Quattro cose da sapere sulla svalutazione cinese

Finanza Operativa Finanza Operativa - 09/10/2015 14:33

Nelle ultime sei settimane, i mercati finanziari hanno dovuto fare i conti con le implicazioni – presenti e future- della svalutazione giornaliera dello yuan cinese. Anche se i partecipanti del mercato non si aspettavano il movimento è importante contestualizzarlo per cercare di capire quale sia l’obiettivo ultimo delle autorità del Dragone. Nel commento di cui sotto abbiamo delineato quattro punti principali che illustrano il nostro pensiero su questo sviluppo imprevisto, mentre i mercati globali tentano di assimilare quale potrebbe essere esattamente la prossima mossa della Cina.

1) Quanto sono comuni, sui mercati valutari, oscillazioni giornaliere nell’ordine del ±1,84%? Come mostra la tabella sottostante, per la Cina si tratta di un evento senza precedenti. Tuttavia, in altri mercati, si verifica molto più spesso di quanto non si pensi. Ecco perché prosegue il dibattito sulle probabilità che avvengano nuove svalutazioni. A nostro avviso, non ci saranno altri deprezzamenti poiché una politica d’incertezza non rientra negli interessi di lungo periodo della Cina. Quando è un governo a pilotare il cambiamento di rotta della politica monetaria (es. Banca nazionale svizzera, Banca popolare cinese), il mercato tende a fissarsi su questioni come la “guerra valutaria” e la “svalutazione competitiva”. Riteniamo che la Cina abbia sempre adottato un approccio pragmatico alla sua politica economica e monetaria. Durante la crisi finanziaria asiatica del 1997 il tasso di cambio del renminbi rimase invariato, rifiutando l’occasione di svalutarsi per rilanciare l’economia.

Durante la crisi del 2008, la Cina ha ripristinato l’ancoraggio al dollaro USA. Oggi ha invece interesse a sostenere una moneta leggermente più debole. Fino a prova contraria, dovremmo prendere per buona la dichiarazione della Banca popolare cinese (PBOC) secondo cui la svalutazione non ha inaugurato un nuovo trend e non è nelle sue intenzioni un deprezzamento del 10% per stimolare le esportazioni, come invece suggerito da alcuni report. E’ tuttavia possibile che lo yuan continui ad indebolirsi rispetto al biglietto verde ma, in confronto ad altri mercati emergenti, resta una delle alternative più appetibili per i tassi d’interesse relativamente allettanti e una volatilità storicamente ancora bassa.

2) Perché la Cina ha scelto ora di guidare il cambio ufficiale (fixing) verso il basso? Pensavamo che, in ottobre o novembre, il Fondo monetario internazionale (FMI) avrebbe annunciato l’inclusione dello yuan nel paniere dei Diritti Speciali di Prelievo (abbreviato DSP, in inglese Special Drawing Rights o SDRs); l’FMI ha invece dichiarato che non ci sarà alcuna modifica prima del settembre 2016. Le difficoltà dell’economia nazionale e il probabile rialzo dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve nei prossimi mesi hanno indotto i policy maker cinesi a ritenere utile un intervento immediato per allentare le tensioni. Questa flessibilità potrebbe inoltre consentire allo yuan di sganciarsi dal peg con il dollaro, nel caso in cui il biglietto verde dovesse rafforzarsi molto di più contro altre divise estere. Prevediamo che la PBOC continuerà ad adottare altri strumenti convenzionali come i tagli al coefficiente di riserva e i prestiti di società veicolo (SPV o special purpose vehicle) a sostegno dell’output. In risposta alla manovra, l’FMI ha sottolineato di apprezzare l’intenzione della Cina di lasciare che siano le forze di mercato a determinare il valore dello yuan.

3) Quali sono le analogie tra la svalutazione cinese e il Venerdì nero del 1992 in Gran Bretagna? Oltretutto, concentrarsi sul deprezzamento monetario è inutile se non si considera l’ampiezza del movimento. Nella svalutazione più famosa della storia finanziaria moderna, avvenuta il 16 settembre 1992, la Banca d’Inghilterra deprezzò la sterlina di oltre il 4%. Dal 6 al 22 settembre, la sterlina scese del 15,23%. Per quanto sorprendente, la portata delle manovre cinesi non è in alcun modo paragonabile a quanto accaduto agli inizi del 1990 in Gran Bretagna o durante altre recenti svalutazioni in alcuni mercati emergenti. Dal 10 agosto di quest’anno lo yuan ha perso meno del 3%.

4) Le fluttuazioni dello yuan sono iniziate il 21 luglio 2005. E’ cambiata la view della Cina sulla moneta? Dal 2005, lo yuan cinese si è apprezzato del 29,8% contro il dollaro statunitense in termini nominali. Nello stesso periodo, la maggior parte delle altre valute si è in realtà deprezzata rispetto al biglietto verde. Tuttavia, uno sviluppo più interessante riguarda quanto accaduto tra lo yuan e gli altri suoi principali partner commerciali, ossia l’apprezzamento dell’euro, dello yen giapponese e del won coreano pari rispettivamente a +40,8%, +38,7% e +48,50% nello stesso periodo. Sotto molti aspetti, mentre gli investitori USA si focalizzano sulla dinamica yuan contro dollaro, le recenti fluttuazioni potrebbero invece rispondere più che altro all’insostenibile percorso di apprezzamento rispetto agli altri principali concorrenti e mercati d’esportazione della Cina.

Anche se la Cina continuerà a concentrare gli sforzi nel processo di transizione da un’economia dipendente dai consumi interni ad una trainata invece da investimenti ed esportazioni, il passaggio non sarà immediato. L’andamento della moneta, così come i cambiamenti di politica interna, avranno un impatto significativo. In conclusione, i provvedimenti cinesi hanno rappresentato una sorpresa per il nostro outlook sull’andamento dello yuan. Siamo tuttavia convinti che non si debba sovrastimare la reazione dei mercati a questo cambiamento di rotta della politica monetaria cinese. Il Presidente della Federal Reserve di St. Louis, James Bullard, non aveva torto affermando ad agosto di quest’anno che il picco di volatilità e le oscillazioni in borsa sembravano essere frutto di una reazione eccessiva dovuta all’assenza di notizie reali al difuori della vicenda cinese.



A cura di WisdomTree Europa


 

Fonte: www.finanzaoperativa.com

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