Mai osservare economia e mercati dallo specchietto retrovisore

Gaetano Evangelista Gaetano Evangelista - 20/11/2020 12:07

L’eccezionalità del momento è testimoniata dai non molti casi di conseguimento di un rialzo superiore al 20% in quindici sedute, dal 1997 ad oggi in Italia. Il Rapporto Giornaliero di oggi si sofferma sulle performance successive.

Piazza Affari appare un rullo compressore inarrestabile. Nelle ultime 14 sedute il FTSE MIB (Future) ha chiuso sopra i livelli di apertura in ben 13 occasioni. Una sequenza di “candele bianche” sperimentata soltanto una altra volta negli ultimi sedici anni. Una testimonianza di continuità: di afflussi di denaro, una volta inaugurata la seduta.
Il guadagno in tre settimane supera il 20%. Non sorprende che il sentiment sia orientato verso un tangibile entusiasmo, con il Greed Index spintosi oltre i 150 punti. Ovviamente questo sentiment è appannaggio di una ristretta cerchia di investitori che alla prospettiva di un minimo a fine ottobre hanno creduto. Per coloro rimasti a guardare, il dubbio amletico è se sia più saggio rompere gli indugi, o restare ancora a guardare, persuasi dalla narrativa dei media che storicamente non ha mai suonato la campanella sui massimi di mercato. L’eccezionalità del momento è testimoniata dai non molti casi di conseguimento di un rialzo superiore al 20% in quindici sedute, dal 1997 ad oggi in Italia. Il Rapporto Giornaliero di oggi si sofferma sulle performance successive.
Wall Street nel frattempo tira il fiato, dopo una galoppata non meno entusiasmante. Il pretesto per passare alla cassa è stato fornito dalla notizia della chiusura delle scuole a New York, che ricorda un periodo dell’anno che vorremmo rapidamente dimenticare. Il fatto che gli indici americani si collochino però su nuovi massimi storici, fa intendere la convinzione che il picco della pandemia sia a portata di mano. Al solito, il rischio più concreto per gli investitori, è osservare la realtà attraverso lo specchietto retrovisore, e non tramite il parabrezza.
Grosso sbaglio. Sempre. Il mercato non sbaglia mai. Dopotutto, è stato esemplare a febbraio quando ci segnalò l'imminenza di un bear market, denunciata sul rapporto, e poi puntualmente manifestatosi.
Il crash di febbraio-marzo ha avuto l’indubbio merito di rivitalizzare in ottica prospettica le medie e piccole capitalizzazioni: grandi protagoniste delle ultime settimane. Il Value Line Index, che soltanto un paio di settimane fa si collocava sui medesimi livelli di inizio 2018 – nessun progresso in quasi tre anni!... – di recente ha sfondato i massimi, producendo un segnale di ripresa che pone fine ad un lungo purgatorio.
In termini assoluti, ma anche relativi: il confronto con l’indice Wilshire 5000, ponderato per capitalizzazione, rivela una sottoperformance pluriennale, ora messa almeno temporaneamente da parte. La proliferazione di società in bull market è un’ottima garanzia di continuazione del rialzo. Come visto ieri, quando l’Up Volume è plebiscitario, il seguito è garantito: pur dopo la fase di consolidamento a cui stiamo andando incontro.

Articolo a cura di Gaetano Evangelista
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