Analysis of Economic Time Series, Journal of the Royal Statistical Society;    Fama E., The Behavior of Stock Market Prices, Journal of Business (1965).
2 Una serie storica di n termini viene interpolata con il polinomio di Fourier ed interpretata come la somma di più sinusoidi di diversa ampiezza; se il fenomeno è di natura casuale, la percentuale della varianza spiegata da ciascuna sinusoide di diversa frequenza deve essere omogenea e lo spettro derivante si approssima ad un segmento orizzontale. Per i necessari approfondimenti si rinvia all'articolo originario di Granger C.W.J. Morgenstern O., Spectral Analysis of New York Stock Market Prices, Kyklos (1964).
3 Già nella prima letteratura si possono peraltro individuare alcune critiche fondate all'ipotesi di random walk.
Ad esempio in Cheng P.L. Deets M.K., Portfolio Returns and the Random Walk Theory, The Journal of Finance (1971), si afferma l'inadeguatezza dei test di autocorrelazione nella determinazione dell'indipendenza stocastica di una serie e si evidenziano alcune strategie che sfruttano con profitto dipendenze nelle quotazioni. Arriva alle stesse conclusioni anche la ricerca di Levy R., Random Walks: Reality or Mith, Financial Analysts Journal (1967).
4 Ad esempio in Taylor S.J., Tests of the Random Walk Hypothesis Against a Price-Trend Hypothesis, Journal of Financial and Quantitative Analysis (1982), si afferma: "The new statistics' empirical values for several U.K. price series prove that the random walk hypothesis is false for the respective markets...".
5 Goetzmann W.N., Patterns in Three Centuries of Stock Market Prices, Journal of Business (1993).
6 Goldberg M. Schulmeister S., Technical Analysis and Stock Market Efficiency, CV Starr Center for Applied Economics, Working Paper New York University, (1988).
7 Questo approccio verifica se la differenza tra il logaritmo del prezzo attuale e il logaritmo del prezzo al tempo t-1 può essere interpretato come white noise. Per approfondire il procedimento statistico utilizzato si veda: Ljung G. Box G. On a Measure of Lack of Fit in Time Series Models, Biometrika (1978).
8 Questo approccio si fonda su un modello di regressione lineare, che presenta il tempo come variabile di tendenza ed un termine definito come white noise. Per approfondimenti su tale procedimento si veda: Dickey D. Fuller W. Likelihood Ratio Statistics for Autoregressive Time Series with a Unit Root, Econometrica (1981).
9 Altri studi confermano che dati a rilevazione intraday sono caratterizzati da una significativa componente nonrandom. Ad esempio Hasbrouck J. Ho T., Order Arrival, Quote Behavior and the Return Generating Process, The Journal of Finance (1987) e Wood R. McInish Ord J., An Investigation of Transaction Data for NYSE Stcoks, The Journal of Finance (1985).
10 A questo proposito si veda per l'evoluzione dei prezzi azionari: Hinich M. Patterson D., Evidence of Nonlinearity in Daily Stock Returns, Journal of Business and Economic Statistics, (1985).
11 Un esempio di questi comportamenti è stato analizzato in Heiner R., The Origin of Predictable Behavior, American Economic Review (1983). La mancata conoscenza del vero modello è considerata un Competence-Difficulty gap; di fronte a tale gap l'agente restringe il proprio comportamento ad un limitato numero di azioni relativamente complesse denominate rules of thumb.