Cina in bilico tra riforme e stimoli

Finanza Operativa Finanza Operativa - 03/08/2015 14:37

La recente correzione del mercato azionario cinese ha fatto registrare un crollo del 35% al rally del 160% che ha caratterizzato il mercato domestico delle azioni di classe A. Senza questo accadimento il mercato risultava suscettibile a un’inerzia che avrebbe potuto lasciarlo gravemente sopravvalutato. Il P/E ora è tornato in linea con la media storica. Per contrastare le perdite e frenare una potenziale discesa della spirale dei prezzi, le autorità Cinesi sono state decisive nelle loro azioni, apportando stimoli monetari ed intervenendo molto direttamente sul m ercato azionario.
 

Ma qui si crea il dilemma: troppe interferenze non sono di buon auspicio per le istituzioni internazionali e gli investitori. Allo stesso modo un supporto non adeguato potrebbe generare ulteriori deflussi da parte degli investitori retail locali, gli stakeholder chiave del mercato azionario domestico in questo momento. Le autorità Cinesi dovranno chiaramente trovare un equilibrio tra gli stimoli e un loro programma di riforme.
 

Noi crediamo che la Cina potrebbe beneficiare ulteriormente di un ulteriore internazionalizzazione. L’apertura del suo mercato azionario agli investitori istituzionali stranieri potrebbe favorire l’acquisizione di quella mentalità orientata al mercato e alla dimensione corporate a cui le altre realtà esposte ai mercati globali sono già abituate. A questo fine crediamo che la Cina dovrebbe rimanere impegnata nelle riforme e ritirare alcune delle misure di sostegno che si scontrano direttamente con i suoi obiettivi di liberalizzazione.
Settimana scorsa il forte calo dei prezzi, che ha fatto seguito a tre settimane di guadagni, ha dimostrato come i mercati siano dipendenti dalle misure di supporto e tutto ciò non può essere rimosso troppo rapidamente. Ad ogni modo un patto per le riforme comunicato con chiarezza e ritiri supportati potranno dimostrare ai potenziali investitori istituzionali che il mercato azionario cinese non è così chiuso in se stesso come viene comunemente percepito.
 

Disperati o risoluti? I mercati azionari cinesi stanno attraversando una fase di correzione. Le autorità locali stanno usando la mano pesante. Sebbene i prezzi sembravano essersi stabilizzati al termine di tre settimane di crescita costante, questa settimana hanno ripreso ancora una volta a precipitare. Sulla base della nostra comprensione delle politiche di reazione della Cina ci attendiamo ancora interventi. Ma quale sarà il loro effetto? Riusciranno a ripristinare la fiducia nel sistema finanziario? Crediamo che l’azione decisiva e l’intervento fulmineo fossero necessari per impedire al mercato azionario di reagire in maniera esagerata e autoreferenziale. Troppo spesso i mercati soffrono di un eccessivo calo dei prezzi. Un calo iniziale dei prezzi può iniziare una reazione a catena di stop seguiti da ulteriori cali di prezzo. Un circuit breaker per interrompere l’effetto cascata di questa spirale discendente sono una caratteristica importante di un mercato azionario.
 

Al suo picco, più della metà dei titoli scambiati in loco avevano sospeso il trading. Questo ha dato il tempo al polverone di diradarsi, e di far capire alla pubblico internazionale che niente di sostanziale era mutato in Cina. Le sospensioni dei limiti di caduta degli scambi – il circuit breaker – sono comuni alla maggior parte dei mercati azionari. In aggiunta ai limit-down, alcuni titoli hanno interrotto lo scambio su indicazione delle compagnie. Ma questo non ha avuto niente a che fare con le politiche di gestione crisi delle società.
 

Il governo è intervenuto in molti altri modi, fra cui tagli ai tassi di interesse, tagli agli indici di riserva minimi, regole più permissive sul margin financing , la sospensione delle offerte pubbliche iniziali, il rafforzamento del capitale della China Securities Financial Corporation (CSFC) e l’autorizzazione per essa di comprate azioni blue chip, l’acquisto di ETF (attraverso i fondi di investimento statali) e l’induzione delle società di securities a comprare blue chips. Oltre a ciò è stata lanciata anche un’indagine sul trading maligno. Noi crediamo che una gestione della crisi risoluta come la messa in atto del quantitative easing da parte della Fed nel pieno della crisi finanziaria, più che le azioni messe in campo contro l’indebitamento greco, siano un modello da seguire. Darsi da fare oggi farà sì che il problema non si trascini in futuro. È un aspetto molto importante per la Cina, specie a fronte della fitta agenda di riforme che non può mancare.
 

Tuttavia, il fatto che alcune delle misure messe in atto dalla Cina vadano contro il rafforzamento del mercato finanziario e le liberalizzazioni potrebbe costituire un motivo di preoccupazione.
La forte impennata del mercato finanziario tra novembre 2014 e giugno 2015 è stata facilitata dalla possibilità per gli investitori retail di accedere alla leva finanziaria. Questo avvenimento ha lasciato il sistema vulnerabile ad eventuali scosse. L’irrigidimento del margin lending è stato un passo ben accetto verso il rafforzamento della struttura istituzionale in Cina. Il successivo allentamento del margin lending (e l’incoraggiamento da parte del governo attraverso i broker) a seguito della decisa correzione dei prezzi è comprensibile come strumento di misurazione della crisi, ma crediamo debba essere invertito. Il sistema non dovrebbe essere dipendente dalla leva, e soprattutto dal settore retail, che è dove gli investitori hanno minore possibilità di gestire il rischio.
 

Un accorto timing della sospensione delle misure è vitale. Il calo netto dei prezzi delle azioni questa settimana è stato indotto da voci riguardanti una rimozione delle misure di supporto da parte dell’IMF. Il fatto che siano principalmente gli investitori locali ad essere spaventati da questa prospettiva ci dice che è ancora troppo presto.
 

Un piano credibile per rimettersi in pari con l’agenda di riforme è vitale. L’MSCI ha deciso di non includere le China A-Shares nell’agognato indice MSCI dei mercati emergenti di giugno, lasciando però la porta aperta per una sua inclusione più avanti nell’anno. La Cina non ha bisogno di aspettare per la review di giugno 2016 di MSCI fintanto che riesce a sedare le preoccupazioni espresse lo scorso mese proprio da MSCI. I dubbi riguardavano la facilità di accesso alle quote (soprattutto alla luce della necessità degli investitori di replicare il benchmark), le restrizioni alla mobilità dei capitali che potrebbe interferire con la liquidità, e la chiarezza sugli effettivi beneficiari (chi ha diritto alle azioni quando vengono scambiate attraverso gestori di fondi?).
 

Se ci dovessero essere ancora tentennamenti sulle riforme pensiamo che l’inclusione da parte del MSCI sarebbe ancora rimandata. Le autorità cinesi riconoscono che gli investitori esteri e istituzionali aiuteranno il mercato azionario a maturare e procedere in direzione di quella disciplina che i mercati sviluppati apprezzano. Mantenere le misure di gestione della crisi troppo a lungo per far piacere agli investitori locali si rivelerebbe controproduttivo.
Proprio come le autorità hanno riconosciuto che è la qualità e non la scala della crescita economica ad essere importanti, crediamo che allo stesso modo si impegneranno a rafforzare la struttura istituzionale per aumentare i guadagni sul mercato azionario e a ridurre la volatilità ingiustificata che ha caratterizzato il mercato negli ultimi tempi.
 

Nonostante tutto il rumore intorno al mercato azionari, crediamo che la Cina sia impegnata nelle riforme. Durante lo scorso weekend, la Cina ha annunciato che introdurrà più flessibilità al suo tasso di cambio, permettendo un allargamento del currency trading band al 3% contro il dollaro americano a differenza dell’attuale 2%. Una data definitiva non è stata ancora annunciata, ma è chiaro che il Paese sia determinato a esser incluso nell’International Monetary Fund’s Special Drawing Rights Basket. La Cina sta facendo tutto ciò per dimostrare il suo impegno a ulteriori riforme e noi ci attendiamo nuovi annunci di liberalizzazione della valuta.
 

Le riserve cinesi di oro sono state aggiornate per la prima volta dal 2009, e i dati indicano che le scorte sono cresciute del 57% in questo lasso di tempo. Dal 2009, la Cina ha aggiunto 604 tonnellate alle sue 1054 originali totali. Mentre la Cina è ora il quinto maggiore detentore di riserve auree (sorpassando la Russia), l’oro rappresenta meno del 2% delle sue riserve straniere. A differenza degli annunci passati, il report sulla Cina sulle maggiori riserve d’oro è stato accolto con meno entusiasmo. Dall’inizio del rilevamento sulle nuove riserve cinesi, il prezzo dell’oro è diminuito del 3.2%. Nonostante l’apertura all’oro, il mercato non è parso entusiasta dato che molti nel mercato attendevano maggiori quantità. Le 1658 tonnellate di riserve sono lontane dalle 3500 tonnellate stimate da Bloomberg Intelligence o dalle supposte 10000 tonnellate indicate dalla China Gold Association(sospettiamo che questo secondo dato possa includere le riserve d’oro possedute dalla popolazione.
 

Tuttavia, pensiamo che l’annuncio della Cina sia ragionevolmente positivo per il mercato dell’oro, con le autorità che prevedono la continuazione della loro accumulazione. Infatti, le riserve auree restano a un livello molto basso rispetto alla percentuale di riserve dei paesi sviluppati e la Banca Centrale cinese ha indicato che non vuole distorcere il mercato con nuovi acquisti. La compravendita dell’oro mostra che la diversificazione, anche se graduale, lontana dal dollaro statunitense, continua a essere una politica condotta dal Governo.

La speculazione è dilagata sull’annuncio del “why now”. Ci attendiamo che il movimento sia duplice: in primo luogo perché farà crescere la trasparenza in vista dell’incontro del FMI sull’inclusione del Renmimbi nel SDR basket e in secondo luogo perché aiuterà a calmare la volatilità del mercato azionario tranquillizzando gli investitori che il Governo abbia una sufficiente scorta diversificata in caso di bisogno. Inoltre, sottolinea una crescita regolare verso maggiore trasparenza, che rappresenta un miglioramento dopo sei anni di chiusura sulla quantità delle proprie riserve ufficiali.


Articolo a cura di a cura di Etf Securities

 

Fonte: www.finanzaoperativa.com

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