Allo sceicco piace il Toro

Maurizio Mazziero Maurizio Mazziero - 05/12/2016 14:09

Ottava memorabile quella del petrolio, che in sole tre sedute si è portato da poco più di 45 a 51,7 dollari al barile, con un progresso di oltre il 14% raggiungendo la zona superiore della banda di oscillazione. Le quotazioni si trovano ora di fronte a un’importante resistenza, che potrebbero respingere i prezzi, tuttavia non si può escludere che l’euforia continui, perlomeno fino a quando non saranno rivisti i conteggi di domanda e offerta e delle scorte.



Alla base del forte balzo di settimana scorsa vi è il raggiunto accordo per il taglio della produzione OPEC durante il meeting di Vienna; un taglio di 1,2 milioni di barili al giorno che si presenta più ampio delle precedenti rosee previsioni di 750 mila barili al giorno.
Dalla tabella è possibile osservare come la riduzione, che verrà avviata da gennaio 2017, costituisca per ciascun membro un taglio di circa il 4,6 percento rispetto alla produzione di ottobre, la Russia inoltre si è resa disponibile a contribuire alla riduzione per 600 mila barili al giorno, pari al 4,3 percento della propria produzione di 14 milioni di barili giornalieri.




Sempre dalla tabella è possibile cogliere alcune particolarità:

  • L’Iran continuerà ad aumentare la produzione di circa 90 mila barili al giorno, raggiungendo la quota pre-embargo poco sopra i 4 milioni di barili.
  • Libia e Nigeria non vengono toccate dall’accordo e quindi, salvo instabilità interne, si presume che continueranno ad apportare rispettivamente 528 mila e 1,628 milioni di barili al giorno.
  • L’Indonesia con una produzione di 722 mila barili al giorno, che aveva sospeso la sua partecipazione all’OPEC nel gennaio 2009 e vi era rientrata nel gennaio 2016, ha deciso nuovamente di non aderire al cartello da novembre 2016.

Ne consegue che la produzione OPEC, senza considerare l’Indonesia che viene quasi compensata dalla riduzione della Russia e includendo Libia e Nigeria, ammonterebbe a poco più di 32,2 milioni di barili al giorno.
I calcoli dell’OPEC alla base dell’accordo sulle quote di produzione stimano una crescita dell’economia mondiale del 2,9 percento nel 2016 e del 3,1 percento nel 2017, con una contrazione della produzione non-OPEC di 0,8 milioni di barili al giorno per quest’anno e una crescita di 0,3 milioni di barili nel prossimo anno; la domanda, invece, dovrebbe presentare un aumento di 1,2 milioni di barili al giorno sia nel 2016 sia nel 2017.
Siamo nel campo delle previsioni su una molteplicità di variabili, che possono fornire risultati estremamente divergenti; se a questo aggiungiamo il fatto che i membri OPEC si sono sempre mostrati piuttosto indisciplinati nel rispettare le quote di produzione ci rendiamo conto come i mercati abbiano brindato forse in modo un po’ troppo precipitoso.



Infatti osservando il grafico delle stime di produzione OPEC per mantenere un equilibrio fra domanda e offerta notiamo che nel primo trimestre del 2017 questa dovrebbe essere di 31,6 milioni di barili; quindi in base all’accordo di Vienna si avrebbe un surplus di 0,6 milioni di barili. Solo nel secondo trimestre la produzione risulterebbe in equilibrio, mentre a partire dalla seconda metà dell’anno inizierebbe a formarsi una condizione di deficit.
Concludendo, sebbene la logica dovrebbe suggerire il mantenimento nella fascia di oscillazione di 42-52 dollari è probabile che ulteriori acquisti possano spingere ancora più in alto le quotazioni, raggiungendo anche i 62 dollari e colmando il gap di prezzo fra 55,3 e 56,5 dollari rimasto aperto da luglio 2015. Tuttavia occorre ricordare che un ulteriore incremento delle quotazioni porterebbe le produzioni USA a spingere più a fondo sull’acceleratore, riattivando numerosi impianti; quindi non si può escludere che una volta raffreddati gli entusiasmi, e riconsiderate le ingenti scorte, il prezzo del barile possa ritornare nell’attuale fascia di oscillazione, soprattutto in presenza di un dollaro forte.



Maurizio Mazziero
www.mazzieroresearch.com

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