L'ago della bilancia per il 2019 sui mercati internazionali

Redazione Traderlink Redazione Traderlink - 21/12/2018 14:31


Wall Street (e gli Usa) in difficoltà

Non solo Wall Street che ancora ieri ha dovuto registrare un ennesimo calo dettato dal mix, spesso micidiale, di più fattori. Ad una Fed convinta della sua strategia sulla normalizzazione dei tassi di interesse, si è unito un presidente Usa altrettanto convinto di non firmare nemmeno la legge sul budget temporaneo che avrebbe permesso di evitare il blocco delle attività amministrative. Risultato: chiusura in flessione con il Dow Jones e l'S&P500 in calo rispettivamente dell'1,99% e dell'1,58%, mentre il Nasdaq Composite ha segnato un -1,63%. Ma questo andamento potrebbe essere anche la dimostrazione di qualcos'altro: il progressivo indebolimento degli usa come prima forza mondiale. Infatti a rendere le cose più complicate, gà dalla prima ora, è stata la guerra dei dazi tra Cina e Usa, una guerra che rischia di rallentare, e non poco, non solo il commercio internazioanle ma anche quello della Cina stessa, nazione da sempre vista come prossima prima potenza economica mondiale. Una guerra che, nonostante i tentativi di riconciliazione, potrebbe durare ancora a lungo e dimostrare nuove fasi alterne.

 

Un esempio?

L'indice di Shanghai e quello di Shenzhen sono scesi rispettivamente del 20% e 30% dall'inizio dell'anno, rendendo i listini cinesi tra i peggiori a livello globale. Basti pensare, infatti che l' indice S & P 500 è in calo di oltre il 6%, il Nikkei oltre il 9% e il DAX tedesco è a -16,6% per questo 2018. Una situazione che cambierebbe qualora a marzo si potrebbero vedere delle schiarite (concrete) sui colloqui tra le delegazioni dei due paesi. Tuttavia, un accordo commerciale è tutt'altro che certo, specialmente dopo il tono provocatorio (volutamente?) del presidente cinese Xi Jinping assunto durante le celebrazioni del 40esimo anniversario delle prime riforme economiche in Cina, varate nel 1978. Allora la grande nazione agricola si preparava, evidentemente con successo, a muovere i primi passi nell'economia internazionale. Tanto da arrivare a primeggiare in molti settori e a poter tenere testa anche a Washington.

 

In attesa di marzo

Ma, guardando nuovamente al 2019, le cose potrebbero non essere definitivamente chiare, almeno fino all'inizio della seconda metà dell'anno. Il presidente Usa Donald Trump, infatti, ha dichiarato che non accetterà alcun tipo di promessa che non sia accompagnata da possibili dimostrazioni di concretezza. In altre parole: nessuna promessa, ma solo fatti.

Partendo da questi presupposti non risulta difficile capire come mai il sentiment sull'economia cinese non sia dei migliori. A questo si aggiunga anche il fatto che il peso delle decisioni politiche è enorme e attualmente i vertici di Pechino si sono impegnati in misure di stimolo che devono ancora essere dimostrate del tutto. Dunque tutto dipenderà dal primo marzo e da cosa succederà alla fine dei 90 giorni, margine entro il quale le due delegazioni dovranno giungere ad un'intesa.

 

Un campanello d'allarme?

Altro fattore di cui tenere conto è la politica della Fed. Il progetto di rialzare i tassi, infatti, è stato confermato recentemente dal governatore Jerome Powell con due appuntamenti che nel 2019 dovrebbero essere garantiti. Ora, un aumento del peso del dollaro significherebbe parallelamente, un indebolimento dello yen. Se la valuta cinese scende al di sotto del livello chiave di 7 yuan per dollaro, compenserebbe l'impatto negativo delle tariffe sebbene porterebbe comunque ad una serie di effetti collaterali. Nei mesi che hanno preceduto la guerra dei dazi Pechino si era impegnata per inasprire le condizioni di finanziamento, strategia adottata per limitare l'indebitamento incontrollato e il fenomeno del sistema bancario ombra. Le grandi banche statali, infatti, preferiscono prestare capitali alle imprese che rientrano anche loro nell'ombrello statale, il che ha costretto i privati a rivolgersi ad istituzioni non sempre controllate. Ma i provvedimenti restrittivi hanno portato ad un rallentamento peggiorato anche a causa della guerra commerciale. Perciò nei prossimi mesi sono state annunciate condizioni di credito più flessibili, tagli alle tasse e finanziamenti per le imprese private in difficoltà. Eppure, nonostante questo, il mercato finora non si è mosso. Un campanello d'allarme?

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