Più che un bull market, un boring market

Gaetano Evangelista Gaetano Evangelista - 16/05/2023 11:03

Il contesto esogeno è sconfortante, ma ben noto e probabilmente abbastanza scontato dalle quotazioni. Che beneficiano di una earnings season sorprendentemente positiva e di un sentiment estramente negativo. Lo stallo sta per essere finalmente messo da parte.

 

La consueta batteria di dati macro di venerdì ha fornito un’informazione che, ne siamo certi, non avrà fatto passare un sereno fine settimana alle autorità monetarie. Stando a quanto riporta l’Università del Michigan, le aspettative inflazionistiche fra 5-10 anni delle famiglie sono salite adesso al +3.2%: è il massimo degli ultimi dodici anni. Questo rende alquanto arduo, per il governatore Powell, concedere agli investitori il sospirato pivot dovish.

Difatti la probabilità di un nulla di fatto in occasione del FOMC calendarizzato fra un mese, è scesa all’83%, mentre sale ad un non trascurabile 16.6% la possibilità prezzata di un ulteriore aumento del costo del denaro. Di tagliare il Fed Funds rate, per ora proprio non se ne parla.

Anche per il vistoso deterioramento fiscale in atto. Le minori entrate tributarie non soltanto avvicinano la temuta “Data X”, ma scavano un profondo solco nei conti federali, complice l’aumento della spesa pubblica: il deficit adesso risulta tre volte superiore al disavanzo negli Stati Uniti di un anno fa.

Agli investitori va di lusso che la stagione degli utili abbia fornito elementi di conforto: quando ormai i giochi sono fatti, gli utili delle compagnie dello S&P500 sono calati di appena il 3% rispetto ad un anno fa, a fronte di attese alla vigilia di una contrazione del 7%. Se il contesto macro deprime, quello micro perlomeno favorisce l’assorbimento delle vendite.

Il punto è appurare una volta per tutte se tutte le cattive notizie che fanno da contorno, siano state prezzate dagli investitori. Il Panic-Euphoria model di Citi, allo stato attuale il più completo e raffinato misuratore degli umori degli investitori, è precipitato la scorsa settimana di nuovo in territorio estremo negativo: a -32 punti, il PEM implicherebbe una probabilità del 96% di miglioramento delle quotazioni azionarie da qui ad anno. Non è detto che si salga da qui a maggio 2024, beninteso; ma quantomeno il sentiment profondamente negativo limita il potenziale verso il basso nei mesi a venire.

Occorre rivedere le definizioni canoniche: come esaminato la settimana scorsa, più che un bull market o un bear market, questo risulta un boring market. Un mercato riluttante a compiere una mossa decisiva, in un senso o nell’altro, ma che storicamente vanta consistenti probabilità (10 su 13; con i tre episodi negativi però particolarmente gravosi) di sblocco verso l’alto nelle settimane a venire.

D’altro canto sono passati sette mesi dal minimo di ottobre per Wall Street, e non sono intervenuti nuovi minimi. Se sul piano formale per lo S&P500 non si può parlare di bull market (per il Nasdaq sì), non essendo intervenuto un rialzo di almeno il 20%, d’altro canto a questo punto si può escludere che quel bottom sia rivisto o anche soltanto avvicinato nel resto dell’anno; con consistenti probabilità al contrario che da qui a due mesi le quotazioni migliorino.

 

di Gaetano Evangelista
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