La decisione del Regno Unito di uscire dall’Unione Europea è stata una sorpresa. Prima del referendum, infatti, la sterlina si era apprezzata e l’azionario europeo era salito, mentre in seguito all’esito del voto ci sono stati sell-off precipitosi. L’incertezza di breve periodo, in particolar modo circa le modalità di un’uscita formale del Regno Unito dall’Unione Europea in termini legali e circa la possibilità che altri Paesi organizzino a loro volta un referendum, si è trasformata in un’acuta agitazione di mercato.
Per le economie asiatiche (escluso il Giappone), l’impatto diretto nel complesso è piuttosto limitato. Le esportazioni lorde verso l’UE contano per circa un terzo del PIL, con un valore aggiunto che conta per circa il 20%. Con i cicli di scambio mondiali già al di sotto del trend di crescita, è improbabile che il risultato della Brexit diventi l’unica causa di una recessione globale. Le implicazioni immediate riguarderanno la misura in cui le banche centrali coordineranno le proprie politiche monetarie per garantire liquidità al mercato, mentre gli investitori rivaluteranno i premi al rischio tradizionalmente associati ai Mercati Emergenti.
A nostro avviso, è probabile che la Federal Reserve sospenda il suo attuale ciclo di rialzo dei tassi, ciò rappresenta un secondo cambio di posizione rispetto a quando l’istituto centrale statunitense aveva suggerito che l’economia potesse sostenere due rialzi dei tassi e non quattro come previsto in precedenza. In seguito ai dati di maggio sul mercato del lavoro più bassi di quanto ci si aspettasse e a un ulteriore rafforzamento del dollaro derivante dalla volatilità di mercato, è possibile che il presidente della Fed, Janet Yellen, preferirà mantenere fermi i tassi di interesse, procedendo con un primo rialzo a dicembre in seguito alle elezioni presidenziali. Inoltre, è probabile non solo che la Banca Centrale Europea e al Bank of Japan espandano il proprio programma di quantitative easing, ma è anche possibile che avranno una tolleranza maggiore nei confronti di eventuali spostamenti ulteriori dei tassi di interesse in territorio negativo.
Questo scenario caratterizzato da una politica accomodante dovrebbe far presagire segnali positivi per i Mercati Emergenti che da sempre scambiano a premi al rischio più elevati rispetto ai mercati sviluppati. In seguito al risultato inaspettato della Brexit, è probabile che gli investitori rivaluteranno questo principio, in particolare poiché l’azionario emergente si sta allontanando da politiche nazionaliste per andare verso riforme a favore del mercato, trend maggiormente evidente nelle più grandi economie asiatiche emergenti e nei Paesi del Sud-est asiatico. La Brexit non solo riflette il contrario ma sottolinea esattamente come mai premi più alti non sono giustificati nell’attuale contesto di mercato.
Le dinamiche di scambio sono cambiate in maniera significativa poiché le società asiatiche sono passate da un processo di distribuzione concentrato a una maggiore diversificazione che porta a un aumento della componente straniera. Ciò in parte spiegherebbe l’impatto limitato sugli scambi, dato che quest’anno la maggior parte delle valute asiatiche si sono deprezzate contro il dollaro, implicando che i vantaggi dei termini di scambio sono controbilanciati da un aumento nei costi di produzione in termini di valuta locale. La crescita della Cina sia nell’industria manifatturiera, sia nei consumi della domanda finale indica che la maggior parte delle esportazioni asiatiche rimane all’interno della regione, con un 51,1% stimato di esportazioni da parte dei Paesi Asia Ex-Japan (AXJ) verso altri Paesi all’interno della stessa area, dato in aumento dal 46,3% di solo un decennio prima.
La liquidità insieme a discount spread in calo dovrebbe rendere l’azionario asiatico un’asset class attraente, da tenere in portafoglio. Le valutazioni hanno prezzato un’improbabile recessione globale, mentre gran parte dell’area in questione è guidata dalla domanda interna. Coloro che otterranno benefici immediati in questo contesto sono le economie focalizzate al loro interno, tra cui l’India e la regione dell’ASEAN, in particolare Filippine e Indonesia. Le economie del Sud-est asiatico sono supportate da un livello basso del debito, da tassi reali e da surplus delle partite correnti, che proteggono il loro valore sia in termini di dollari sia di valuta locale. In parte, l’aumento dei consumi da parte delle famiglie cinesi dovrebbe rimanere forte, poiché gran parte del debito è concentrata nel settore corporate mentre il debito privato rimane basso.
A cura di Christopher Chu, Fund Manager, Azionario Asia, Union Bancaire Privée
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