La Cina è veramente vicina?

Salvatore Gaziano Salvatore Gaziano - 15/04/2020 12:08

'La Cina è vicina' è un vecchio slogan che riprende il titolo di un film del 1967 diretto da Marco Bellocchio che evocava i timori del comunismo maoista nella borghesia perbenista dell'epoca.
Oggi causa Coronavirus interrogarsi se la Cina è vicina è domandarsi se l'incubo che stanno vivendo più di 4 miliardi di persone nel mondo chiusi in casa ovvero interessate a misure di confinamento nella battaglia contro Covid-19 vedrà la luce in fondo al tunnel. Ovvero se il mondo finalmente potrà riprendere l’attività produttiva come è avvenuto a Pechino e dintorni che sono stati i primi al mondo ad affrontare questa epidemia e vedono la curva delle infezioni in netta progressione calante.

Una precisazione però importante tra tante voci anche contrastanti. C’è chi racconta che in Cina tutto è partito come e più di prima e c'è la coda nei negozi per esempio italiani che hanno riaperto e chi invece pubblica foto desolate e desolanti con città come Wuhan ancora spettrali e scarsa attività urbana e commerciale con persone bardate come astronauti paurose di essere contaminate. Chi ha ragione?

Il 30 marzo è uscito un dato che misura il sentiment dei direttori degli acquisti del manifatturiero cinese, il PMI (Purchasing Managers' Index) che si è riportato sopra la fatidica soglia dei 50 punti, quella che separa l’espansione dalla recessione dell'attività economica.

Il National Bureau of Statistics cinese afferma che l'attività economica è rimbalzata questo mese mentre le fabbriche e gli affari sono tornati vivi dopo le rigide restrizioni di viaggio messe in atto per rallentare l'epidemia di coronavirus.

Secondo diversi strategist i Paesi che hanno visto stabilizzarsi la pandemia di coronavirus e sono sulla buona strada per riprendere l'attività economica sono in una posizione migliore rispetto a quelli che sono ancora in procinto di contenere l'epidemia.


In realtà sui dati e le statistiche cinesi ci si interroga da molti anni sulla veridicità compreso quello sui morti reali provocati dal Coronavirus a Wuhan e dintorni in un Paese dove tutto è rigidamente controllato dal Partito Comunista Cinese e come nella Russia comunista si deve considerare prima di tutto “il bene della causa” per citare il grande dissidente Aleksandr Isayevich Solzhenitsyn.

E la verità probabilmente sta in mezzo e può essere interessante notare come il livello di inquinamento della Cina è circa il 25% inferiore rispetto a un anno fa se misurato dall’inquinamento delle principali centrali a carbone localizzate in Cina mentre un livello simile è espresso anche dall’indice di congestione del traffico. E secondo analisti finanziari occidentali che seguono il mercato asiatico e che abbiamo ascoltato in questi giorni l’attività produttiva in Cina è ripresa a fine marzo circa al 60% dopo 3 mesi dallo scoppio della pandemia.

Esistono certo anche dati economici e finanziari forniti dalla Cina ma la tradizione di questo Paese come di tutti i regimi dittatoriali non è quello di grande trasparenza o dal rendere totalmente escludibile una forma anche importante di manipolazione dei dati e per questo gli investitori più smaliziati cercano di non guardare solo ai dati tradizionali e ufficiali sul sentiment o macro-economici.

Va poi aggiunto naturalmente che se l'attività industriale sta lentamente riprendendo (e non in tutte le regioni cinesi naturalmente) non tutti i settori stanno riprendendo come prima e alcuni faticano più di altri. Si pensi alle attività legate all'intrattenimento, ai viaggi e alla ristorazione. E molti acquisti che prima si facevano nei negozi ora transitano online e soprattutto su Alibaba Group, l'Amazon cinese fondato da Jack Ma o su Vipshop o Jd.Com

Nel settore della ristorazione per esempio non tutti hanno riaperto dopo il picco dell'epidemia di coronavirus, ma il ritmo del recupero del traffico è piuttosto lento come ci si potrebbe aspettare. Una delle catene più note al mondo, Yum Brands (proprietaria di catene come KFC e Pizza Hut, East Dawning, Little Sheep, Taco Bell e COFFii & JOY) secondo un rapporto della società Oppenheimer rispetto a un anno fa segna vendite di un -25% inferiori. Il consumatore continua ad essere cauto, in parte perché il flusso di notizie da altri Paesi continua a generare paura, dall’altra frequentare luoghi affollati genera timori dopo lo shock della quarantena.

La stessa risalita dell'economia cinese viene letta da alcuni analisti come un rimbalzo e sarà importante vedere cosa succederà nelle prossime settimane anche perché il principale punto interrogativo nel medio-lungo termine riguarda l’impatto sulla crescita, sulla domanda e sull’attività fuori dalla Cina, e che cosa significherà per il settore che dipende dai rapporti con l’estero.

I numeri indicano che la Cina ha registrato un deficit commerciale nei primi due mesi dell'anno, di US $ 7,09 miliardi, rispetto al surplus di US $ 41,45 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2019. E il primo trimestre per la Cina potrebbe chiudersi con la prima contrazione trimestrale dell'economia dal 1976.

La tempesta sul petrolio potrebbe dare qualche beneficio a molte economie asiatiche poiché i bassi prezzi sono sicuramente benefici per le principali economie, quali Cina e Corea del Sud, e certamente per il Giappone nonché per l’India o la Thailandia seppure molte di queste economie non sono basate solo sui consumi interni e tutto dipenderà anche in un mondo globalizzato da quanto l'epidemia Coronavirus impatterà prima di tutto sugli Stati Uniti dove i dazi applicati da Trump avevano già iniziato ad abbattere le esportazioni che viaggiano comunque solo sulla parte merci a circa 30 miliardi di dollari al mese prima dell'epidemia.



In ogni caso alcuni investitori guardano alla Cina come a livello mondiale sia potenzialmente il mercato con le maggiori possibilità dal punto di vista rendimento/rischio poiché già ha dovuto affrontare lo “tsunami” Covid-19 e perché il governo cinese è fortemente impegnato a sorreggere il mercato con misura straordinarie già avviate e potenzialmente in grado di mettere in campo, pur se occorre ricordare sempre come la globalizzazione abbia un impatto molto importante anche per questo Paese. E se si ferma o va giù di brutto l'Occidente, le conseguenze anche per la Cina non saranno indolori.

L’attività manifatturiera cinese è importantissima ed è sede di filiere importanti a livello internazionale. Solo a Wuhan rappresenta il 50% della produzione automobilistica in Cina e il 10% di quella mondiale.

Gli indici cinesi azionari da inizio anno sono scesi di circa il -7%/-12% che è circa la metà dell'indice mondiale e nel grafico sottostante è possibile confrontare l’andamento azionario della Cina con quello occidentale (mercati sviluppati) nell’ultimo decennio.

Le valutazioni dell'azionario cinese a fine primo trimestre 2020 dopo la forte discesa globale indicavano un Cape Shiller P/E Ratio (il rapporto prezzo utili calcolato sulla media degli utili dell'ultimo decennio secondo il modello messo a punto da Robert Shiller, premio Nobel dell’Economia nel 2013) di 14,2 contro questo rapporto di circa 23,3 per il mercato azionario Usa e di 15 del mercato azionario europeo.
Fra le ragioni della maggiore tenuta della Borsa cinese alla pandemia un mercato azionario che negli anni precedenti era andato a passo ridotto rispetto soprattutto a quello Usa.



Articolo a cura di Salvatore Gaziano - SoldiExpert SCF, società di consulenza finanziaria indipendente.

 

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