Quella passata è stata un’altra settimana rombante per i mercati azionari che hanno messo a segno cospicui rialzi quasi ovunque da Milano a New York passando per Parigi, Tokio e Oslo (sembra quasi la Casa di Carta se avete seguito la serie su Netflix).
A Parigi, in particolare, i festeggiamenti sono stati numerosi, perché l’indice principale, il Cac 40, ha superato quota 7.000 punti andando a toccare un livello che si era raggiunto precedentemente 21 anni fa!
In realtà, l’indice Cac 40, come la maggior parte degli indici (tranne il Dax), non tiene conto dei dividendi, ma questi livelli piacciono alla grande stampa e ai media per riempire le pagine di dotte analisi, ricordi e commenti.
I leitmotiv di questo “record” sono sempre gli stessi anche a Parigi come il fatto che i tassi attualmente bassi rendono le obbligazioni non redditizie e incoraggiano gli investitori a rivolgersi maggiormente alle azioni e le buone sorprese positive arrivate dalle trimestrali.
Certo anche in Francia c’è il timore che i prezzi delle azioni siano in “bolla” ma, come sappiamo e facciamo vedere da tempo nella LetteraSettimanale.it (la mia newsletter personale come strategist e consulente finanziario indipendente di SoldiExpert SCF, ), le quotazioni sono estremamente disperse un po’ in tutto il mondo con alcuni titoli carissimi rispetto a tutto, ma anche titoli relativamente a buon mercato rispetto alle medie storiche e alla “concorrenza” offerta dalle obbligazioni.
Rispetto al 2000, quando France Telecom veniva pagata 80 volte i suoi profitti in Borsa, oggi il titolo più rappresentativo, LVMH (Louis Vuitton Moët Hennessy) vale “soltanto” 35 volte i suoi risultati e le attese sono di un miglioramento dei profitti, non solo per le ammiraglie del lusso francese (LVMH, Hermès International e L'Oréal) che hanno raggiunto quasi i massimi storici.
Dopo l'impennata del 103% nel 2021, si prevede un aumento del 7% nel 2022. Di conseguenza, il Cac 40 viene pagato "solo" 17 volte i profitti attesi per il 2021, mentre a settembre 2000, all'epoca del vecchio record dell'indice, il rapporto prezzo/utili era di 30 volte.
In Italia, abbiamo toccato i nuovi massimi da giugno 2008, ma la solita Telecom Italia settimana scorsa ha toccato a un certo punto i minimi storici a dimostrazione (l’ennesima) che tenere i titoli perché “di più non possono scendere e poi stacca un bel dividendo e aspetto di tornare ai prezzi di carico” è come dicono a Genova (e anche a Lerici) una belinata.
Ottimi risultati, invece, per molti titoli nei nostri portafogli consigliati azionari italiani come la trimestrale di Maire Tecnimont (ramo impiantistica per l’energia) che ha toccato in settimana i massimi da agosto 2018, dopo aver comunicato i risultati belli dei primi nove mesi del 2021. Ricavi a 2.052,8 milioni di euro, +9,8% a/a, EBITDA a 124,1 milioni, +10,3% a/a, utile netto a 60,4 milioni, +72,6% a/a. L'indebitamento netto è pari a 10,6 milioni, in miglioramento di 106,3 milioni rispetto al 31 dicembre 2020.
E in ben altro settore, settimana scorsa, Sanlorenzo (yacht di lusso) che ha sede proprio vicino a Lerici, dove abbiamo il nostro ufficio principale, ha comunicato risultati wow con un portafoglio ordini di 1,2 miliardi di euro (quasi raddoppiato rispetto a un anno fa) e un incremento dell'utile netto del 64,9% a 36,8 milioni.
“La nave va” avrebbe detto Fellini Federico se è quella soprattutto dei super ricchi (ma qui sul territorio parte della ricchezza viene distribuita nell’indotto).
Anche a Francoforte in Germania si è tornati sopra il livello di 16.000 punti del Dax e si è ai massimi storici e sopra una soglia psicologica importante per qualcuno (che, secondo me, farebbe bene ad andare da uno psichiatra, se lo pensa veramente) anche se il Covid è tornato a mordere con un numero di contagiati ai massimi storici, tanto che si sta pensando a nuove regole più severe, mentre oltreoceano negli Stati Uniti c’è chi pensa, invece, che la fine della pandemia sia vicina.
I colli di bottiglia nelle consegne sono uno dei maggiori ostacoli nel mercato azionario tedesco. A molte società mancano beni e servizi, provocando tagli alla produzione e persino tempi di fermo. E, in questo, la Germania è particolarmente colpita, perché l'industria manifatturiera, in questo paese, con una quota del 20 percento rispetto ad altri paesi, è relativamente elevata e se si considera l’importanza dell’industria automobilistica che schiera 3 campioni mondiali come Volkswagen, Mercedes (Daimler) e BMW.
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Articolo a cura di Salvatore Gaziano - SoldiExpert SCF
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