Il sentiment degli investitori rimane fragile a causa dei dati economici poco entusiasmanti provenienti da Stati Uniti, Europa e Giappone. Secondo alcuni parametri, negli USA si profila l’inizio di una congiuntura negativa: stando ai nostri calcoli, le obbligazioni high yield e i Treasury USA scontano una recessione con una probabilità di 7 su 10. Quanto a noi, escludiamo una fase recessiva negli USA: il nostro scenario di riferimento prevede tuttora una crescita continua, anche se più lenta, sostenuta da un graduale miglioramento delle condizioni economiche in Cina. E sebbene la Federal Reserve rischi di provocare ulteriori turbolenze sui mercati con nuovi rialzi dei tassi, altre banche centrali, consapevoli della fragilità delle rispettive economie, opteranno probabilmente per un allentamento monetario.
Conserviamo pertanto il sovrappeso sulle azioni e il sottopeso sulle obbligazioni. I nostri indicatori proprietari del ciclo economico segnalano una crescita modesta sia nei mercati sviluppati che in quelli emergenti, con un’elevata probabilità di sorprese positive soprattutto negli Stati Uniti e in Cina. Negli USA la crescita rimane vigorosa, ma ha rallentato a causa della forza del dollaro e della contrazione della domanda estera che penalizzano le esportazioni. Sulla performance dell’economia pesa anche la debolezza del settore energetico. Tuttavia, la spesa per consumi, storicamente il principale motore dell’economia statunitense, si conferma solida, come evidenziato dall’ottimo andamento delle vendite al dettaglio, che rispecchia l’aumento del potere d’acquisto derivante dai bassi prezzi dell’energia e dall’accelerazione della crescita salariale. Prevediamo un tasso di crescita annuo dei consumi privati del 3% circa, che dovrebbe consentire all’economia USA di registrare un’espansione di poco inferiore al 2,5% nel 2016. Analogamente, i consumi privati continuano a trainare la ripresa economica europea, che prosegue, seppur a un ritmo più lento rispetto quella degli Stati Uniti. I bassi prezzi del petrolio e il rafforzamento del mercato del lavoro dovrebbero sostenere ancora per qualche tempo questa crescita trainata dai consumi. Tuttavia, a fine 2015 la produzione industriale ha registrato una significativa flessione e le esportazioni tedesche si sono indebolite per via della domanda anemica sui mercati esteri.
In Giappone la crescita ha decelerato a causa della contrazione della domanda interna ed estera. L’andamento deludente delle vendite al dettaglio ci induce inoltre a prevedere un ulteriore allentamento
monetario.
Sulle piazze emergenti troviamo incoraggianti i crescenti segnali di stabilizzazione in Cina, dove la produzione industriale ha smesso di contrarsi; i nostri indicatori anticipatori proprietari continuano a suggerire un prossimo recupero e prefigurano per quest’anno un’espansione economica del 6,7% circa. Il recente miglioramento può essere attribuito in gran parte alle politiche fiscali e monetarie espansive, che hanno dato impulso al settore immobiliare e reso le esportazioni più competitive.
Le politiche monetarie e fiscali accomodanti hanno sostenuto le dinamiche di crescita anche in altri mercati emergenti asiatici, mentre in America Latina dovrebbe dovrebbe finalmente concretizzarsi una ripresa, dato che il calo dei prezzi delle commodity ha già esercitato la maggior parte del suo impatto negativo. I nostri indicatori della liquidità hanno evidenziato un generale progresso, poiché il rallentamento della crescita ha indotto alcune banche centrali ad allentare le redini della politica monetaria.
Europa e Giappone sono avviati verso nuove misure espansive, con programmi di quantitative easing e tassi bassi volti a incrementare l’offerta di moneta. La recente decelerazione della crescita suggerisce un ulteriore allentamento in queste aree. Riteniamo che dalle riunioni di politica monetaria di marzo potrebbero scaturire interventi energici e radicali, come un ampliamento del programma di acquisto di obbligazioni da parte della Banca Centrale Europea (BCE).
Anche la Cina potrebbe procedere a un’ulteriore espansione dell’offerta di moneta. In effetti, le autorità cinesi hanno già dimostrato la volontà di sostenere la crescita all’inizio del mese, con un ulteriore taglio di 50 punti base del coefficiente di riserva obbligatoria delle banche. Questo intervento, che ha portato il coefficiente al 16,5%, si traduce in un’iniezione di liquidità equivalente all’1% circa del PIL cinese.
Negli Stati Uniti, intanto, il credito alle famiglie e alle imprese e il volume della massa monetaria crescono a un tasso annuo rispettivamente del 10% e del 6%. Eppure, negli USA permane il rischio di un ritiro intempestivo degli stimoli monetari, che potrebbe avere ripercussioni preoccupanti in tutto il mondo.
I nostri indicatori delle valutazioni suggeriscono che gli asset più rischiosi restano sottovalutati nonostante il moderato recupero dei mercati nelle ultime settimane. Il premio per il rischio azionario offerto dalle azioni dei mercati avanzati è risalito sopra il 5%, superando di 100 punti base la media di lungo periodo. Le azioni potrebbero quindi guadagnare un ulteriore 20%. Nei mercati emergenti le valutazioni più appetibili si trovano in Cina, mentre quello dei finanziari è attualmente il settore azionario più conveniente dopo alcune settimane deludenti. Negli Stati Uniti si teme invece per i margini di profitto a causa dell’aumento dei costi di produzione dovuto principalmente al rialzo dei salari nel quadro del consolidamento del mercato del lavoro. Pur restando elevati, i margini sono diminuiti rispetto al picco raggiunto circa un anno fa.
I nostri indicatori tecnici dipingono un quadro moderatamente negativo. Dato il posizionamento eccessivamente ribassista degli investitori, le azioni giapponesi sembrano destinate a un recupero particolarmente vigoroso. Un’osservazione analoga vale per il mercato high yield statunitense. Altrove, tuttavia, il quadro tecnico è decisamente meno favorevole. Abbiamo rilevato che un numero insolitamente basso di azioni quota attualmente a livelli superiori alla propria media mobile a 200 giorni, il che di per sé suggerisce la probabilità di un’ulteriore correzione.
Fonte: www.finanzaoperativa.com
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