Selettività fondamentale per investire nel mercato azionario cinese

Finanza Operativa Finanza Operativa - 20/03/2017 16:22

Si osserva un diffuso scetticismo sulle prospettive della Cina, innescato da timori riguardanti la situazione debitoria e, più di recente, il rischio di una possibile guerra commerciale con gli USA. È tuttavia opportuno chiedersi se gli investitori sanno che la situazione relativa al finanziamento è solida e che la leva è stata utilizzata a fini di investimento, più che di consumo, e che i dividendi cinesi legati alla globalizzazione sono già diminuiti.

Le esportazioni in percentuale dell’economia cinese si sono quasi dimezzate (al di sotto del 20%), un livello paragonabile ai primi anni 2000, prima cioè che la Cina si unisse alla World Trade Organization. In vista della crescita dei consumi e dei servizi, la domanda esterna non rappresenta più l’elemento rivoluzionario per lo sviluppo della Cina, come è stato 15-20 anni fa.

Siamo costruttivi sullo sviluppo dell’economia del Paese, e manteniamo convinzioni bottom-up sull’area, focalizzate sulla crescita della classe media. Il nostro portafoglio azionario sui mercati emergenti è esposto a una manciata di società quality growth in Cina, che riflettono una realtà economica: la Cina rappresenta la seconda maggiore economia e il secondo mercato azionario a livello globale. Attraverso il Connect Scheme, gli investitori stranieri possono ora investire direttamente in quasi 1500 titoli (il 50% della capitalizzazione di mercato cinese).

Ed è qui che subentra un paradosso: più i gestori sono attivi sui mercati emergenti, più sottopesano la Cina. Secondo Copley Fund Research, i fondi sui mercati emergenti globali con un active share superiore al 75% e con meno di 75 posizioni, sottopesano per più dell’8% la Cina. Tuttavia, il record di dispersione di rendimento azionario indica che ci sono ottime opportunità di alpha. Solo un terzo della porzione di mercato disponibile attraverso il Connect Scheme e il programma QFII è stato finora usato dagli investitori stranieri. Solo l’1% della capitalizzazione del mercato domestico cinese è detenuto da investitori stranieri. Il 90% del mercato è in mano allo Stato e ad azionisti retail, il che spiega perché esso non sia ancora efficiente.

Il fatto che gli investitori stranieri siano disinteressati alle azioni domestiche cinesi può essere spiegato dalla loro assenza dall’indice MSCI Emerging Markets? Qualora fosse così, non sarebbe un buon motivo per tenersi lontani dalla Cina. Innanzitutto, gli indici a capitalizzazione ponderata non riflettono chiaramente le opportunità nel mercato azionario cinese connesse a una rapida transizione verso i consumi e i servizi. La Vecchia Cina, rappresentata in gran parte da società di proprietà statale, rappresenta ancora circa il 50% dell’indice. In secondo luogo, la selettività è fondamentale. L’elevata dispersione di rendimenti si traduce in una grande differenza tra società che performano bene e altre male. Così, investire in un indice ampio è probabilmente un modo ottimale per investire nella Cina domestica, se si hanno capacità di selezione di titoli azionari a livello locale.

Siamo consapevoli degli squilibri dell’economia cinese, con riferimento soprattutto al forte debito accumulatosi. Tuttavia, il nostro approccio selettivo comporta l’investimento in società con forti prospettive di crescita e capacità di autofinanziamento. È il motivo per cui, diversamente da altri player, Comgest ha colto l’opportunità di investire nella seconda più grande economia, attraverso società attentamente selezionate: la nostra strategia sui mercati emergenti globali sovrappesa per più dell’8% la Cina, in contrasto con l’industria, e l’apporto dello stock picking sulle azioni di classe A è stato omogeneo e positivo.

Baidu (il Google cinese, con una quota di mercato dominante nel campo delle ricerche online e dei video) rappresenta un primo interessante esempio di stock picking nella Nuova Cina. Ha una piattaforma di aste online che permette alla società di attrarre denaro dalla pubblicità digitale. La Cina rappresenta il 20% circa del mercato della pubblicità digitale globale, da quando internet è diventato la principale piattaforma di pubblicità nel Paese. In una recente MIT Technology Review, Baidu è stata riconosciuta la seconda società più innovativa, come risultato dell’accuratezza della tecnologia di riconoscimento vocale – sovraperformando il software di Google. L’innovazione è stata e continua ad essere la chiave del successo di Baidu.

Un secondo esempio è Kweichow Moutai, leader di mercato in campo di distillati di fascia alta, che da liquore ufficiale dei militari cinesi è diventato un forte brand amato dalla classe media. Capacità di branding e distribuzione sono stati cruciali per il successo della trasformazione.

A cura di Wojciech Stanislawski, Gestore del fondo Comgest Growth Emerging Markets


Fonte: www.finanzaoperativa.com
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