I mercati obbligazionari e il voto ‘Leave’

Finanza Operativa Finanza Operativa - 24/06/2016 12:37

L’Inghilterra ha votato per lasciare l’Unione Europea. Come prima cosa questa mattina, stiamo assistendo ad importanti movimenti negli asset a reddito fisso, poiché i mercati finanziari avevano per gran parte scontato un risultato ‘Remain’, in linea con gli ultimi sondaggi e opinioni pervenute e, in particolare, in linea con il settore delle scommesse che aveva fortemente puntato su questo risultato. I principali movimenti di mercato, tuttavia, si sono verificati nei mercati dei cambi dove la sterlina è caduta da circa l’1.50 all’1.36 rispetto al dollaro, un ribasso mai visto dal 1985. L’indice US Dollar ha fatto rally per circa il 3%, e il principale vincitore in questo scenario di ‘risk off’ è lo Yen giapponese, che è sopra il 3.6% contro il dollaro. L’Euro sta performando male, poiché le implicazioni politiche ed economiche del voto di uscita sono state già soppesate – la crescita economica sarà colpita, altre nazioni vorranno fare i loro referendum, cosa sarà dei Paesi periferici e del settore bancario? L’Euro è sceso di oltre il 3% sul dollaro. In una mattina di risk-off, le altre grandi perdenti sono le valute dei mercati emergenti. Il Peso messicano ad esempio è più debole del 6%.

Pensando ai mercati obbligazioni, il Treasury a 10 anni ha fatto rally nel corso della notte per circa 25 punti base (più di due punti), e il Bund a 10 anni si è mosso rapidamente sotto lo zero – scambiando ora a un nuovo record di meno 15 punti base.  Questo segue il sell-off di ieri nei titoli di Stato in anticipazione di un risultato su ‘Remain’. I mercati dei Gilt faranno rally all’apertura e tutti gli occhi sono puntati sulla Bank of England che si è impegnata ad inondare di liquidità il settore bancario. Non escluderei un taglio dei tassi da parte della BoE più tardi nel corso della mattinata, probabilmente a 0% dallo 0.5% (sebbene questo alimenterebbe un ulteriore sell-off della sterlina). In anticipazione di un voto ‘Leave’ è stato ventilato un possibile declassamento del rating per il Regno Unito – ma i mercati non hanno generalmente punito i declassamenti dei titoli di Stato con i rating superiori (ad esempio gli Stati Uniti quando hanno perso la tripla A): non ci sono rilevanti rischi di default per una nazione che può stampare la propria moneta.

I ‘perdenti’ nei mercati obbligazionari saranno gli asset obbligazionari più rischiosi. Poiché aumentano le preoccupazioni di una rottura dell’Unione Europea, i titoli di Stato di Italia e altri Paesi dell’Europa periferica non stanno performando bene. I titoli di Stato italiani e spagnoli sono aumentati di 30 punti base questa mattina. Gli spread delle obbligazioni del settore finanziario dei Paesi periferici si sono anch’essi ampliati di 60 punti base per quanto riguarda il credito senior, mentre i subordinati oltre i 130 punti base. Le banche in generale, anche quelle delle nazioni ‘core’ stanno soffrendo rispetto ai corporate bond di altri settori. Il debito bancario senior è di 50 punti base più ampio e i subordinati di 100 punti base più ampio. È poi tornato sui suoi passi e ora è ‘solo’ più ampio di 80 punti base.

Fondamentalmente, il sell-off degli asset rischiosi può presentare opportunità per gli investitori con orizzonte di lungo termine. I mercati del credito stanno già scontando un livello più alto di default che riteniamo plausibile, e le oscillazioni di oggi aumentano l’extra compensazione che si ottiene dal rischio default. Tuttavia, con la liquidità che si preannuncia bassa per oggi (e potenzialmente per ancora alcuni giorni fintanto che non saranno più chiare le implicazioni del voto) la chance di approfittare di affaroni potrebbero essere piuttosto limitate.

E cosa succederà all’economia? Beh, il 90% degli economisti si aspettavano un voto ‘Leave’ negativo per la crescita inglese. Alcuni dicono che anche l’incertezza prima del voto ha tolto sui 50 punti base dal crescita del PIL nazionale; sicuramente, le intenzioni d’investimento saranno probabilmente ritardate dalle società, e le famiglie potrebbero diventare più caute nella spesa. Una recessione non può essere scartata a priori. Con prospettive per la crescita globale oggi ancora più deboli, ci aspettiamo che la FED rimanga in attesa: nessun rialzo nel prossimo futuro. L’inflazione nel Regno Unito è una questione diversa: una caduta importante della sterlina porterà a prezzi di importazione più alti. Dopo anni di inflazione al di sotto del target, dovrebbe muoversi oltre il 2%. Tuttavia, nell’interesse di crescita e stabilità finanziaria è improbabile che questo provochi una risposta della Bank of England: come detto prima, un taglio dei tassi è più probabile in prima istanza.


Articolo a cura di Jim Leaviss, Head of Retail Fixed Interest di M&G


Fonte: www.finanzaoperativa.com
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