Patrimoniale e prelievo forzoso: scopri come difenderti!

Gabriele Bellelli Gabriele Bellelli - 08/05/2020 10:55

In questo momento in Italia uno dei temi più caldi e che disturba il sonno dei risparmiatori è l’incubo di “tassa patrimoniale” o di un “prelievo forzoso”.

In questo articolo ti spiegherò

? che cosa è una imposta patrimoniale e quali forme può assumere

? quali sono stati i precedenti storici

? se il pericolo di una tassa patrimoniale è reale e imminente

? come difendersi: analizziamo insieme ogni soluzione e ogni prodotto finanziario per verificarne l’impatto sia in caso di prelievo forzoso che di imposta patrimoniale

? quali sono i prodotti finanziari che dovrebbero essere esclusi da una eventuale imposta patrimoniale

? quali altre soluzioni potrebbe adottare lo Stato come alternativa ad una imposta patrimoniale come è delineata nell’immaginario collettivo

? quando attivarsi per mettere in sicurezza il tuo patrimonio e i tuoi sudati risparmi

Partiamo dalle basi, spiegando “che cosa è una imposta patrimoniale?”

Una patrimoniale costituisce una imposta straordinaria che va a colpire il “patrimonio” (e quindi non il “reddito”) costituito sia dai beni mobiliari (conto corrente, deposito titoli, azioni, obbligazioni, titoli di stato, fondi di investimento, ETF ed ETC, gestioni patrimoniali, conti deposito, certificates) che dai beni immobiliari (abitazione, prima casa, seconda casa, negozi, magazzini, capannoni…) sia di persone fisiche che persone giuridiche (ditta individuale, SRL, ente, associazione, cooperativa..).

Questa imposta può essere sia ad importo fisso che variabile e potrebbe contenere una qualche forma di esenzione oppure una franchigia (ad esempio potrebbe prevedere una soglia minima di patrimonio, sotto la quale l’imposta non si applica).

Entrando nel dettaglio, per dare un quadro ancora più completo ed esaustivo, una imposta patrimoniale può essere “soggettiva”, quando si applica all’intero patrimonio e quindi sia ai beni mobiliari che immobiliari, oppure “reale”, quando si applica ad una specifica componente del patrimonio.

L’esempio tipico di imposta “reale” è il prelievo forzoso che si applica in modo specifico alla liquidità detenuta sul conto corrente.

Allo stesso tempo, una imposta patrimoniale può essere “ordinaria”, quando l’imposta è strutturale e viene applicata in modo sistematico ogni anno, oppure “straordinaria”, quando viene applicata in via del tutto eccezionale “una tantum” per fare fronte ad una situazione di emergenza.

Infine una imposta può essere applicata attraverso una misura “fissa”, quando l’importo è uguale per tutti i contribuenti, oppure “variabile”, quando invece l’importo varia in base al patrimonio del contribuente.

La domanda che probabilmente ti stai ponendo in questo momento è “in Italia ci sono stati dei precedenti storici? Qualche governo del passato ha già varato una patrimoniale?

In tema di precedenti storici la nostra mente non può volare nel lontano 1992, esattamente nella notte tra il 9 e il 10 luglio, quando il governo Amato varò una imposta patrimoniale “reale”, sotto forma di prelievo forzoso nella misura dello 0,60% sul denaro depositato sul conto corrente.

Per darti un’idea concreta, su un conto corrente di 100 mila euro, un prelievo dello 0,60% si traduce in 600 euro.

Dal punto di vista di un governo, un prelievo forzoso è una soluzione che permette di ottenere immediatamente, in modo veloce, del denaro cash, utile a rinforzare le finanze di uno Stato.

Da questo punto di vista, si deduce facilmente che si tratta di una soluzione che in genere ha carattere di urgenza e viene adottata solo in situazione di estrema emergenza, in pratica quando uno Stato è alla canna del gas e sul precipizio di un default.

Invece dal punto di vista di un risparmiatore, si tratta di una manovra che viene percepita come invasiva, quasi come una violenza fisica.

Non è un caso che, nonostante siano passati quasi 30 anni, il prelievo forzoso e Amato siano ancora ben presenti nella mente del risparmiatore italiano.

A questo punto probabilmente ti starai chiedendo “In Italia il pericolo di una tassa patrimoniale è davvero reale e imminente?”.

Allora, non giriamoci intorno, l’Italia ha un problema grave che si chiama “debito pubblico”.

È un problema cronico che l’Italia si porta dietro ormai da tanti anni e che in questo periodo, per far fronte all’emergenza Coronavirus sia dal punto di vista sanitario che economico, è destinato ad aumentare in modo consistente.

Per darti un’idea concreta, le stime del rapporto debito/PIL indicano una soglia di arrivo in area 150-160%.

Probabilmente non ti sarà sfuggito il numero dei politici italiani ed esteri (sono nostri creditori e quindi è normale che siano ben focalizzati nel verificare e nel sincerarsi della solvibilità dello Stato italiano) che ipotizzano forme di patrimoniale.

In Europa sanno benissimo che in Italia la mole di ricchezza, intesa come risparmio privato, è elevata ed è una delle più elevate del mondo.

Allo stesso tempo quante volte nel corso degli ultimi anni hai sentito un politico italiano citare frasi come “l’Italia ha un alto debito pubblico ma una grande ricchezza privata” oppure “debito pubblico e ricchezza privata sono due tasche dello stesso vestito; non puoi guardare in una tasca ignorando l’altra”.

Non ultima la frase del presidente del consiglio Conte che nei giorni scorsi ha dichiarato “il nostro debito pubblico rimane sostenibile, nel quadro di un risparmio privato molto cospicuo”.

In un contesto di questo tipo, comprendi facilmente come ipotizzare una imposta patrimoniale, finalizzata a spostare la ricchezza privata nelle tasche dello Stato per ridurre il debito pubblico, non sia certamente una idea campata per aria.

Personalmente ritengo che oggi in Italia ci siano le condizioni economiche per adottare una patrimoniale ma, al tempo stesso, ritengo che non ci siano invece le condizioni sociali e politiche.

È vero che il debito pubblico è elevato e in forte aumento, ma è altrettanto vero che stiamo vivendo una situazione di forte stress sia a livello emotivo che finanziario, con la chiusura forzata e prolungata per un paio di mesi di molte attività economiche.

Se fossimo in un mondo razionale, in questo momento un governo dovrebbe pensare a come mettere il denaro nelle tasche degli italiani in modo che inizino a vedere la luce in fondo al tunnel, che ritrovino speranza e riprendano i consumi in modo da far ripartire l’economia.

In questo preciso momento quindi, dovessi scommettere, punterei sul fatto che non ci sia né un prelievo forzoso e neanche una patrimoniale.

Non è una certezza ovviamente, ma se fossi un politico agirei in questo modo.

Purtroppo però lo scenario cambia se si ragiona in prospettiva futura…

Quando infatti le acque si saranno calmate e l’economia si sarà ripresa, o quantomeno risollevata, ritengo invece che in quel momento, lo Stato avrà una forte necessità di abbassare il proprio debito pubblico per cui è da mettere in conto che in quel momento assisteremo ad un aumento delle imposizioni fiscali.

Se mai ce ne fosse stata necessità, nei giorni scorsi l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha sostenuto che “una volta che sarà tornata una qualche sorta di normalità, serve un piano credibile per la riduzione del debito pubblico italiano”.

Sintetizzando al massimo, potremmo dire che la patrimoniale non è questione del “se” ma del “quando”.

In quest’ottica è saggio iniziare subito a porsi il problema in modo da poter valutare e pianificare per tempo le eventuali soluzioni e la messa in sicurezza del proprio patrimonio.

 

 

Immagino infatti che nella tua testa in questo momento stiano girando 2 domande “quali saranno i beni su cui lo Stato applicherà la patrimoniale?” e “come posso fare per proteggere il mio patrimonio da una patrimoniale o da un prelievo forzoso?”.

Per rispondere a questi temi, è opportuno partire da un dettaglio che non viene mai sottolineato ma che, come vedremo più avanti nel corso di questo video, è determinante.

Devi infatti sapere che attualmente in Italia sono già in vigore numerose patrimoniali:

-imposta di bollo sul conto corrente.

-imposta sul deposito titoli che ammonta allo 0,20% del controvalore del deposito titoli, fotografato al 31 dicembre di ogni anno.

-imposta sugli immobili, con esclusione della prima casa, a patto che non sia classificata come “di lusso”

-tasse di successione: le imposte di successione sono tecnicamente una patrimoniale, anche se in questo caso si applicano solo una vola nella vita, nel momento in cui il “de cuius” passa a miglior vita e il suo patrimonio si trasferisce agli eredi.

In questa sede tralascio su altre patrimoniali “minori” attualmente attive in Italia, come il bollo auto.

A ben vedere quindi, in realtà, oltre che al “quando”, il problema è anche il “come” potrebbe essere applicata una imposta patrimoniale.

La domanda in questo caso è “come posso difendermi da una tassa patrimoniale?”

La domanda è semplice, purtroppo la risposta è complessa….

La difficoltà della risposta risiede nel fatto che un’eventuale imposta patrimoniale è a tutti gli effetti una decisione politica per cui la risposta è in funzione di come il governo potrebbe declinarla.

Senza conoscere la decisioni del governo è infatti impossibile comprendere su quali beni sarà applicata e, contemporaneamente, quali beni o prodotti finanziari saranno esenti.

Quello che possiamo, e che dobbiamo, fare, è avanzare delle ipotesi e studiarne le possibili contromisure.

Ti anticipo che purtroppo ci sono poche possibilità di scampare ad una patrimoniale, perché i margini di manovra sono limitati e angusti, mentre invece ci sono maggiori possibilità di riuscire ad evitare un eventuale prelievo forzoso sui conti correnti.

Sintetizzando al massimo, lo approfondiremo nelle prossime righe, se lo Stato punta alla liquidità presente sul tuo conto corrente, attraverso un prelievo forzoso, la soluzione è quella di non fare trovare allo Stato il denaro sul tuo conto corrente.

Questo significa lasciare cash sul conto corrente solo un ridotto importo monetario che ti serve giusto per affrontare le spese della vita quotidiana.

A parole la soluzione è semplice, la sua realizzazione è un po’ più complicata, come vedremo tra un paio di minuti, quando ne descriveremo le criticità e gli aspetti delicati a cui porre molta attenzione quando si desidera far scomparire il denaro dal conto.

Adesso cerchiamo di comprendere quali sono le possibili soluzioni a difesa dei tuoi risparmi

Passiamo quindi in rassegna numerose soluzioni e tutti i principali prodotti finanziari per cercare di capire quali sono i punti di forza e di debolezza sia in caso di prelievo forzoso che di patrimoniale.

Partiamo dalla soluzione indubbiamente più efficiente ma anche da quella meno applicabile purtroppo per la maggioranza dei risparmiatori italiani.

Questa soluzione si chiama “residenza fiscale estera” e consiste nello spostare la propria vita e la propria fiscalità all’estero.

L’esempio classico è la Svizzera, che rappresenta un territorio fuori dall’Unione Europea, ma se si preferisce restare in clima europeo oppure si preferisce il sole e il mare, le soluzioni più gettonate sono Malta, Cipro o le isole canarie… ovviamente nulla vieta di optare per altre mete, come Londra o una città americana.

I punti di forza di questa soluzione sono due.

Il primo aspetto positivo è che si tratta di una soluzione assolutamente legale e lecita.

Il secondo punto di forza è che si tratta di una soluzione efficiente per evitare completamente sia il prelievo forzoso che una imposta patrimoniale dello Stato italiano.

Purtroppo però non mancano gli aspetti critici, che sono indubbiamente numerosi e riguardano sia la parte pratica che sentimentale:

-occorre davvero trasferirsi fisicamente all’estero e rimanervi per almeno 183-184 giorni all’anno, anche se in modo non continuativo

-soluzione da pianificare nei dettagli, facendosi aiutare da un commercialista esperto, perché il rischio di “estero vestizione” e di incappare in problemi con il fisco italiano sono elevati, se non si compiono tutti i passaggi in modo corretto e legale

-occorre trasferire conto corrente e deposito titoli interamente all’estero

-è saggio evitare di detenere in Italia immobili in proprietà, abitazioni in affitto o possedere conti correnti e deposito titoli in banche con sede in Italia

-è saggio portare all’estero con se stessi anche la propria famiglia (moglie/marito, figli…)

Tra gli aspetti negativi, segnalo anche la necessità di rimettersi in gioco, imparare una nuova lingua, ricrearsi una cerchia di amicizie e probabilmente ricostruirsi una carriera lavorativa…

Si tratta indubbiamente una scelta di vita, io conosco numerose persone che l’hanno effettuata e che sono soddisfatte, ma dal mio punto di vista questa soluzione può valere la pena solo in due casi.

Il primo caso è quello di un risparmiatore che, adottando questa soluzione, otterrebbe un risparmio economico notevole e questo significa che il suo patrimonio è almeno almeno di alcuni milioni di euro.

Mi spiego con un esempio: se un risparmiatore mette in atto questa soluzione per risparmiare 5-10.000 euro di patrimoniale, probabilmente non sta compiendo una scelta saggia.

Il secondo caso è la persona che decide di trasferirsi per dare migliori opportunità di vita ai propri figli: qui esuliamo dal discorso economico, ma se ci pensi la generazione di chi oggi ha dai 20 ai 40 anni è chiamata a compiere una scelta straziante.

Il dilemma è tra “resto in Italia e faccio un torto a mio figlio, che costringo a vivere in un paese di progressivo degrado e senza possibilità concrete di risollevarsi, oppure vado all’estero e faccio un dispetto ai miei genitori, che quando avranno bisogno di assistenza non potranno contare sul mio aiuto?”.

Se ci si focalizza al futuro dei propri figli, la soluzione estera potrebbe assumere una connotazione senza dubbio logica e positiva.

Una seconda soluzione consiste nell’aprire un conto corrente all’estero.

Questa soluzione è ovviamente collegata anche al trasferimento all’estero del deposito titoli.

L’esempio classico è il conto corrente in Svizzera: basta attraversare il confine, andare in una delle prime città come Mendrisio o Lugano.

Oltretutto per aprire un conto corrente nel Canton Ticino non c’è neanche il problema della lingua perché si parla italiano e anche i contratti sono in italiano.

Partiamo da un concetto che deve assolutamente essere chiaro a tutti: detenere denaro all’estero è assolutamente lecito e legale, ovviamente a patto che si rispetti l’obbligo di dichiararlo al fisco italiano, compilando gli appositi spazi all’interno dichiarazione dei redditi.

L’obbligo della dichiarazione scatta al superamento della cifra di 9.900 euro, sotto questo importo non c’è l’obbligo di indicare la detenzione nella dichiarazione dei redditi.

In ogni caso, io ti consiglio di dichiarare ogni importo, anche inferiore ai 9.900 euro, la prudenza in ambito fiscale è sempre consigliabile.

Mi raccomando, evita accuratamente chi ti propone di aprire conti cifrati in paradisi fiscali, chi ti consiglia numerosi sotterfugi o chi si spaccia per un novello spallone… nella migliore delle ipotesi non vedrai più indietro il tuo denaro, nella peggiore avrai anche parecchi problemi con il fisco.

Non ho alcun dubbio nel consigliarti di rispettare alla lettera la legge, il tempo dei paradisi fiscali è terminato e chi si avventura in queste soluzioni avrà più problemi che benefici.

Detto questo, l’aspetto che mi preme sottolineare di questa soluzione è che non risolverà né il problema di un prelievo forzoso né di una patrimoniale.

È assolutamente improbabile che il governo si dimentichi del denaro depositato all’estero e regolarmente dichiarato nella dichiarazione dei redditi.

L’eventuale prelievo o patrimoniale sarebbero solo rimandati di qualche mese.

È infatti vero che lo Stato non può mettere direttamente la mano dentro un conto estero, ad esempio svizzero, ma è altrettanto vero che oggi grazie alla trasparenza bancaria, lo stato conosce l’esistenza e l’ammontare sia del conto che del deposito titoli per cui il prelievo sarà differito alla prossima dichiarazione dei redditi.

Morale della favola, il conto corrente e il deposito titoli esteri non sono una garanzia per evitare patrimoniale o un prelievo forzoso.

A questo occorre sottolineare come spesso sia necessario recarsi fisicamente all’estero per aprire un conto e come spesso i costi delle banche estere siano decisamente più elevati di quelli delle banche italiane.

Detto questo, un conto estero potrebbe essere utile piuttosto in tema di diversificazione e di riduzione del rischio, soprattutto per i risparmiatori che hanno un patrimonio di un discreto ammontare.

Se un investitore teme per la solvibilità dello Stato e per la sicurezza del sistema bancario italiano o, peggio ancora, teme un ritorno alla Lira, ecco che un conto estero può indubbiamente essere una soluzione utile per diversificare e diminuire il rischio.

In realtà servono anche altri accorgimenti ma te li descriverò in un apposito video che registrerò a breve e che potrai trovare sul mio canale Youtube.

Per chi desidera diversificare su banche estere, in particolare focalizzandosi sulla gestione del conto corrente e delle carte di credito, ma senza doversi necessariamente recare all’estero per aprire il conto, segnalo la tedesca N26 o la banca olandese BUNQ.

Una terza soluzione consiste nel rifugiarsi nel caro vecchio “denaro in contanti”.

Partiamo dal concetto che prelevare e detenere denaro in contanti è assolutamente lecito e legale.

Nella teoria questa soluzione è efficiente per evitare un prelievo forzoso e per evitare, o cmq limitare, l’incidenza di una imposta patrimoniale.

Nella pratica però ci sono degli aspetti e delle criticità che occorre considerare prima di implementare questa soluzione.

Il primo aspetto è che oggi i prelievi attirano le attenzioni del fisco italiano, soprattutto oltre i 10 mila euro a causa delle norme “anti riciclaggio, anti usura…”.

Il secondo aspetto a cui fare attenzione è la custodia in un luogo sicuro del contante.

Io eviterei di tenere cifre importanti in casa, anche se ben nascoste.

Il terzo aspetto consiste nelle modalità con cui un domani andare a reinserire il denaro sul conto corrente, senza rischiare di attirare le attenzioni e gli accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate o della Guardia di Finanza.

Il quarto aspetto è pratico: se l’importo da prelevare è limitato, qualche migliaia i euro, può essere una soluzione da valutare ma se si tratta di prelevare 40-50 mila euro, oppure cifre anche decisamente superiori, non la vedo una soluzione particolarmente efficiente e saggia.

Una quarta soluzione, che viene spesso ipotizzata, è quella dell’assegno circolare, ovviamente non trasferibile e intestato a se stessi.

Personalmente non ritengo che questa soluzione sia efficiente per evitare un prelievo forzoso o una patrimoniale.

Il principale motivo del mio scetticismo deriva dal fatto che il governo potrebbe benissimo inserire nella manovra anche l’importo degli assegni circolari emessi ma non ancora incassati.

Da questo punto di vista non c’è infatti nessuna certezza che gli assegni circolari siano esentati in caso di patrimoniale.

Inoltre occorre considerare il problema della scadenza dell’assegno, della custodia e, in un futuro, la problematica di reimmettere il denaro sul conto corrente, senza rischiare accertamenti da parte del fisco.

Una quinta soluzione consiste nel depositare in una “cassetta di sicurezza” il denaro detenuto sul conto corrente, oppure frutto della vendita di prodotti detenuti nel deposito titoli.

Anche in questo caso, occorre distinguere tra teoria e pratica.

Nella teoria, potrebbe essere una soluzione efficiente per evitare un prelievo forzoso oppure una imposta patrimoniale.

Ma nella pratica ci sono indubbiamente degli elementi da tenere in considerazione.

In primo luogo, quando si preleva il contante dal conto corrente, si corre il rischio di una segnalazione all’Agenzia delle Entrate, come abbiamo visto pochi minuti fa.

In secondo luogo occorre tenere in considerazione che una cassetta di sicurezza è un bene tracciato, non nei contenuti ma nel possesso e negli accessi, per cui la Guardia di Finanza o l’Agenzia delle Entrate potrebbero chiederti informazioni sul contenuto, soprattutto un domani quando dovrai depositare nuovamente il denaro sul conto corrente e sarai chiamato a dimostrarne e giustificarne la provenienza di quel denaro.

pronti contro termine non sono una soluzione che ritengo interessante da valutare.

In primo luogo non c’è nessuna evidenza che permettano di evitare un prelievo forzoso o una imposta patrimoniale.

Dal mio punto di vista, in caso di patrimoniale, saranno coinvolti anche i pronti contro termine.

In secondo luogo considera che i PCT in genere hanno dei vincoli di durata e in più ti espongono al rischio di default dell’emittente, con cui l’hai stipulato.

Il conto deposito è una forma di parcheggio di liquidità simile, ma non uguale, al conto corrente.

Forse un conto deposito potrebbe scampare ad un prelievo forzoso ma non scampa sicuramente all’imposta patrimoniale, dal momento che già adesso gli importi monetari investiti in un conto deposito sono gravati dall’imposta annuale dello 0,20% che si applica al controvalore del deposito titoli.

Il “libretto postale” è un prodotto finanziario emesso da Cassa Depositi e Prestiti e garantito dallo Stato italiano per cui è un libro aperto per lo Stato.

Personalmente ritengo che non sia una soluzione utile per proteggersi da un prelievo forzoso o da una patrimoniale.

Gli strumenti monetari, come gli ETF o i fondi comuni di investimento che investono in obbligazioni, generalmente titoli di stato, con scadenza breve e inferiore ai 12-18 mesi, permettono di evitare un prelievo forzoso.

Purtroppo non permetteranno di evitare una patrimoniale dal momento che, essendo contenuti all’interno del deposito titoli, già adesso sono gravati dall’imposta annuale dello 0,20%.

Investire in titoli di stato italiani permette di sottrarre denaro al conto corrente per cui aiuta ad evitare un prelievo forzoso ma purtroppo non evita una patrimoniale.

Già adesso i titoli di stato sono contenuti all’interno del deposito titoli, per cui già adesso sono gravati dalla patrimoniale annuale dello 0,20% che si applica al controvalore del deposito titoli.

Qualche commentatore economico ipotizza che in caso di “patrimoniale una tantum” i titoli di stato potrebbero essere esentati dall’applicazione della tassa: è plausibile che il governo possa valutare questa ipotesi ma non mi pare che sia una strada facilmente percorribile dal punto di vista giuridico e costituzionale.

Sarei quindi cauto a sostenere che i titoli di stato saranno esentati da un’eventuale patrimoniale “una tantum”.

Le obbligazioni corporate, e cioè emesse da aziende private (Eni, Fiat, Unicredit…), permettono di evitare il prelievo forzoso ma rientrano sicuramente all’interno del perimetro di una patrimoniale, anche perché già adesso subiscono l’imposta annuale dello 0,20% sul deposito titoli.

Attenzione che se non si seleziona con cura l’emittente, si corre il rischio di incappare in un default con la conseguenza che per evitare una patrimoniale, si perde una cifra superiore, effettuando un investimento sbagliato.

Se si investe in azioni, oppure in ETFETC o fondi di investimento, si può evitare il prelievo forzoso ma non si evita la patrimoniale.

Già adesso tutti questi prodotti finanziari sono gravati dall’imposta di bollo annuale dello 0,20% sui depositi titoli.

Inoltre anche in questo caso il rischio è quello di passare dalla padella alla brace: per non pagare la patrimoniale si rischia di perdere una cifra superiore investendo nelle azioni o negli ETF sbagliati.

L’oro fisico è teoricamente una soluzione utile per evitare un prelievo forzoso, dal momento che riduce la liquidità disponibile dal conto corrente.

Potrebbe essere anche una soluzione per diversificare il portafoglio.

Non è invece automatico che protegga da una patrimoniale: se infatti acquisti l’oro “finanziario”, ossia acquisti un ETC che investe nell’oro fisico, questo prodotto confluisce nel deposito titoli che già adesso è gravato dall’imposta dello 0,20% per cui già adesso è colpito da una patrimoniale.

Diverso invece il discorso se acquisti dell’oro fisico, inteso come monete o lingotti: in questo caso infatti, è possibile evitare la patrimoniale ma occorre considerare alcuni aspetti che devi conoscere prima di effettuare questo passaggio.

Primo aspetto: occorre prestare attenzione alla quantità di oro che si acquista, che deve essere una percentuale contenuta dell’intero portafoglio finanziario.

Impossibile stabilire una percentuale valida per ogni investitore, dal momento che si tratta di un dato soggettivo e che dipende dalla personale pianificazione finanziaria, ma in linea generale direi che la soglia del buon padre di famiglia dovrebbe essere compresa entro un 5-10% del portafoglio finanziario.

Secondo aspetto: occorre prestare attenzione alla “qualità” dal momento che sono frequenti i casi di frodi sia come monete contraffatte, soprattutto se hanno un valore anche numismatico, che come falsi lingotti composti da anime di tucsteno, che ha un peso specifico simile all’oro, ma con l’esterno placato da una leggera platina d’oro.

Se desideri percorrere la strada dell’oro fisico, ti consiglio di rivolgerti esclusivamente a società serie, come ad esempio Italpreziosi, oppure valuta di farti guidare da un consulente di tua fiducia, onde evitare qualche fregatura, che ti garantisco che in questo settore è sempre dietro l’angolo, se non si è esperti.

Ricorda che gli acquisti che vengono effettuati per un controvalore monetario uguale o superiore a 12.500 euro, devono essere dichiarati all’UIF (Unità di Informazione Finanziaria) in base alle regole dell’antiriciclaggio per cui in questo caso l’oro in tuo possesso è conosciuto dallo Stato italiano.

Ovviamente c’è un piccolo trucco, è sufficiente effettuare una serie di acquisti, ciascuno con un importo monetario inferiore alla soglia oltre la quale occorre effettuare la comunicazione (12.500 euro) per evitare di doverlo dichiarare e di farlo sapere allo Stato.

In realtà questa è una mezza verità perché, dando per scontato che l’acquisto avvenga attraverso un bonifico bancario, la movimentazione è tracciata.

Se si vuole limitare al massimo il rischio, sarebbe opportuno saldare in contanti ma non è certamente semplice, se si desidera acquistare determinati controvalori monetari.

Terzo aspetto: occorre studiare attentamente la custodia in modo da evitarne il furto.

In quest’ottica è necessario considerare anche i costi di custodia, di una cassetta di sicurezza o di una qualche forma di assicurazione.

Quarto aspetto: l’oro fisico tende ad essere un bene poco liquido.

Questo significa che quando vuoi acquistarlo, c’è la fila per vendertelo mentre invece, quando andrai a venderlo, dovrai fare i conti con pochi acquirenti, prezzi tirati e spread denaro-lettera elevato.

Quinto aspetto: considera che l’oro non paga cedole periodiche, non è come le obbligazioni o come le azioni che staccano il dividendo, per cui se il tuo obiettivo finanziario è di ottenere entrate periodiche, forse l’oro non è una soluzione efficiente per realizzare il tuo obiettivo finanziario e per il tuo portafoglio.

Detto in altre parole, magari eviti la patrimoniale, ma inserisci all’intero del portafoglio un prodotto inefficiente per soddisfare il tuo obiettivo finanziario.

Sesto aspetto: l’oro potrebbe deprezzarsi per cui potresti passare dalla padella alla brace, ossia il deprezzamento potrebbe essere superiore all’importo della patrimoniale che risparmi.

Se l’oro può avere un ruolo all’interno di un portafoglio, al contrario i diamanti sono sicuramente un prodotto da evitare.

I recenti fatti di cronaca hanno evidenziato numerosi aspetti negativi di questa forma di investimento.

In questo video mi limito a citare la scarsa trasparenza e la mancanza di oggettività nella determinazione del prezzo, la scarsissima liquidità per cui è decisamente complicato riuscire a rivenderli, oltretutto all’atto della vendita sono frequenti commissioni anche del 10-15% del controvalore.

Sintetizzando al massimo, i rischi sono decisamente superiori al potenziale beneficio di non pagare un prelievo forzoso o una patrimoniale per cui non c’è bisogno di aggiungere altro, sono una soluzione da evitare.

Acquistare Bitcoin o altre critovalute permette di evitare un’eventuale patrimoniale o un prelievo forzoso.

Al momento le criptovalute sono un asset poco controllabile da parte dello Stato, e questo è positivo per proteggersi dalle imposte, ma al tempo stesso sono un asset decisamene molto volatile per cui il rischio di perdere denaro a causa della svalutazione del Bitcoin è superiore al potenziale beneficio di evitare una patrimoniale.

Con il termine collezionismo mi riferisco a soluzioni come “orologi”, “francobolli”, “vino”, “auto” oppure “monete”.

In realtà possiamo far rientrare in questa fattispecie anche “arte” e “gioielli”.

Oggi numerosi commentatori suggeriscono di acquistare oggetti da collezione.

Nella teoria questa soluzione permette di evitare un prelievo forzoso o una patrimoniale ma nella pratica concreta ritengo che questa soluzione sia in realtà da evitare.

Non mi spingo a definirla una idea poco intelligente, ma ci vado vicino.

Le controindicazioni di questo investimento sono numerose.

La prima è che per acquistare oggetti da collezionismo occorre essere davvero esperti, altrimenti la fregatura è garantita sia in termini di qualità che di prezzo.

Il secondo difetto consiste nel fatto che si tratta di prodotti poco liquidi per cui difficili da rivendere.

Il terzo difetto consiste nel rischio furto per cui occorre custodirli in un luogo sicuro, mettendo anche in conto costi di custodia e di assicurazione.

Una tipologia di prodotti che permette di evitare un prelievo forzoso e al tempo stesso, potrebbe non essere colpito da una patrimoniale sono i prodotti previdenziali come le polizze vita (penso alle “ramo 1”), i piani pensionistici o altre forme di accantonamento a scopo previdenziale), dal momento che il denaro investito in questi prodotti non è nella diretta disponibilità del risparmiatore, poiché servono dei requisiti minimi di contribuzione oppure di anzianità per poter accedere a questi fondi.

Ovviamente non si tratta di una certezza che questa tipologia di prodotto verrà esclusa da una eventuale patrimoniale, ma qualche concreta speranza, almeno dal mio punto di vista, c’è.

Attenzione però a due dettagli importanti da tenere in considerazione.

Il primo aspetto consiste nell’evitare tutte quelle polizze “finanziarie”, come le ramo 3 e le famigerate “unit linked” o “index linked” che sono prodotti remunerativi solo per chi li vende a causa degli elevati costi di cui sono caricati.

Il secondo aspetto consiste nel fatto che le polizze sono tendenzialmente prodotti costosi, poco trasparenti e pieni di vincoli per cui occorre analizzarli nel dettaglio prima di sottoscriverli.

Il rischio è che per evitare una patrimoniale “una tantum”, tu ti ritrovi incastrato a pagare ogni anno salate commissioni, per darti un’idea concreta, anche dell’ordine del 3-4%.

Morale della favola, se il prodotto previdenziale è idoneo alla tua personale pianificazione finanziaria e quindi è efficiente per soddisfare il tuo obiettivo finanziario e, contemporaneamente, se ha un costo di gestione annuo contenuto, allora può essere una soluzione da valutare per il tuo portafoglio.
Altrimenti, se non è efficiente per la tua pianificazione oppure se è eccessivamente costoso, non ha senso acquistarlo per evitare una patrimoniale.

Dopo aver preso atto che lo Stato italiano nei prossimi anni avrà bisogno di recuperare parecchio denaro per diminuire il debito pubblico, che oggi è in forte aumento, a questo punto la domanda che sorge spontanea è “ma lo Stato italiano dispone solo dell’arma di una patrimoniale oppure può valutare anche altre soluzioni?”.

Adesso quindi cerchiamo di capire quali possono essere le alternative per lo Stato per raccogliere denaro per diminuire il debito pubblico.

Personalmente sono convinto che lo Stato prenderà altre strade e si concentrerà su altre soluzioni alternative alla patrimoniale.

Dovessi scommettere, direi che un prelievo forzoso o una patrimoniale sono lo scenario meno probabile.

Non è un caso che l’ex ministro Tria abbia recentemente affermato che “una patrimoniale rappresenta una misura distruttiva perché da due controindicazioni.

La prima è che scatena la fuga dei capitali liquidi fuori dall’Italia.

La seconda è che, andando a colpire il patrimonio immobiliare, ne fa crollare il valore”.

Analizzando i numeri ritengo che lo Stato disponga di soluzioni più efficienti ma soprattutto percepite come meno invasive da parte dei cittadini.

Mettere nottetempo le mani nei conti correnti è indubbiamente un’operazione antipatica che colpisce la pancia dei risparmiatori, che coincidono poi anche con gli elettori.

L’elenco delle soluzioni alternative che lo Stato potrebbe adottare sono davvero numerose per cui in questa sede mi limito a descrivere quelle che personalmente ritengo più probabili oppure quelle che permettono di ottenere un maggiore gettito per lo Stato.

Una prima soluzione potrebbe consistere nell’aumento dell’Iva.

Una seconda soluzione potrebbe essere l’aumento delle imposte sui proventi finanziari che attualmente sono del 12,50% per i titoli di stato e del 26% per ogni altro prodotto finanziario.

Una terza soluzione potrebbe coincidere con una nuova riforma delle pensioni con l’abolizione di quota 100 e con l’innalzamento dell’età pensionabile.

Personalmente sono convinto che nei prossimi anni un altro giro di vite alle pensioni verrà dato, magari dal prossimo governo tecnico.

Una quarta soluzione potrebbe consistere nella reintroduzione dell’IMU su prima casa o cmq più in generale in un incremento delle imposte sugli altri immobili detenuti, come seconde case o immobili dati in affitto.

Questa è solo un’ipotesi a cui onestamente credo poco, dubito infatti che un governo possa aumentare la pressione fiscale sul settore immobiliare perché comporterebbe una forte penalizzazione per un settore determinante per la crescita dell’economia italiana e già ampiamente tassato e in forte difficoltà a causa dei prezzi in generale diminuzione, dall’aumento del numero degli inquilini che faticano a pagare l’affitto e delle banche che sono molto selettive nel concedere mutui e, di conseguenza, rendono meno fluido il giro delle compravendite.

Una quinta soluzione potrebbe consistere nell’aumento dell’imposta di bollo annuale sui conti correnti e sui libretti postali.

Oggi se la giacenza media del conto corrente bancario o postale è inferiore a 5.000 euro, è prevista un’esenzione da questa imposta mentre invece se la giacenza media è superiore a 5.000 euro, l’imposta ha un ammontare di 34,20 euro per le persone fisiche e di 100 euro per le persone giuridiche.

Una sesta soluzione potrebbe essere di aumentare l’imposta che si applica ogni anno nella misura dello 0,20% sul controvalore del deposito titoli.

Basta una modifica legislativa, una singola riga che disponga che l’aliquota passa dallo 0,20% allo 0,40% per raddoppiare gli introiti annuali per lo Stato.

Questa è una soluzione già pronta all’uso ed efficiente per le casse dello Stato.

E quindi credo che si tratti di un rischio concreto.

Il vero pericolo però, almeno dal mio punto di vista, si chiama “tasse di successione” e, per la proprietà transitiva, anche la “donazione”.

Volendo ironizzare, anche solo per sdrammatizzare un tema così doloroso, potremmo dire che non c’è alcun dubbio che oggi l’Italia sia il paese ideale dove morire, dal momento le imposte sulle tasse di successione sono inferiori rispetto alla media degli altri paesi europei.

Oggi l’Italia il paese con le tasse di successione più basse d’Europa.
Per dare un’idea concreta, i parenti in linea retta, coniuge e figli pagano una imposta del 4% ma con una franchigia di 1 milione di euro per ogni beneficiario.

Non è certo un mistero che nel corso degli ultimi anni in Parlamento siano state avanzate numerose proposte di riforma delle tasse di successione.

Il filo conduttore di queste proposte consiste nell’abbassare la soglia di esenzione, e cioè diminuire la franchigia, e contemporaneamente di aumentare l’aliquota.

Per darti una idea una di queste proposte prevede di abbassare la franchigia da 1 milione di euro a 500 mila euro e di aumentare l’aliquota dal 4% al 6 o 7%.

Non solo, in alcune di queste proposte, si afferma che i titoli di stato non sono più esenti ma concorrono a determinare l’asse ereditario.

Qualcuno potrebbe obiettare che una imposta patrimoniale “una tantum” permetterebbe allo Stato di ottenere denaro e risorse immediate mentre invece una imposta di successione prevede introiti differiti nel corso del tempo.

L’obiezione è sicuramente corretta ma dal punto di vista monetario l’introito sarebbe elevato e, probabilmente, percepito come meno invasivo rispetto ad una nuova imposta che viene calata dall’alto all’improvviso.

Oltretutto nel corso degli anni hanno aumentato l’iva (dal 20 al 22%), le imposte sugli immobili e sulle rendite finanziarie mentre le successioni sono l’unica imposta che non ha subito variazioni.

In definitiva quindi, personalmente ritengo che l’aumento delle tasse di successione sia il pericolo più concreto per il patrimonio tuo e della tua famiglia.

Tornerò sull’argomento “tasse di successione” nei prossimi giorni con un apposito video in cui ti illustrerò l’attuale fiscalità, gli strumenti esenti e le soluzioni per difendere e per ottimizzare il passaggio generazionale del tuo patrimonio.

Nel mentre ti suggerisco di iscriverti al mio canale YouTube, in modo tale che quando il prossimo video sull’ottimizzazione delle imposte di successione sarà online, sarai automaticamente avvisato.

Per iscriverti al mio canale YouTube clicca su questo link https://www.youtube.com/user/gbellelli

Prima di concludere un ultimo dettaglio: se temi un prelievo forzoso o una patrimoniale o una modifica delle tasse di successione, devi muoverti per tempo, organizzandoti fin da questo momento perché queste manovre non si annunciano ma si varano all’improvviso.

Questo significa che un’eventuale patrimoniale avverrà all’improvviso e molto probabilmente con effetto retroattivo, in modo da evitare la corsa a prelevare il denaro.
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A presto, Gabriele

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