I fondi comuni di investimento distruggono i risparmi degli investitori ?
Gabriele Bellelli
Consulenza Finanziaria Indipendente
www.bellelli.biz - g.bellelli@bellelli.biz
I fondi di investimento continuano a distruggere la ricchezza delle famiglie italiane ?
Secondo i dati e le analisi dell'ufficio studi di Mediobanca sembrerebbe proprio di sì !
Sono ormai 25 anni che l'ufficio studi di Mediobanca (Mbres) pubblica l'analisi dei risultati che i fondi di investimento e le sicav italiani hanno ottenuto nel corso dell'anno precedente (2015).
Anche quest'anno l'"autopsia" delle centinaia di fondi di diritto italiano ha fatto emergere luci e ombre in merito ai risultati ottenuti.
Ça va sans dire, anche quest'anno i mezzi di comunicazione hanno sostanzialmente ignorato questo studio che si basa sull'analisi matematica, e quindi oggettiva e indipendente, dei risultati ottenuti dalle centinaia di fondi italiani.
L'analisi e lo studio di Mbres hanno approfondito 4 aree:
- raccolta netta
- risultati di gestione
- modalità e costi di gestione
- valutazione di lungo periodo
Dall'analisi è emerso come, nel corso del 2015, i risultati della raccolta e dei rendimenti siano stati mediamente positivi mentre, al tempo stesso, rimangano invece insoddisfacenti i costi di gestione ed i risultati di lungo periodo.
Entrando nel dettaglio, per quanto riguarda la raccolta netta i risultati sono stati positivi e, per il terzo anno consecutivo, le sottoscrizioni hanno superato i riscatti con una raccolta di circa 25,10 miliardi di euro.
Onestamente questo dato non mi stupisce dal momento che, grazie ai bassi tassi di interesse ed ai rendimenti striminziti offerti dal mercato obbligazionario, l'esercito delle banche e dei promotori finanziari ha avuto gioco facile nel suggerire alla propria clientela di prendere profitto sulle obbligazioni detenute in portafoglio per acquistare fondi di investimento.
Non passa infatti giorno senza che qualche lettore mi scriva "in banca mi hanno suggerito di vendere i miei Btp e di comprare i loro fondi, mi conviene?".
Indubbiamente il consiglio di vendere le obbligazioni con un rendimento prossimo allo zero è corretto (dal momento che, vendendo, si incasserebbe oggi quello che si incasserebbe portando a scadenza) mentre lascia perplessi il consiglio -non certo disinteressato e in pieno conflitto di interessi- di sottoscrivere fondi obbligazionari.
Le perplessità in merito a questo consiglio sono infatti numerose:
-si vende un prodotto che non è gravato da costi (escludendo la commissione di acquisto, che si paga “una tantum”) per sottoscrivere un prodotto con costi di gestione annua, che spesso sono elevati.
-per convincere il cliente, si utilizzano con scioltezza frasi truffaldine del tipo "questo fonde rende il 6% all'anno" mentre sarebbe onesto e corretto affermare "lo scorso anno, questo fondo ha reso il 6% ma non possiamo garantire lo stesso rendimento negli anni futuri".
-in tema di mercato obbligazionario, è praticamente impossibile, a causa dell’andamento dei tassi di interesse, che nel corso dei prossimi anni i fondi riescano a replicare le performance offerte negli ultimi anni ed è già tanto se il valore delle quote non si deprezzerà.
-noto inoltre che vengono consigliati con una certa frequenza dei "fondi di fondi", ossia dei fondi di investimento che investono in altri fondi di investimento...e questo significa doppie commissioni rifilate agli ignari risparmiatori! Considerando gli attuali i tassi zero offerti dal mercato e le pesanti commissioni di cui sono caricati questi fondi, l’unica a sorridere e a guadagnare sarà solo e soltanto la banca!
Positivi anche i risultati di gestione con un rendimento netto medio dell'insieme dei fondi del 1,60%.
Nel dettaglio, i fondi azionari hanno reso un 6,1%, i bilanciati un 2,70%, gli obbligazionari il 1,10%, mentre i monetari si sono limitati allo 0,30%.
Le note dolenti iniziano con l'analisi dei costi di gestione annui che sono aumentati e che in media ammontano all’ 1,30% (rispetto all’ 1,20% dell’anno precedente) e si confermano quindi ancora elevati.
Particolarmente esosi, ai limiti della rapina a mano armata, si sono confermati i fondi azionari, la cui incidenza dei costi è tornata uguale a quella del 2013 che costituiva il (poco invidiabile record) massimo storico.
Per dare una idea, l’incidenza dei costi addebitati ai fondi azionari ammonta a circa il 2,90%, principalmente a causa del peso delle provvigioni di incentivo che salgono allo 0,40% rispetto allo 0,10% del 2014.
Sempre in tema di costi, è da sottolineare come lo studio dimostri come, sebbene in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente, sia rimasta elevata la rotazione del portafoglio che rappresenta un costo implicito che spesso il consumatore non percepisce perché non è contemplato nel TER.
Non tutti sanno infatti che il TER ("total expense ratio", che è un indicatore sintetico del costo riferibile ad un fondo) non contempla tutte le voci di costo di un fondo.
Ad esempio, il TER non contempla le commissioni di negoziazione che il fondo paga all'intermediario utilizzato per eseguire l'operatività.
Se un portafoglio viene ruotato parecchie volte (dall’analisi di Mbres emerge in media una rotazione completa di portafoglio ogni 11 mesi), le compravendite sono numerose e, di conseguenza, diventano elevati i costi di negoziazione che il risparmiatore paga ma senza averne una percezione diretta e concreta dal momento che non sono compresi all'interno del TER.
Ad un investitore non sfuggirà ovviamente che maggiori sono i costi che gravano sul fondo e minore sarà il rendimento per il risparmiatore...
Il dato che però nel corso degli anni continua ad emergere in modo negativo è quello in merito alla valutazione di lungo periodo dei fondi di investimento.
Il giudizio fornito da Mbres dovrebbe far venire la pelle d'oca a tutti quei risparmiatori italiani che hanno i loro soldi investiti in fondi e sicav di diritto italiano!
Le parole testuali utilizzate nella presentazione dello studio sono severe e pesanti:
- "i rendimenti in un'ottica di lungo periodo sono ancora insoddisfacenti".
- "l'industria dei fondi continua a rappresentare un apporto distruttivo di ricchezza per l'economia del paese".
-“il confronto con il tasso risk free è favorevole se si considerano gli ultimi cinque anni ma permane negativo riferendosi agli ultimi 10. Il divario diviene ancor più marcato relativamente al quindicennio 2001-2015 (1,3% punti all’anno in meno, che implicano una perdita in conto capitale del 25%)”.
-“chi avesse tenuto un portafoglio con tutti i fondi comuni aperti disponibili negli ultimi 32 anni avrebbe subìto, rispetto ad un impiego annuale in BOT a 12 mesi rinnovati a ogni inizio d’anno, una perdita di patrimonio poco inferiore a una volta il patrimonio iniziale – aumentato nel periodo di sole 4,15 volte contro le 5 dei BOT”.
Nel dettaglio il giudizio testuale è: "Nel 2015 il rendimento medio netto dei fondi comuni aperti considerati in quest’indagine è stato pari all’1,5%.
Visto in una prospettiva di lungo periodo, il rendimento permane insoddisfacente rispetto a quello degli impieghi alternativi (Tab. 1 in calce a questa nota).
Il confronto con il tasso risk free è favorevole se si considerano gli ultimi cinque anni (0,6 punti all’anno in più, che si traduce in un guadagno in conto capitale del 2,5%), ma permane negativo riferendosi agli ultimi 10 (0,5 punti all’anno in meno, con una perdita in conto capitale del 6%).
Il divario diviene ancor più marcato relativamente al quindicennio 2001-2015 (1,3 punti all’anno in meno, che implicano una perdita in conto capitale del 25%).
Chi avesse tenuto un portafoglio con tutti i fondi comuni aperti disponibili negli ultimi 32 anni avrebbe subìto, rispetto ad un impiego annuale in BOT a 12 mesi rinnovati a ogni inizio d’anno, una perdita di patrimonio poco inferiore a una volta il patrimonio iniziale – aumentato nel periodo di sole 4,15 volte contro le 5 dei BOT.
L’industria dei fondi continua a rappresentare un elemento distruttivo di ricchezza per l’economia del Paese.
Se in una prospettiva di 5 anni si può calcolare un surplus di rendimento rispetto ad impieghi risk-free nell’ordine dei 4 miliardi di euro, in un contesto decennale si verifica invece una distruzione di ricchezza intorno ai 20 miliardi, che diviene di ben 84 miliardi sui 15 anni.
Ove si tenesse conto del premio al rischio per la componente azionaria, la distruzione di ricchezza dal 2006 al 2015 sarebbe nell’ordine dei 42 miliardi di euro, importo che aumenta a 136 miliardi considerando il quindicennio che inizia nel 2001 (tale ammontare è pari ai tre quarti circa della consistenza dei fondi aperti alla fine dell’ultimo anno).
Questi risultati rispecchiano le politiche di impiego liberamente scelte dai gestori (ed accettate dai risparmiatori i quali sono consigliati il più delle volte dai promotori e dalle banche)".
Si tratta indubbiamente di commenti severi e pesanti ma vale la pena ricordare che il giudizio dell'ufficio studi Mbres non è dettato da antipatie o preconcetti ma, al contrario, è oggettivo e supportato da numeri e da analisi matematiche!
Personalmente ritengo che generalizzare non sia mai saggio e non sia neanche corretto fare di tutta l'erba un fascio: è vero infatti che esistono fondi efficienti e con buone performance ma sfortunatamente sono rari come mosche bianche!
Purtroppo l'amara realtà per il risparmiatore italiano è che la maggioranza dei fondi è costosa, inefficiente e non produce extra performance positiva rispetto al proprio benchmark (parametro oggettivo di riferimento utilizzato per analizzare le performance del fondo)!
Un esempio di inefficienza e di elevato costo è il fondo (linea celeste) ritratto nell'immagine sottostante che, non solo ha un andamento nettamente peggiore rispetto al proprio benchmark (linea blu), ma è anche particolarmente costoso perchè presenta un TER del 2,57% annuo.
Perchè pagare (molto) profumatamente un gestore e tutta la filiera bancaria per ottenere in cambio un prodotto che sottoperforma sistematicamente da numerosi anni consecutivi il proprio benchmark?
Se un investitore avesse in portafoglio questo fondo, dovrebbe venderlo al più presto!
La domanda che probabilmente ti stai ponendo è: come faccio a sapere se i fondi che ho in portafoglio sono efficienti, ossia battono il benchmark e quindi giustificano le laute commissioni di gestione che pago ogni anno ?
Oltre che rivolgerti ad un consulente finanziario indipendente, puoi consultare personalmente il sito Morningstar, dove attraverso il codice isin è possibile accedere alla scheda del singolo fondo e verificarne costi, performance e confronti con il benchmark, come illustrato nell'immagine sottostante.
Se hai in portafoglio dei fondi di investimento, ti consiglio di andare subito su Morningstar per verificarne le performance e le carateristiche. Se scoprirei che il tuo portafoglio di fondi è costoso e non batte il benchmark, puoi sostituirlo con i relativi ETF. In questo modo, a parità di asset allocation e di rischio, potrai ottenere una forte riduzione dei costi di gestione annua. A questo proposito ti consiglio di consultare il mio articolo "come andare in vacanza una settimana gratis a New York" in cui scoprirai come è semplice rendere il portafoglio più efficiente e risparmiare in termini di costi di gestione annua.
Se vuoi leggere la lettera di presentazione dello studio di Mbres, clicca su questo link
Se vuoi leggere l'opera completa, clicca su questo link
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Buon trading
Gabriele Bellelli
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