Nessuna particolare sorpresa dal FOMC, con la Yellen che ha ribadito un discreto livello di confidenza nella ripresa americana. Nel comunicato post meeting la modifica su cui è stata posta maggiore attenzione ha riguardato l’aggiunta dell’aggettivo “some” (qualche) nella frase: “sarà appropriato alzare i tassi sui Fed fundsquando si vedrà qualche ulteriore miglioramento sul mercato del lavoro…”. Una variazione che è stata interpretata come l’obiettivo di abbassare l’asticella di riferimento per avviare il processo di rialzo dei tassi.
Nel frattempo il dato relativo al PIL Usa del 2Q ha evidenziato una crescita annualizzata del 2.3%, leggermente al di sotto delle attese, anche se è stato rivisto al rialzo il dato del 1Q (da -0.2% a +0.6%).
Da tenere presente che la revisione ha riguardato anche gli anni passati, in questo caso in negativo, con l’espansione media del PIL degli ultimi tre anni che è stata ridotta di uno 0.3% al 2% annuo.
Sembra quindi tutto confermare, anche i dati usciti negli ultimi giorni (a partire dall’ISM Manufacturing), che l’economia americana procede nel suo percorso di crescita, ma ad una “velocità di crociera” piuttosto contenuta, chiaramente inferiore rispetto a quanto si è visto nei cicli di espansione del passato.
In questo contesto restiamo dell’idea che la Yellen sarà estremamente prudente nell’intervenire sui tassi di interesse: è probabile, ma non scontato, che proceda ad un rialzo prima della fine dell’anno, ma poi proseguirà con estrema cautela, tanto più se dovesse perdurare la pressione sulle commodities e se continuerà ad essere contenuta la pressione al rialzo sui salari (il dato del Q2 ha evidenziato il più basso incremento QoQ da quando è disponibile la serie di dati, cioè dal 1982).
Conferme sono giunte anche sul fronte europeo, con una buona tenuta degli indicatori anticipatori, sintetizzati ieri dal Manufacturing PMI, che in luglio, nonostante la difficile gestione della crisi greca nella prima parte del mese, ha evidenziato una lettura di 52.4, in leggera crescita ed abbondantemente al di sopra della soglia di espansione.
Da segnalare che prendendo a riferimento l’indice PMI, il momentum migliore emerge in Italia, che ha registrato il dato più alto tra le principali economie europee: la rilevazione più elevata degli ultimi 4 anni, in crescita rispetto al dato precedente e superiore alle aspettative.
Gli elementi di conferma giunti negli ultimi giorni sono quindi di supporto alla nostra view positiva sulle Borse europee, che in termini relativi rispetto a Wall Street possono godere del vantaggio di una fase più favorevole del ciclo (sia economico che di politica monetaria) e di valutazioni più attraenti.
Con riferimento all’Italia, se alle aspettative di ripresa che emergono dallo scenario macro si aggiungono le indicazioni micro già analizzate la settimana scorsa (gli utili delle aziende italiane si collocano ancora al di sotto del picco del 2007 di oltre il 60%) risultano evidenti le potenzialità del nostro mercato (fermo restando i rischi impliciti negli squilibri economico-finanziari e nella fragilità politica del nostro Paese).
In questa fase il principale rischio al nostro scenario costruttivo è probabilmente la Cina, che tra l’altro ha una incidenza sull’economia europea superiore a quella americana: gli squilibri che caratterizzano l’economia e la finanza cinese sono evidenti e non devono essere trascurati; tuttavia, al momento non vi sono elementi per pensare che le autorità politiche non siano in grado di contenere il rallentamento dell’economia su livelli fisiologici (o quasi), considerati anche gli ampi spazi di manovra di cui dispongono.
a cura di Banca Intermobiliare
Fonte: www.finanzaoperativa.com
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