E’ molto probabile che fra 50 anni la ponderazione dei mercati emergenti nell’indice MSCI sia pressoché allineata a quella dei paesi sviluppati in tutti gli indici globali, raggiungendo forse anche una quota del 50% e colmando questo storico divario. “A nostro avviso ciò riflette il miglioramento dello status economico collettivamente attribuito ai mercati emergenti, che rappresentano oltre il 50% del PIL globale e l’80% dell’output, pur costituendo al momento un mero 11% dell’MSCI All Country World Index (ACWI) – commenta Tim Love, responsabile strategie azionarie Paesi Emergenti di GAM Investments.
Qual è il motivo di questo cambiamento?“Le ragioni sono molte e fortemente influenzate dai fattori ESG, ovvero dal fatto che i mercati emergenti scarseggiano ancora di corporate governance. Eppure si tratta essenzialmente di un’anomalia pluridecennale che, a nostro avviso, rappresenta un’importante distorsione ma che sembra destinata ad affievolirsi sempre più – continua Tim Love – Le cose, infatti, stanno pian piano cambiando. Storicamente l’MSCI China è legato solamente a Hong Kong e attualmente non attribuisce una grande importanza alle azioni A della Cina continentale, malgrado il fatto che questi titoli superino per capitalizzazione di mercato quelli dell’intera Europa”.
MSCI ha annunciato di voler aumentare l’esposizione alle azioni A cinesi in tutti i suoi indici il prossimo anno, facendo seguito alla prima fase di implementazione di una ponderazione del 5% rivelatasi particolarmente promettente.
“A nostro avviso, le azioni dei mercati emergenti offrono oggi un’allettante opportunità: sono poco ricercate, sottovalutate e hanno rating bassi. Il profilo di rischio/rendimento relativo dei mercati emergenti rispetto a quelli sviluppati è favorevole in virtù dei buoni rendimenti offerti da questi paesi, rettificati a livello valutario – continua il responsabile strategie azionarie Paesi Emergenti di GAM Investments – Le loro valutazioni azionarie, inoltre, hanno subito forti ribassi in termini di rating da inizio anno e sono ben al di sotto di quelle dello S&P 500 da una prospettiva corrente e storica. La maggior parte di questi paesi rientra nel segmento investment grade e ha un outlook positivo o neutrale. Fatta eccezione per la Cina, i profili di debito sono tenuti sotto controllo e il PIL pro capite continua ad aumentare. Siamo dell’idea che il rischio principale del mondo emergente rimanga più la possibile diffusione di un’epidemia sanitaria che un ulteriore rally impulsivo del dollaro US o la minaccia di una guerra commerciale”.
Per quanto riguarda il Giappone, il Primo Ministro Shinzo Abe ha confermato l’intenzione di aumentare l’aliquota IVA del Giappone dall’8% al 10% nell’ottobre 2019, fissando la seconda tappa di un processo di aumento delle imposte sulle vendite, dopo quella dell’aprile 2014.
“Gli osservatori di mercato temono che l’imminente incremento possa ostacolare gli acquisti, dopo la reazione dei consumi al primo aumento del 2014, quando l’IVA era passata dal 5% all’8% – commenta Reiko Mito, responsabile strategie azionarie di GAM Investments per il Giappone – Questa volta noi siamo più ottimisti perché il governo ha annunciato un programma fiscale che dovrebbe stimolare l’economia nazionale dopo l’aumento tributario del prossimo anno”.
Il piano prevede crediti d’imposta per l’acquisto di automobili e abitazioni, nonché aliquote ridotte sui generi alimentari e sconti su determinati acquisti cashless. Di conseguenza, l’impatto complessivo del secondo incremento fiscale sulla fiducia dei consumatori sarà trascurabile rispetto a quello del 2014. “Siamo dell’idea che aumentare l’imposta sulle vendite sia essenziale per rafforzare la credibilità del governo nipponico, impegnato ad affrontare importanti problemi di indebitamento. Ecco perché riteniamo che porre fine al quantitative easing (QE) non sarà una priorità di Tokyo il prossimo anno, dal momento che un cambiamento della politica monetaria accomodante potrebbe destabilizzare le dinamiche di mercato – conclude Reiko Mito – Al contrario, l’attenzione sarà focalizzata sull’aumento dell’aliquota Iva”.
Fonte: www.finanzaoperativa.com
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