Il coronavirus fonte di quell’incertezza che non piace ai mercati

Tony Cioli Puviani Tony Cioli Puviani - 29/01/2020 12:56


Il coronavirus fonte di quell’incertezza che non piace ai mercati

Per le borse azionarie questo inizio del 2020 è stato positivo, malgrado, dopo l’uccisione del generale Soleimani, vi fosse una potenziale ondata di instabilità che non è ancora stata risolta. Anche per la Libia, la tregua invocata a Berlino è l’ennesimo pezzo di carta senza valore. Da ultimo il coronavirus: dapprima le borse hanno tentennato, per poi, al solito, sembrare snobbare il problema. Nel frattempo, sono arrivati molti nuovi record storici per i principali indici USA ed anche per lo Xetra Dax Index, che, il 24 gennaio, con una chiusura a 13576, ha ritoccato il precedente record storico (13559) di esattamente due anni fa (23 gennaio 2018).

I mercati toro si concludono solamente in due modi: o perché si trovano in un contesto di euforia generalizzata o perché travolti da un evento negativo imprevisto e di enorme portata. Oggi non si può parlare ancora di euforia generalizzata: malgrado le continue salite degli indici, i fondi azionari stanno registrando flussi netti in uscita ed il sentiment degli investitori non è certo radioso. Lo Skew Index, un indice disponibile sul mercato USA del Cboe, si focalizza sulle opzioni out of the money, ovvero quelle che hanno basi (o strike) molto lontane dai valori del mercato. Sono opzioni con un valore relativamente basso, ma capaci di tutelare gli investitori da eventi imprevisti, una sorta di assicurazione contro cigni neri.

Negli ultimi mesi tale indice è tornato a salire e scambia adesso intorno a 130 punti, non lontano dai suoi massimi assoluti posti poco sopra i 150 punti. I valori sopra la media dello Skew Index (ma anche del VIx), se da una parte segnalano una mancanza d’euforia tra gli operatori (fattore positivo), d’altra parte sono segnali di ansia tra gli operatori, che vogliono sempre più tutelarsi dalle prese di beneficio che sembrerebbero sempre più imminenti. Tengo a specificare che non sto asserendo che la borsa stia per crollare; è proprio la mancanza d’euforia nei mercati che non lascia preludere importanti cedimenti dei listini. Vi sono però molti operatori disposti a pagare sui cosiddetti “rischi di coda”.

Una chiave di lettura potrebbe anche essere la necessità (o la volontà) dopo anni di guadagni in borsa, di coprirsi da crolli legati a fattori imprevisti, niente di particolarmente preoccupante. Non credo certo di essere originale nell’aspettarmi a breve una presa di beneficio sui listini di almeno il 5%, benché dal punto di vista tecnico non esistano ancora i presupposti. Abbiamo visto come per ora ogni tentativo di soluzione dei vari problemi (dazi, Brexit, Iran, Libia, etc. etc.) abbia avuto sui prezzi degli asset quotati maggior beneficio del danno procurato dal problema medesimo e quindi come la liquidità esuberante abbia prevalso su ogni tipo di ragionamento.

Ai mercati non piace l’incertezza, ovvero quello stato di conoscenza limitata in cui è impossibile descrivere esattamente lo stato esistente, le conseguenze future o almeno gli scenari possibili. Se invece il problema viene definito ed il rischio diviene più misurabile, oggi i mercati stanno dimostrando di essere capaci di metabolizzarlo velocemente per poi snobbarlo. Il coronavirus, al contrario di altri problemi di natura politica, geopolitica o economica, ha dei connotati differenti e può creare uno stato d’incertezza che - mentre scrivo – è davvero indefinibile, non controllabile o misurabile. Credo che anche tale problema verrà superato, ma la sensazione è che i mercati stiano cercando un pretesto valido per l’atteso storno.

Siamo di fronte ad un qualcosa che deve includere il rischio di coda nella costruzione dei portafogli: non può essere snobbato anche questo!

Leva Fissa


Fonte: certificati.vontobel.com

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