Londra, che vogliamo fare?

Rossana Prezioso Rossana Prezioso - 02/04/2019 10:35

Nella bufera Brexit l’unica certezza è l’incertezza. Una frase detta e scritta più volte che però mai come adesso rispecchia la realtà dei fatti. Ieri la Camera dei Comuni a Camera dei comuni ha bocciato tutti i quattro piani alternativi presentati dai parlamentari.
 

Un Parlamento “incapace al compromesso”

Westminster non vuole che Londra resti nell’Unione doganale permanente con l’Ue, non vuole rinviare la Brexit in modo da prendere altro tempo e non vuole un accordo con il mercato unico. Ma non vuole nemmeno un secondo referendum che, paradossalmente, avrebbe potuto salvare la situazione dal momento che le proiezioni parlavano di una vittoria dei Remain. In altre parole: Londra dice no a tutto ma non ha in mano nessuno schema per regolare la prossima uscita. Ed entro il 12 aprile dovrà far sapere cosa ha intenzione di fare. E come. Altrimenti sarà un no deal Brexit.
 

Westminster: ormai è stallo

Dopo aver invocato la supremazia decisionale in ambito del divorzio dall’Unione, adesso il parlamento inglese si trova nella palude dell’incapacità di gestire un addio che è a sua volta anche un’assoluta novità storica. A nulla sono infatti servite le possibili dimissioni offerte dal premier Theresa May in cambio di un Sì al suo testo. Lo stesso che è stato bocciato per ben tre volte.
 

No deal Brexit: i rischi

Tanti i rischi. E non solo sul Pil o sulla finanza. Il primo, quello che salta agli occhi della pubblica opinione, è quello delle derrate alimentari. Soprattutto sui prodotti freschi. Londra, notoriamente, sul settore food è una nazione prettamente importatrice. Ora, in considerazione di un no deal Brexit, diverrebbe anche una nazione terza, ovvero estranea a tutti gli accordi finora siglati in sede Ue. Conseguenza: confini ristabiliti e obbligo di verifica alle frontiere. Questo significherà anche aumento dei prezzi (minimo del 10%) e allungamento dei tempi. Ma i controlli presuppongono anche un potenziamento delle forze di sicurezza e un aumento delle pratiche burocratiche.
 

Una società divisa

Il problema, inoltre, diventa ancora più complesso, se possibile, in considerazione di un altro fattore, quello della popolazione. Infatti il primo referendum che a giugno del 2016 decretò la volontà di lasciare l’Unione, la società inglese si trovò letteralmente frantumata. O per meglio dire fratturata. Il risultato, infatti, fu a favore dei leave (separatisti) solo per qualche punto percentuale. Un voto che divideva e divide tuttora la comunità anglosassone, nonostante, storicamente, sia ormai abituata alle tensioni centrifughe. Marce pro-Ue, raccolta firme e manifestazioni di chi vuole restare, si scontrano con la volontà di chi, invece, preferisce dire addio ad ogni costo. Ed entrambe le parti sono numericamente rilevanti. Anche in chiave politica. Intanto la sterlina crolla, vittima predestinata, ha perso sia sul biglietto verde che sull’euro.
 

Ma non finisce qui

Mai problemi potrebbero essere anche più numerosi. Qualora scattasse già dal 12 aprile una hard Brexit, Londra potrebbe vedersi costretta a pagare 10 miliardi di euro all’Europa. Il motivo? Semplicemente il saldo della quota inglese al bilancio comunitario. Analizzando le cifre, infatti, i 17,49 miliardi di euro della Gran Bretagna sono stati pagati solo parzialmente, ovvero 7 miliardi.
 

Altro rischio anche per l’Ue

Quella della Brexit, sebbene sia una storia che si trascina da quasi 3 anni, è stata vista sempre come una minaccia che, alla fine, si sarebbe risolta. Per questo motivo i mercati non hanno mai realmente prezzato la possibilità di un’uscita senza un piano da parte di Londra. Eventualità che, come confermato anche dai vertici della Bce, si andrebbe ad aggiungere ai già tanti altri fattori di debolezza  livello europeo. Tutti, infatti, vedevano troppi rischi in una no deal Brexit che era giudicata dall’intera comunità finanziaria come “impossibile”. Ma a quanto pare, parafrasando la celebre citazione di Napoleone, “l’impossibile non è inglese”.


Articolo a cura di Rossana Prezioso
 

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