Il Ftse Mib alle corde?

Tony Cioli Puviani Tony Cioli Puviani - 05/12/2019 10:28

L’ultima ottava di novembre si chiude per il FTSE MIB con una lievissima candela rossa a 23.259,3 punti, un nonnulla rispetto alla chiusura della settimana precedente a 23.259,8.

L’Italia, che nel mese di ottobre e la prima parte di novembre godeva di una maggior forza relativa, ha negli ultimi giorni di novembre perso la sua brillantezza proprio quando invece i soliti americani continuavano con i loro record storici.
Lo spread ritorna a quota 170 e le banche approfittano per consolidare i loro guadagni, anche Enel ed Eni tirano il fiato.
I mercati vivono di estenuanti attese, di test e contro test. Gli analisti in genere vogliono vedere cosa potrà succedere i prossimi giorni per poi poter proferire la loro strategia: “solo il superamento di un determinato livello potrà sancire la continuazione di un trend, viceversa, la rottura di un supporto ben definito la sua inversione”. Tutte le settimane la stessa storia, ma d’altronde i mercati sono imprevedibili ed è quindi meglio rimanere nel vago!
Sono anche io un convinto assertore dell’imprevedibilità dei mercati, ma -vista la predominanza dell’aleatorietà insita nel mio mestiere - tanto vale tirare i dadi anche nel definire delle view che hanno come intento non quello di orientare l’investitore nelle sue scelte, ma solo quello di aiutarlo nelle sue riflessioni.

Credo che negli ultimi giorni di contrattazione sul mercato italiano abbia influito la questione della riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità. Non intendo che il mercato si possa spaventare per via dell’ennesima crisi di Governo causa i contrasti tra il Premier Conte e Di Maio, ma – vista anche la debolezza dei Btp - ritengo che si stia riflettendo sulle prossime conseguenze che potrebbero scaturire da tale riforma.

Il Mes è un ente intergovernativo dei 19 paesi dell’Eurozona con sede in Lussemburgo e dovrebbe intervenire per aiutare gli stati (e le banche) in crisi concedendo loro dei prestiti a condizioni agevolate. 

Il Mes è uno strumento fondamentale per l’Eurozona voluto nel 2012 da Angela Merkel quando la crisi dello spread e dell’Eurozona stava precipitando. Nel Mes comanda la Germania e non la UE. Non a caso con il suo 27% di quota, secondo lo statuto del Mes, la Germania da sola ha diritto di veto su ogni finanziamento agli stati in difficoltà. La BCE, secondo il trattato di Maastricht, non può intervenire come prestatore di ultima istanza anche quando gli stati sono sotto attacco della speculazione. Il Mes sì, invece. Con la riforma, il Mes, rappresentando gli interessi dei creditori, affiancherebbe la Commissione, più attenta all’interesse generale, nel valutare se un Paese che chiede un salvataggio sia in grado di rimborsarlo. Se si concludesse che non lo è, il Mes può rifiutare l’aiuto. Ciò obbligherebbe il governo in crisi a imporre perdite ai suoi creditori di mercato attraverso una ristrutturazione del debito.

Molti prevedono che l’Italia sarà costretta a ricorrere al Mes. Ma questo concederà prestiti solo alle sue condizioni: aumento delle tasse (in particolare la patrimoniale, suggerita dagli economisti tedeschi per l’Italia) e soprattutto taglio della spesa pubblica. 

In buona sostanza, se non aderissimo alla riforma del Mes, saremmo di nuovo in conflittualità con l’Europa; in caso contrario, la situazione del nostro debito pubblico sarebbe di nuovo sotto i riflettori, con le conseguenze appena descritte.

Personalmente ho venduto delle opzioni call grasse con strike 22.500 scadenza dicembre, ma sappiamo che “i mercati sono fatti per sorprendere!” e chissà se magari ci sorprenderanno ancora con il classico Rally di Natale?    


Tony Cioli Puviani per Vontobel
Fonte: certificati.vontobel.com

 

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