A poco più di due settimane dal primo round delle elezioni presidenziali francesi, ci occupiamo nella presente relazione dei vari impatti che possiamo attenderci sui mercati finanziari negli scenari più credibili che si stanno attualmente profilando per gli investitori. Riteniamo che tali scenari possano suddividersi in due categorie:
• in primo luogo, lo scenario “Macron/Fillon”, con la vittoria di un candidato riformista, in una sorta di continuità con il recente passato;
• in secondo luogo, lo scenario “Marine Le Pen”, che rappresenterebbe una svolta netta rispetto agli ultimi 50 anni e punterebbe all’uscita della Francia dall’euro (e dall’Unione europea in virtù dei trattati attualmente in vigore).
1. SCENARIO MACRON/FILLON. I mercati sono già molto ottimisti su tale esito; in ogni caso, l’ipotesi Macron/Fillon sarebbe probabilmente ben accolta poiché allontanerebbe il rischio dell’uscita della Francia dalla zona euro e dall’Europa, fornendo al contempo un programma ampiamente credibile di riforme:
• Differenziale di rendimento tra Francia e Germania: previsto restringimento sul titolo decennale a quota 40-50 punti base rispetto ai 66 punti base di questo periodo; la vittoria di Fillon sarebbe probabilmente più positiva per lo spread OAT/Bund (+40 punti base), poiché Fillon è a favore di un consolidamento fiscale più ambizioso;
• Tassi di interesse tedeschi: l’eliminazione del premio per l’incertezza potrebbe far ritornare il Bund decennale intorno a quota 0,50%-0,60%, specialmente perché la BCE potrebbe poi procedere più velocemente con la normalizzazione della propria politica monetaria;
• Tassi di interesse per le economie periferiche: lo spread sul tasso decennale italiano (oltre 200 punti base) potrebbe avvicinarsi temporaneamente al tasso spagnolo (135 punti base), per poi salire nuovamente nel momento in cui gli investitori inizieranno a concentrarsi sulle prossime elezioni italiane;
• Inflazione in Francia: il programma di Fillon sembra leggermente inflazionistico nel breve termine, con la proposta di aumentare l’IVA di 2 punti, seppur è probabile che assisteremo ad uno shock temporaneo sui prezzi più che ad una vera e proprio spinta inflazionistica, con misure di austerity che dovrebbero poi intaccare i prezzi ;
• Titoli azionari nella zona euro: probabile rally del 10-15%, con un premio per il mercato
francese e i mercati periferici (Italia, Spagna);
• Euro/dollaro: nello scenario in esame, l’euro dovrebbe riprendere il suo lento apprezzamento sul dollaro, raggiungendo quota 1,10-1,15. Tutto dipenderà dalle mosse della BCE a seguito delle elezioni, nonché dalla Fed, che potrebbe iniziare a ridurre il suo bilancio.
2. SCENARIO LE PEN. Tralasciando l’allargamento dello spread OAT/Bund cui abbiamo già assistito (raddoppiato a quota 66 punti base a partire da inizio novembre), pare che i mercati non abbiano ancora incorporato questo scenario elettorale nei prezzi; pertanto, la vittoria di Le Pen coglierebbe gli investitori impreparati. Tale scenario comporterebbe grandi incertezze e preoccupazioni alla luce della possibilità di una rottura della zona euro, il che potrebbe provocare uno scenario disastroso per il sistema bancario europeo. Le tensioni e la volatilità andrebbero alle stelle, sebbene la probabilità di una vittoria del Fronte nazionale alle elezioni presidenziali rimanga più elevata rispetto a quella di una vera e propria Frexit. Alla luce del sistema di conteggio dei voti e della popolarità del Fronte nazionale che varia da una regione francese all’altra, la probabilità che il partito ottenga la maggioranza dei seggi alle elezioni legislative di giugno per poi indire un referendum sull’euro pare modesta (probabilmente inferiore al 20%) alla luce di vari ostacoli politici, costituzionali e giuridici.
Laddove il Fronte nazionale dovesse ottenere una maggioranza o una coalizione nell’Assemblea Nazionale e potesse quindi indire un referendum “per o contro l’euro”, l’esito del voto sarebbe incerto poiché una vasta maggioranza di francesi non è a favore dell’uscita dall’euro in questo momento. Tuttavia, tale scenario potrebbe innescare tra gli investitori una forte diffidenza nei confronti degli asset francesi a fronte della percezione di un aumento significativo del rischio di una possibile ridenominazione in franchi francesi:
• Differenziale di rendimento tra Francia e Germania: la Brexit ci ha dato un’idea dell’entità del premio per il rischio che occorre pagare per una “svolta” di questo tipo; nello scenario in esame, potremmo quindi aspettarci un deprezzamento del valore del debito francese di circa il 15-20%, per compensare l’attesa perdita di valore della futura moneta nazionale. Tale sconto equivarrebbe ad un rapidissimo aumento del tasso decennale di circa 150-200 punti base, o anche più per i titoli a scadenza più breve: considerando un valore ricorrente dello spread OATBund di circa 50 punti base, ciò suggerisce un allargamento dello spread a quota 200-250 punti base, superiore quindi ai dati attuali per l’Italia. Tale marcato allargamento dello spread OATBund potrebbe crescere ulteriormente nel caso di una vittoria schiacciante del Fronte nazionale alle elezioni legislative, nel caso di un sostegno politico sufficiente per indire un referendum sull’uscita dalla zona euro e nel caso di incertezze sull’atteggiamento della BCE.
A differenza della Banca d’Inghilterra e delle misure da questa prese a seguito della Brexit, la banca centrale non ha molto margine di manovra per stabilizzare i mercati obbligazionari: è improbabile si assista ad un nuovo programma di acquisto di asset (QE), e i piani OMT richiedono un nuovo accordo di aggiustamento del bilancio tra il governo francese e il Meccanismo europeo di stabilità (MES) che probabilmente sarebbe impossibile nel caso di una vittoria di Le Pen. Nel caso di una rottura della zona euro, lo spread OAT-Bund potrebbe allargarsi a quota 500 punti base, richiamando i differenziali da record sul decennale italiano della crisi del 2011-2012;
• Tassi di interesse tedeschi: il Bund beneficerebbe logicamente di un “flight to quality”, che sarebbe ancor più marcato laddove la probabilità di un ritorno alle monete nazionali fosse molto elevata, poiché il Bund sarebbe trascinato da aspettative di ridenominazione del debito tedesco in Deutschemarks, i quali probabilmente si apprezzerebbero notevolmente nei confronti di altre valute. Pare logico in questo senso fare un parallelo coi tassi svizzeri, caduti in territorio negativo durante la crisi dell’area euro; pertanto, anche i tassi del Bund decennale potrebbero scivolare in territorio negativo.
• Tassi di interesse per le economie periferiche: pare inevitabile un massiccio allargamento degli spread per Spagna e Italia, commisurato alla probabilità di una rottura della zona euro, in uno scenario simile a quello del 2011, quando i differenziali di rendimento tra i titoli a 10 anni dei due paesi e i Bund tedeschi balzarono da 175 punti base a 470 punti base (Spagna) e da 122 punti base a 552 punti base (Italia)
• Inflazione in Francia: ancor prima di una potenziale rottura dell’area euro, la mera percezione di tale rottura potrebbe paralizzare grandi operazioni di investimento nonché la spesa per beni di consumo durevoli. Potremmo anche aspettarci un netto calo dei prezzi degli immobili (shock sui tassi d’interesse, crollo degli investimenti esteri) a causa del considerevole aumento dei tassi a lungo termine. Nel caso di una rottura dell’area euro, la svalutazione del nuovo franco farebbe scattare un aumento dell’inflazione importata, con i prezzi al consumo che salirebbero fino a punte del 3-4%, con il possibile materializzarsi di uno scenario stagflazionistico.
• Titoli azionari nella zona euro: nella settimana successiva alle elezioni presidenziali, assisteremmo probabilmente ad un calo di circa il 10%-15% sull’EuroStoxx, con vendite massicce di titoli bancari (da -20% a -30%); tale calo aumenterebbe laddove il Fronte nazionale ottenesse una maggioranza nell’Assemblea Nazionale in occasione delle elezioni legislative, nel caso in cui fosse indetto un referendum e, ovviamente, se si verificasse la Frexit, con un calo complessivo del 25-30% sugli indici di borsa nella zona euro nel caso in cui la Francia uscisse dall’Europa (da -30% a -40% per il CAC 40). Tali livelli sarebbero simili ai cali verificatisi sull’EuroStoxx 50 durante la crisi della zona euro intervenuta tra il febbraio e il settembre del 2011;
• Euro/dollaro: assisteremmo probabilmente ad una svalutazione immediata dell’euro nei confronti del dollaro USA nella misura del 5-10%, con un graduale aumento di tale calo nel caso di un referendum e specialmente in ipotesi di vittoria della Frexit (tra -15% e -20% complessivamente). L’unico periodo a cui possiamo fare riferimento come esempio di momento di forte scetticismo del mercato sull’euro è costituito dal periodo 1999-2000, quando l’euro perse quasi il 30% nei confronti del dollaro e dello yen nell’arco di un anno. Tuttavia, l’attuale carodollaro dovrebbe proteggere l’euro nei confronti di un calo così importante.
Qualsiasi sarà lo scenario futuro, vi è il forte rischio che le elezioni porteranno ad un sistema bipartisan francese maggiormente disperso, con maggiori difficoltà di costituzione di maggioranze consistenti; i governi di coalizione non sono lo standard culturale in Francia. La valutazione del rischio politico nella zona euro impone di monitorare tale situazione molto da vicino.
Infine, nel caso della vittoria di Marine Le Pen, dovremmo anche considerare l’impatto più vasto sui mercati finanziari mondiali del collasso dell’euro e di una crisi sistemica di gran parte del sistema bancario europeo. Pare che pochi investitori internazionali siano pronti per tale scenario, una situazione che ricorda quella innescata dal fallimento di Lehman Brothers.
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