The downside risk on bond market

Paolo Belvederesi Paolo Belvederesi - 10/01/2024 12:33

Lo abbiamo evidenziato molte volte in questa sede: nei mercati finanziari è solo una questione di focus. Nonostante essi stiano diventando sempre più il risultato dell’uso di algoritmi per l’elaborazione e l’interpretazione delle informazioni, il movimento delle asset class dipende sempre da dove si sposta il focus. E se il focus è sulla politica monetaria più accomodante (o meno restrittiva) delle banche centrali, tutto va bene, ma se esso inizia a spostarsi sulle problematiche relative all’eccessivo indebitamento delle nazioni sviluppate, alle necessità di cassa, all’aumento dei deficit di bilancio e alle necessità impellenti di coprire tali buchi, allora le cose possono cambiare.

Nel giro di poche settimane i governi di USA, UK e della zona euro, riverseranno sul mercato obbligazionario una valanga di carta. Parliamo di 2.1 trillioni di USD di nuove emissioni governative dirette a finanziare i rispettivi piani di spesa, che, in media, registrano un incremento del 7% rispetto all’anno precedente.

E in un mercato efficiente, quando l’offerta aumenta e la domanda potenziale rimane ferma, i prezzi scendono. Detta in modo differente, possiamo dire che, in assenza del compratore marginale delle banche centrali, protagoniste di miliardi di acquisti di bond negli ultimi 15 anni, ora è il mercato che detterà le sorti dei rendimenti e essi saranno destinati a salire per stimolare la domanda, per far si che essa sia in grado di assorbire tutta l’offerta programmata.

E questo sarà solo una questione di tempo.

Tra poco il focus inizierà a spostarsi dalle banche centrali all’offerta di titoli di stato. Se ora i rendimenti dei bond si muovono in base alle aspettative del mercato in merito alle future mosse della FED e BCE in tema di tassi, con il passare delle settimane, essi saranno sempre più influenzati dalle dinamiche delle aste, da dati come il bid to cover e dai rendimenti impliciti prezzati sul mercato primario.

Eh, si perché’ i tempi sono cambiati rispetto a qualche anno fa. Non siamo più in tempi pandemici in cui FED e BCE compravano bond come se fossero pop corn al cinema.  I livelli di indebitamento delle nazioni sviluppate sono lievitati negli ultimi 20 anni. Essi sono passati in media al 112% del PIL contro un dato al 75% di due decadi fa. I dati sui deficit di bilancio non sono rassicuranti. Essi mostrano una situazione particolarmente critica per gli Stati Uniti e per la Gran Bretagna nei prossimi anni. Entrambi questi stati sono a forte rischio di aumento dei rendimenti dei bond nel corso del 2024 proprio a causa dell’elevatissimo stock di emissioni che deve essere immesso sul mercato.

Entrambi gli stati hanno poi un rischio elettorale da gestire, rischio che potrebbe spingere i rendimenti ancora piu’ in alto qualora in sede di campagna elettorale vengano fatte promesse particolarmente generose in tema di spesa pubblica.

 

Tutto questo si traduce in una possibile pressione al rialzo sui rendimenti, pressione che coinvolgerà una o l’altra parte della curva dei rendimenti a seconda di come il Tesoro UK e USA deciderà di allocare le emissioni.

 

Nel frattempo, sul mercato monetario (treasuries a 1-2 anni) si sta assistendo ad un progressivo processo di unwind e di hedging delle posizioni a favore di una imminente discesa dei tassi. Chi aveva scommesso su tassi più bassi sta coprendo le posizioni attraverso l’acquisto di opzioni put in vista dei dati sui CPI e PPI attesi a breve. Il grosso delle posizioni è costruito sullo strike 95 per la scadenza di marzo.

 

I fondi hedge stanno progressivamente chiudendo le posizioni sui futures sui SOFR (Secured Overnight Financing Rate), posizioni che scommettevano su tassi in discesa. Trattasi della terza settimana consecutiva di chiusure.

 

Ma le coperture tramite PUT riguardano anche il mercato dei Treasuries a 10 anni. Su questa scadenza l’attività di copertura si sta concentrando sulla copertura del rischio di rialzi sopra la soglia del 4.10% di rendimento. Il grosso dell’open interest è concentrato sulla put strike 111.5 che corrisponde all’incirca a quel livello di rendimento.

 

E segnali di “normalizzazione” arrivano anche dalla skew delle opzioni che evidenzia una minore propensione degli operatori a comprare call sui Treasuries a favore di put sullo stesso strike. Ora il mercato è più neutrale. La skew è tornata a livelli neutrali ad indicare che ora l’acquisto di put e l’acquisto di call sono più bilanciati. Non c’è più la corsa all’oro a cui abbiamo assistito nell’ultima parte del 2023.

 

 

In sintesi, il focus si sta progressivamente spostando dal rischio upside al rischio downside e con esso anche il posizionamento degli operatori. Questo ci porta a pensare che nei prossimi mesi non mancheranno le occasioni per acquistare i bond a rendimenti più interessanti. Basta avere un po’ di pazienza.

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