L’Europa contribuisce a dare qualche spinta al dollaro facendo trapelare (riportata da Reuters) l’intenzione di agire in dicembre, ma non con un allargamento del QEcome molti avevano ipotizzato, bensì con un intervento sui tassi di interesse, che porterebbe ancora più in negativo la remunerazione del denaro in deposito. Il modello a cui si fa riferimento è quello danese e svizzero (entrambi con tassi negativi per lo 0,75%) ed allora qui la speculazione impazza sulla possibilità che l’istituto europeo agisca con un taglio dei tassi robusto questa volta, con un ribasso di 50 bps che porterebbe a -0,75% il costo del denaro in tutta la zona euro.
Nel frattempo le fratture a livello politico non sembrano recedere, e tra un Portogallo in piena crisi politica (ed istituzionale) dopo le recenti elezioni che hanno consegnato ad una maggioranza anti austerity che non si vuole far governare, una Catalogna che contro la ferma resistenza del Governo centrale sta avviando le pratiche per l’indipendenza(e questa regione rappresenta 1/5 del PIL iberico) ed una Grecia che si vede ritardare ancora una volta l’esborso della tranche di aiuti da 2 mld di euro, insomma, il clima non pare proprio sereno.
In questo scenario, il mercato delle materie prime resta sotto scacco, e malgrado il leggero rimbalzo messo a segno ieri da oro e petrolio, l’indice misurato da Bloomberg (che comprende le principali 22 materie prime) crolla ancora ieri portandosi ai minimi dal 1999. I metalli non ferrosi sono preda di vere e proprie prese di beneficio, particolarmente evidenti sul rame che ieri perde quota 5.000 dollari andando ad appoggiarsi in area 4.900 dollari, minimio da 11 settimane, e nickel, in area 9.550 dollari (malgrado il corposo ritiro di scorte all’LME oggi che non sembra dare troppo sostegno alle quotazioni)
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a cura di Michael Palatiello, strategist di Wings Partnes Sim
Fonte: www.finanzaoperativa.com
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