Chiedere è metà dell’avere, ma poi c’è rimborsare…

Giovanni Maiani Giovanni Maiani - 02/07/2020 09:31

Un momento di massima tensione sui mercati finanziari internazionali può manifestarsi in un’infinità di modi.

Per esempio, a seconda dell’intensità e del tipo della crisi, salgono i rendimenti obbligazionari, si allargano gli spread dei paesi periferici, la curva dei rendimenti s’inverte, crollano i mercati azionari, sale il prezzo dell’oro, l’indice Vix aumenta, chi più ne ha più ne metta come si usa dire.

Come affermo da sempre, ci vogliono molte notizie buone per fare salire il mercato, ma ne basta una per farlo affondare.

C’è un altro indicatore, uno dei tanti, da prendere in considerazione: quello relativo agli emittenti e/o ai bonds in difficoltà.

In effetti, un’azienda (emittente) che ha fatto ricorso al mercato per finanziarsi ha emesso un prestito obbligazionario contraendo dunque un debito che dovrà essere, prima o poi, rimborsato. Senza dimenticare il pagamento periodico delle cedole che è generalmente, ma non obbligatoriamente, semestrale o annuale.

Il fenomeno si complica ulteriormente se l’emittente ha emesso vari bond, anche se potrebbe aver qualche difficoltà su un’unica scadenza per esempio.

Il numero degli emittenti in difficoltà e il numero di obbligazioni in difficoltà mostrano l’incapacità di rimborso da parte degli emittenti rivelando cosi un altro aspetto della crisi.

Durante lo scorso mese di marzo, il numero di “distressed issuers traded” (vedi la foto e nel riquadro il dettaglio dell’ultimo periodo) ha realizzato un nuovo massimo storico (serie storica dal 2008), mentre osservo ora, dopo una lunga diminuzione, un timido segno di possibile aumento. Non è ancora nulla, ma vale la pena seguire l’indicatore per qualche tempo.

Allo stesso modo, il numero di “distressed bonds traded” (vedi il grafico con sopra in rosso l’indice Vix) ha realizzato un massimo relativo (non assoluto) alla fine dello scorso mese di marzo per poi indietreggiare, ma in questo caso, la tendenza appare tuttora orientata verso il basso.

Secondo il mio modesto parere questi sono due indicazioni che hanno il loro perché e che meritano di essere presi in considerazione.

Come ho già avuto modo di scrivere, un analista deve cercare di anticipare, quanto possibile e non lo è quasi mai, eventuali segnali di pericolosità per essere in grado di gestire al meglio un eventuale aumento di rischiosità dei mercati.

In fondo è come vedere sulla strada un segnale di pericolo 150 metri prima di una curva.

Non ho inventato nulla.

Magari la segnaletica stradale era “inutile” o “superflua”, ma non ci è acceduto nulla di male nella curva ed è questo che conta.

Ps: ieri sera sono stati resi pubblici i verbali della Fed dove il Fomc ha ribadito l’intenzione di lasciare i tassi di interesse bassi (tra 0% e 0.25%) almeno fino al 2022 e la necessità di “una politica monetaria molto accomodante per qualche tempo” anche per la Covid-19.





A disposizione

Articolo a cura di Giovanni Maiani

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