Storie di Campioni: intervista a Remo Mariani

Ascanio Leandro Strinati Ascanio Leandro Strinati - 24/02/2016 14:50

Conosco Remo Mariani da qualcosa come 18 anni e senza mezzi termini lo considero uno dei migliori in assoluto. Remo ha dato corpo al concetto di trading come attività imprenditoriale. Ha riunito un gruppo di lavoro (dei soci a tutti gli effetti), ha investito del denaro (e non poco), redige budget e consuntivi, stende piani a breve, media e lunga scadenza. Il suo introito deriva in toto dal gain dei mercati.

A ben vedere il migliore punto di approdo in questo folle, bellissimo, maledetto mestiere. L’alternativa è la gestione che però come dice lo stesso Remo: “…è un altro mestiere. Ci sono i clienti e tutto quello che ne deriva”.

Volete sapere com’è Remo? Eccovi due elementi esemplificativi.

Correva il ’99/2000: “Certo, Remo, che quando ti ho conosciuto, a giudicarti dal colbacco sopra l’espressione di eterna meraviglia, non t’avrei dato un gran credito”.

Risposta: “Intanto grazie di esserci andato piano, io avrei detto di peggio. Il colbacco è un retaggio della mia attività ai mercati (ortofrutticoli). Primo tiene calda testa ed orecchie e quando si lavora al mattino presto è un bene, poi torna utile quando la tua controparte ti considera un po’ tonto. Di solito quando si accorge dell’errore non solo è tardi ma neppure si arrabbia. In fondo è colpa sua averti sottostimato”.

Una delle frasi preferite: “E’ più furbo il furbo o chi conosce il furbo?”

Questa la cifra dell’uomo: la differenza tra modestia ed insicurezza, la grande capacità di giudicare persone e situazioni e la dedizione al lavoro, qualsiasi esso sia. Se c’è una nota stonata in quest’ultima chiacchierata che ci siamo fatti è una sorta di stanchezza, neppure troppo dissimulata.

Remo: “Vedi Ascanio, come sai ho iniziato ad interessarmi di trading nel ’98 e quasi da subito ho capito che poteva diventare, almeno per me, il mestiere più bello del mondo. Nel 2001 ho trovato il coraggio di vendere l’azienda di famiglia e dedicarmici full time. Onestamente posso solo dirmi contento della scelta fatta. Ho guadagnato bene, mi sono dedicato ad una cosa estremamente appassionante, ho conosciuto gente in gamba e non ultimo ho potuto stringere i sodalizio con Edoardo e Carlo (Carlo Chiapponi e Edoardo Ciotti, nda). Inoltre il poter spaziare, come ho fatto, su tanti diversi mercati e strumenti è una cosa davvero importante per tenere viva la mente e la curiosità. Per non parlare poi di alcuni frangenti molti duri per la mia famiglia in cui praticamente qualsiasi altro mestiere sarebbe stato improponibile, aggiungendo quindi problema su problema”.

D: Certo, la tua è la classica bella storia di successo, di quelle che mettono ottimismo.

Remo: “Non so come andrà a finire ma certo è stata molto bella”

D: “Al passato?”

Remo: “Ultimamente mi sto ponendo diverse questioni, anche con i miei soci.”

D: “Ad esempio?”

Remo: “Le tasse tanto per cominciare. Il buon senso suggerirebbe che delle due l’una: o hai un’aliquota forfettaria molto competitiva oppure applichi la tassazione sull’effettivo guadagno, quindi scaricando le spese. Vogliamo poi parlare di tutti gli altri balzelli annessi e connessi? No guarda, sotto il profilo fiscale non ci siamo davvero più. A questo aggiungi che i margini di guadagno si sono davvero ridotti.”

D:” Sulle tasse è difficile darti torto ma i rendimenti, visto che operi ormai da anni sull’obbligazionario, dipendono molto dall’appiattimento dei tassi. In primis potresti tradare altri mercati e poi i tassi non saranno a zero per sempre”

Remo: “Non è così semplice. Intanto ci ho / ci abbiamo provato. Commodities, Opzioni, Trading System, etc etc. Semplicemente è davvero molto difficile tenere il rischio sotto controllo su masse importanti come quelle che muoviamo noi. Poi c’è un problema davvero ineludibile: il tempo. Sto invecchiando. Questo influisce sia sul rendimento che sull’attitudine ad intraprendere”.

D: “A dirtela tutta mi sembra che stiamo girando attorno al vero problema”

Remo: “Forse hai ragione. Se proprio devo dirtela tutta sento una certa disillusione generale. Forse saranno discorsi da vecchio (d’altronde che sto invecchiando te l’ho già detto) ma a me sembra che si sia perso lo spirito. Tante aspettative, magari verso colleghi blasonati, disattese, un complessivo sentimento di ostilità verso questa professione. Più di tutto però sento la mancanza di quello spirito pionieristico dei primi tempi. Agli albori eravamo tutti dalla stessa parte. Ad esempio il broker era quello che ti aiutava a battere il mercato, oggi è quello che sembra non avere altro scopo che complicare la vita al cliente con regole, moduli e codicilli.

Ti dico la verità: oggi se uno dei miei figli me lo chiedesse forse gli direi che è un mestiere da cui stare alla larga.”


Intervista a cura di A.L. Strinati
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